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La Romagna e l'Ebraismo
(Rav Luciano Meir Caro - 25 febbraio 1999)
Vi parlerò rapidamente del cosiddetto congresso ebraico del 1418, che ebbe luogo a Forlì; un evento importante in se stesso, ma anche perché le deliberazioni assunte in questa occasione furono in qualche modo ribadite in una serie di altri congressi o riunioni di comunità per lo meno per i successivi 100 anni. Quindi nell'immaginario ebraico questo congresso di Forlì è rimasto come un momento particolarmente importante.
Due parole di introduzione per dirvi che sulla presenza di una comunità ebraica a Forlì abbiamo scarsissime notizie; ci sono una quantità di documenti che fanno riferimento a una presenza ebraica, ma sono sporadici e non sono mai stati elaborati. Ritengo che sarebbe veramente opportuno che qualcuno si prendesse l'impegno di sistemare tutta questa mole di materiale che noi troviamo.
Le prime notizie di un insediamento ebraico a Forlì risalgono all'incirca al 1200. Nel 1359 abbiamo delle prime notizie in qualche modo sicure sulla presenza di un banco di prestito ebraico, gestito da ebrei a Forlì. Anzi, prima ancora, nel 1280, viene segnalata a Forlì la presenza di un filosofo, uno studioso ebreo, chiamato Hillèl, qualcuno dice da Verona, qualcuno da Barcellona, il quale, proprio a Forlì, avrebbe composto un'opera filosofica di un certo rilievo, intitolata "Il premio dell'anima", facendo riferimento al premio che ci possiamo aspettare nel mondo futuro per le aziono buone compiute.
Nel 1488 avvengono disordini antiebraici nella città, i banchi ebraici vengono saccheggiata, viene sospesa ogni attività di carattere bancario, che riprenderà solo nel XVI secolo, quando abbiamo l'opportunità di segnalare la presenza di un certo numero di ebrei a Forlì. Molti di questi ebrei esercitavano la professione medica.
Ho trovato casualmente una notizia curiosa, che fa riferimento a un certo Avrahàm da Butrio, non so se si tratta della località del Friuli o no. Questo personaggio, grande studioso, grande maestro e grande viaggiatore, ha percorso l'Italia in lungo e in largo. In una sua lettera fa riferimento a un suo soggiorno a Forlì e dice: "A Forlì finalmente ho trovato rimedio al mio mal di testa". Interessante questo!
Nel 1569 è registrata un'espulsione degli ebrei dalla città; nel 1569 vengono riammessi, probabilmente perché a qualcuno conveniva, dal punto di vista economico, che ci fosse questa presenza.
L'ultima espulsione definitiva avviene nel 1593. Da questa data in poi non c'è più una presenza sistematica di ebrei a Forlì, ma solo sporadica.
Sappiamo che a Forlì non c'è mai stato un ghetto ebraico. Ancora abbiamo notizie prese qua e là, secondo le quali pare che gli ebrei fossero concentrati in un certo quartiere della città e si fa perfino riferimento al fatto che nel 1466 sia stato fatto un rogito relativo all'acquisizione di un locale che doveva servire per sinagoga. Bisognerebbe ricercare come, dove quando, per avere idee più precise.
Ecco, in modo estremamente sintetico alcune notizie sulla presenza ebraica a Forlì.
Qualche anno fa abbiamo avuto la ventura, con la collaborazione delle autorità locali, di dare degna sepoltura alle vittime dell'aeroporto, cioè un gruppo di ebrei stranieri che si trovavano a Forlì durante la guerra e che furono trucidati in modo eccezionalmente barbaro negli ultimi giorni della guerra. Vennero buttati nelle fosse comuni, ma poi le loro ossa furono recuperate grazie anche all'intervