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La circoncisione
(Rav Luciano Caro)
Molto rapidamente cercherò di darvi le nozioni più importanti di queste che sono le tradizioni portanti della vita familiare di un ebreo. La principale è la circoncisione.
Tutto trae origine dal testo biblico, in particolare dalla vicenda di Abramo. Il capitolo 17 della Genesi riferisce che Abramo, arrivato in tarda età, ebbe una visione da parte di Dio, il quale gli fa una proposta difficile da capire; gli dice: "Dobbiamo stipulare un patto". La parola berit, in ebraico, significa patto. "Questo è il patto che ci sarà tra me e te e la tua discendenza. Dio disse ad Abramo: Tu osserverai il mio patto, tu e la tua discendenza che viene dopo di te ... occorre circoncidere per voi ogni maschio. Circonciderete la carne del vostro prepuzio e sarà questo come un segno di patto tra me e voi. All'età di 8 giorni sarà circonciso ogni vostro maschio ... sia quelli nati in casa sia quelli acquistati dallo straniero. E sarà il mio patto nella vostra carne come un patto eterno e l'incirconciso maschio che non circonciderà il suo maschio, la sua anima sarà estirpata dal suo popolo". Ho detto anima , ma non so cosa voglia dire, cioè viene proposta una punizione molto severa. Non c'è dubbio che si sta parlando di qualcosa che viene definito un patto, un segno di patto.
Ma per capire meglio tutto ciò, sarà bene rifarci a quella che era la tradizione del mondo semitico: quando due entità volevano stipulare tra di loro un accordo, un patto, si comportavano in modo completamente diverso da quello che facciamo noi; infatti nel nostro mondo, se due persone vogliono fare un patto o si stringono la mano, o si danno la parola d'onore o redigono un documento con dei testimoni e delle norme. Nel mondo orientale non succedeva così, perché invece accadeva che due persone prendevano un oggetto qualsiasi, anche insignificante - un albero, una montagna, un sasso, un libro - e si dichiaravano reciprocamente che quell'oggetto, che per gli altri non aveva nessun significato particolare, per loro due, invece, diventava il segno di questo accordo. Di solito sceglievano un oggetto che fosse a portata di vista di tutti e due, di modo che, vedendolo, ci si ricordasse di quanto promesso; una specie di nodo al fazzoletto. Di ciò troviamo tantissimi esempi nel testo biblico: Abramo e Abimelech; Giacobbe e Labano prendono delle pietre; Abramo con i Filistei si scambiano delle pecore. E lo stesso Dio, all'inizio della Genesi, stabilisce un patto con l'umanità, cioè di non far più piovere in modo disastroso, prendendo il segno dell'arcobaleno.
Dunque, questo patto che viene stipulato tra Dio ed Abramo è molto bizzarro, per tanti motivi. Il primo è che esso interviene tra due entità che non sono assolutamente alla pari: non si tratta di due popoli, due famiglie, due persone, ma da una parte c'è Dio e dall'altra c'è l'uomo e quindi c'è un certo squilibrio tra i contraenti. L'altro elemento di disparità consiste nel fatto che ad Abramo viene richiesto di stipulare un patto che riguarda anche i suoi discendenti.
Anche da altri passi biblici, si ricava che il patto consisteva in questo: ove Abramo e i suoi discendenti aves-sero mantenuto la fede nel Dio unico, senza sostituirlo con altri dei, Dio, da parte sua, si impegna (ed è una mezza bestemmia dire che Dio si impegna!) a far sì che ci siano sempre i discendenti di Abramo, che egli abbia una continuità. Non credo che si intenda sul piano biologico, ma che si riconosca in Abramo il progenitore di un certo modo di pensare.
Un'altra delle cause del patto era che Dio si impegnava a far sì che i discendenti di Abramo avevano il diritto di proprietà su quella terra che Dio stesso ha stabilito di dare ad Abramo e ai suoi discendenti. Non entriamo nei dettagli: allora si chiamava terra di Canaan, oggi è la terra di Israele, perché ad. es: quali erano i confini precisi di questa terra promessa a Israele in possesso eterno? Se entriamo nei dettagli, guai. I confini tracciati per Abramo sono molto ampi: sembra che si vada dall'Eufrate al Mediterraneo. Il testo dice: "Le terre delle vostre peregrinazioni" e sono, forse, tutti i posti che lui ha visitato nei suoi viaggi - per fortuna che Abramo non è stato negli Stati Uniti, altrimenti erano suoi anche quelli! Quindi grosso modo si intende quella entità geografica; d'altra parte gli antichi non avevano una concezione storico geografica come noi, quindi per loro i confini potevano essere tutt'altro. Ad es. nessuno si poneva il problema della sovranità sulle zone deserte.
Dunque Dio si impegna a mantenere in vita questa etnia - e non solo in senso biologico - e a far si che essa mantenga il possesso su quella terra.
Voglio spiegarmi un pochino meglio. Il possesso è inteso in senso giuridico, ma non necessariamente in senso nazionale, statuale. La visione che ha il testo biblico nei confronti del rapporto che c'è tra la terra di Israele e il popolo ebraico è questa: non c'è dubbio che fino a quando gli ebrei continuano a praticare il monoteismo, quella terra è loro; però non hanno il diritto di abitarci, se non intervengono determinate circostanze e condizioni. Quindi la proprietà è inalienabile, però la possibilità di vivere in quella terra è condizionata dal fatto che gli Ebrei mettano in pratica le normative stabilite dal testo biblico. Questo è un premio, ma un testamento è anche una forma di punizione; perché è particolarmente drammatica la situazione di chi sa di possedere una cosa e non può usarla. Questa è un po' la situazione del popolo ebraico, il quale, cacciato dalla sua terra da circostanze di vario genere, continua a mantenere in sé la consapevolezza, la coscienza che quella terra è sua, però non ci può abitare, perché non se la merita. Gli italiani che sono emigrati dall'Italia per vari motivi, ad es. nel secolo scorso e sono andati in America, in Australia, ecc. dopo quattro generazioni tagliano il loro rapporto con la loro terra di origine e hanno al massimo qualche vario ricordo tramandato. L'ebreo invece no, perché lui ha sempre questa sensazione di estraneità. Io sono un ebreo italiano, sono nato qua, ho studiato qua, però il mio posto non è questo. Il mio posto è altrove, però non ci posso stare. Questa sofferenza di possedere qualche cosa che non puoi gestire. Secondo me questo risulta già dal testo biblico: un rapporto tutto speciale tra l'ebreo e la sua terra. E non sempre i non ebrei - e mi riferisco soprattutto al mondo cristiano - hanno la percezione di questa particolare situazione. Invece c'è una continua dialettica che vive l'ebreo medio: io sono perfettamente inserito qua, però non mi sento al mio posto e allo stesso tempo non mi sento magari pronto a prendere un aereo e andare in Israele. Questo fa parte del paradosso della nostra storia e vicenda: la Terra è la meta alla quale dobbiamo arrivare, però siamo sempre in viaggio.
Pensate ad es. al particolare rapporto con Gerusalemme: quando parlate di Gerusalemme a un ebreo, scattano immediatamente dei meccanismi religiosi, sentimentali, ecc; ci è richiesto costantemente di conquistare Gerusalemme, anche se essa già ci appartiene di diritto.
Un altro paradosso enorme è il fatto che noi dovremmo non esistere e invece esistiamo - può far piacere, può far dispiacere, però noi esistiamo e ci sentiamo continuatori di Abramo, in qualche modo.
Ancora:: pensate anche al fatto che tutto il testo biblico - quanto meno la Torah - è un insegnamento trasver-sale contro l'idolatria; non si insiste tanto sul culto a Dio e la fede in Dio, quanto piuttosto sul non avere altri dei. Eppure nel momento in cui non ce l'aspettiamo, salta fuori una specie di idolatria: quando gli Ebrei nel deserto vengono sollecitati da un comando di Dio a costruire il tabernacolo, questa specie di santuario portatile; bene, c'è tutta la descrizione e si dice che tutta questa costruzione si erge attorno a una struttura che è la cassetta che conteneva le tavole del decalogo; sopra questa cassetta c'è un coperchio e dentro nient'altro. Ma ci domandiamo: dove siamo? Siamo nella follia pura. I cherubini: qualunque cosa fossero - il testo dice che hanno delle ali e che si guardano l'un l'altro - sembrano un assurdo, perché stanno proprio sopra il luogo che contiene il sacro testo dove è comandato di non farsi delle immagini e loro stessi sono sculture, forme. Ma non è un controsenso, questo?
Ci sono tante spiegazioni. Qualcuno dice che questi due personaggi che si guardano vogliono indicarci che l'osservanza della Legge non può avvenire all'infuori di due persone che si guardano: bisogna avere un partner che ti sta davanti e così calare gli insegnamenti di Dio nella vicenda umana di relazioni. Anche se la tua controparte non ti piace, ti è antipatica, ecc., tu ci devi convivere, perché Io, Dio, ho fatto esattamente come te: siamo due figure uguali e ci dobbiamo guardare in faccia.
Un'altra interpretazione suggerisce che non si deve fare oggetto di idolatria nemmeno la stessa lotta contro l'idolatria, perché, in questo mondo, di assoluto non c'è niente.Ma andiamo avanti. Sta di fatto che questa norma della circoncisione è stata applicata dagli Ebrei nella stragrande maggioranza; è rarissimo trovare degli Ebrei che non l'abbiano applicata e al punto tale che, a volte, è stata travisata. C'è anche chi sostiene che la circoncisione è il segno di appartenenza all'ebraismo e invece non è vero. La circoncisione è una delle 613 norme che il testo biblico detta nei confronti degli Ebrei. E siccome noi non siamo abituati a classificare le norme tra importanti e meno importanti, tutte 613 sono sullo stesso piano, perciò è importante circoncidere i propri figli maschi, come è importante non dire le bugie o rispettare i genitori o aiutare il prossimo in difficoltà.
Ma nonostante questo, nell'immaginario collettivo ebraico nel corso dei secoli, la circoncisione è diventata una specie di segno di appartenenza. Perché le cose sono andate così? Probabilmente per il fatto che la circoncisione ha attinenza con un organo che serve alla procreazione: quindi è segno di continuità.
Quando, nel corso della storia, c'erano persecuzioni contro gli Ebrei, una delle prime leggi che venivano poste in atto era il divieto di circoncidere i figli: il voler costringere a rinunciare a una forma di identità fisica. Anche se poi non è così facile accorgersi se un uomo è circonciso o no, salvo in un campo di nudisti; dalla faccia non si vede. Tanto più che alcuni praticano la circoncisione senza essere ebrei; ad es. per moda o necessità medica.
Su questo argomento i maestri ebrei hanno ragionato molto e hanno lasciato molti racconti, i famosi midrashìm; in essi oltre gli altri segni e valenze di cui abbiamo parlato, emerge un altro significato, che può essere questo: la circoncisione viene a modificare il corpo umano.
Si racconta che un pagano fa una domanda stupida a un grande maestro: "Cosa fa il vostro Dio, come passa il suo tempo, visto che dopo i sei giorni della creazione è entrato nel riposo?" e molti sono i modi in cui si è fatto rispondere al maestro. Una risposta può essere: "Dio si è molto occupato a cercare risposte alle domande cretine come la tua". Comunque qualsiasi fossero le parole messe in bocca al maestro nessuna era soddisfacente, nessuna risposta risulta valida e allora si fa rispondere al pagano stesso, che dice: "Ma perché fate la circoncisione? Non venite in tal modo a modificare l'opera di Dio? È un insulto a Dio, come se Lui avesse fatto qualcosa in più" e a questo punto il maestro dice: "Lo sapevo che volevi arrivare a questo!". E poi gli dice: "Cosa fai tu di professione?" e lui: "Coltivo il grano" e il maestro: "Non ti sembra un'attività arbitraria? Dio ha creato tanta frutta e tu ti dai da fare con il grano, che devi lavorare molto fino a farlo diventare pane; e questa non è una modifica che fai sulla natura?". Questa è una battuta ironica; il significato vero che il maestro voleva attribuire era questo: la circoncisione ha lo scopo di dimostrare che l'uomo è chiamato quotidianamente a collaborare con la divinità per continuare l'opera della creazione. L'uomo, così come Dio l'ha creato, è perfetto, ma noi siamo chiamati a perfezionarlo ancora e questo perfezionamento consiste non tanto nell'aggiungere qualcosa, ma nel togliere qualcosa.
Queste sono alcune delle valenze che noi applichiamo a questo tipo di operazione, che noi compiamo sui nostri figli maschi all'età di 8 giorni; la cosa è considerata una festa non soltanto nell'ambito della famiglia, ma di tutta la comunità. Quando c'è una circoncisione tutta la comunità della città è chiamata a partecipare e ci sono addirittura delle modifiche per tutta la liturgia quotidiana.
La circoncisione è un'operazione straordinariamente semplice. E perché viene fatta all'età di 8 giorni? Prima di tutto perché lo dice il testo biblico. Qualcuno porta delle ragioni di carattere fisico e cioè che a 8 giorni il bambino è già conformato sufficientemente per poter sopportare questo piccolissimo intervento chirurgico e allo stesso tempo non è ancora formato completamente, in modo che non debba avere una sensazione di dolore impossibile; ancora il suo sistema nervoso non funziona a pieno ritmo. Un'altra risposta, che va più nel profondo è questa: si fa a 8 giorni perché il bambino e con lui la famiglia e la comunità, viene chiamato a rispettare una norma divina, ma sempre in relazione alla creazione; una persona non è considerata completa finché non ha trascorso almeno un sabato nella sua vita. È come se ci fosse una vita in potenza che diviene piena solo dopo il primo sabato.
Lo stesso è detto riguardo agli animali per i sacrifici: si possono offrire in sacrificio solo dopo che abbiano compiuto 8 giorni. Ogni essere vivente ha diritto alla sua parte di santità in questo mondo.
Per noi è così fondamentale questo che, se l'ottavo giorno è un sabato, noi trasgrediamo il sabato e compiamo ugualmente la circoncisione.
Comunque, se non intervengono complicazioni l'operazione dura solo pochissimi secondi e, se fatta come si deve, lascia pochissime tracce, nel senso di sofferenza. Di solito, poi, si compie l'intervento e lo si fa seguire immediatamente dalla poppata materna, che fa anche da anestetico.
L'unico caso in cui si può rimandare la circoncisione è quando ci sono dei problemi di salute per il bambino, dichiarate da un medico fidato; ci sono delle tradizioni per cui, comunque, si rimanda sempre di sette giorni in sette giorni. I problemi sussistono quando il bambino deve aspettare molto tempo e subisce l'intervento quando ha già più di un mese; allora occorre fare una certa dose di anestesia locale che, per quanto blanda sia, è sempre più pericolosa dell'intervento stesso, per cui si cerca sempre di fare le cose alla svelta.
A volte succede, o per disattenzione dei genitori o per problemi di vario tipo, che si vada avanti anche degli anni, fino anche a 10, 15, 20 anni; ma più si va avanti nel tempo, più la cosa diventa complicata.
Non è necessario che sia un chirurgo a fare la circoncisione, nel caso di bambini piccoli, ma deve essere una persona che la sa fare e sia timorata di Dio; chiesto il parere del medico, la si può fare.
Si procede alla circoncisione anche nel caso in cui un uomo si converta all'ebraismo e il primo atto è proprio questo. Io ho assistito alla circoncisione di un uomo di 30 anni circa, che si era convertito all'ebraismo; la scena era allucinante e ridicola, perché lui ha rifiutato qualunque forma di anestesia, sostenendo che si trattava di un'azione che lui doveva e voleva fare coscientemente. Il povero chirurgo tremava come una foglia, io tremavo più di lui e l'uomo tranquillo, beato, non ha mosso un muscolo.
Nella mia carriera ho avuto anche casi strani. Ve ne posso riferire uno di questi giorni. Una famiglia ebraica di Torino: hanno avuto un figlio; ma per un caso rarissimo, i genitori, per motivi ideologici loro, non avevano praticato la circoncisione al proprio figlio. Dovete sapere che il dovere di far praticare la circoncisione al figlio spetta al padre e, in sua assenza, al parente più prossimo, alla madre o altri; in assenza del parente più prossimo, spetta alle autorità della città dove lui si trova, che può essere un'autorità rabbinica, se si trova in una città europea, altrimenti spetta al sindaco della città dove si trova. Nel caso, poi, in cui non si sia provveduto, quando il bambino raggiunge i 13 anni, allora spetta a lui stesso. Allora questo ragazzino è venuto da me dicendo che non era stato circonciso e che sapeva che adesso toccava a lui prendersi cura di questa cosa e ha voluto farla a tutti i costi, costringendo quasi i genitori. Ha chiesto allo zio chirurgo di farla e l'ha fatta. Io avevo una gran paura per lui e temevo il momento in cui sarebbe stato in sala operatoria e invece anche lui non ha battuto ciglio.
Anche gli ebrei più laici fanno la circoncisione. Ci sono delle frange piccolissime, soltanto di alcune persone del mondo ebraico, che hanno delle riserve e ritengono che questa cosa possa mettere a repentaglio la situazione psicologica del bambino, ma sono veramente insignificanti.
C'è anche una disposizione biblica che dice che, se capitasse che noi pratichiamo la circoncisione a un bambino e, come conseguenza diretta della circoncisione, egli muore e, se nelle stesse circostanze, morisse anche il secondo figlio di questi genitori, allora dal terzo figlio in poi, non si fa più la circoncisione. In pratica questo non è mai avvenuto, ma qualcuno, studiandoci su, è arrivato alla conclusione che forse questa era una questione di emofilia.
Oggi è data anche la possibilità, in casi di problemi del genere, di praticare la circoncisione al laser, quindi senza spargimento di sangue.
Io vi ho parlato della circoncisione in senso biblico, però non c'è dubbio che essa fosse praticatissima nel mondo semitico; sembra che almeno in certi strati della popolazione egiziana fosse praticata. Tant'è vero che, quando sono arrivati i Filistei, essi chiamavano, in forma di disprezzo, le popolazioni locali "i mutilati" e le popolazioni locali chiamavano con disprezzo i Filistei come i "non circoncisi".
La parola arèl, che significa incirconciso, deriva dalla parola orlà, parola di carattere anatomico, che indica quella parte di pelle che ricopre la parte superiore del membro maschile ed è quella pelle che appunto viene tagliata nella circoncisione.
Nell'interpretazione di queste faccende bisogna guardarsi molto dalla moda. Nella letteratura italiana degli ani '30 - siamo in un clima antisemitico - si trovano testi di illustri scienziati e climici, che sostenevano che la circoncisione è un rito barbaro, che aveva conseguenze notevolissime sul fisico e sulla psiche dell'uomo e sulla donna; l'essere umano si portava dentro il ricordo negativo di questa forma di violenza subita dal mondo esterno, dal padre in particolare. Controindicazioni c'erano anche nei confronti della vita sessuale, in quanto l'ebreo circonciso avrebbe procurato minor piacere alla propria partner nell'atto sessuale. Questo secondo gli scienziati.
Adesso, al contrario, è di moda dire che la circoncisione fa un bene enorme: è un'operazione di carattere igienico, in quanto impedisce a certi germi di annidarsi nel membro maschile e inoltre la partner del circonciso avrebbe delle sensazioni piacevoli che non avrebbe altrimenti. Inoltre si dice perfino che le donne che hanno rapporti con circoncisi sono meno soggette al cancro della cervice dell'utero. Io personalmente non credo né all'una né all'altra teoria.
La normativa ebraica, che ha un grandissimo rispetto per il corpo umano, vieta assolutamente di buttare via qualsiasi cosa che appartenga ad esso, membri o organi. Va seppellita ogni cosa, e anche il prepuzio; lo si avvolge in un pezzo di carta o di stoffa e lo si seppellisce, in modo che sia la natura a distruggerlo, a riciclarlo.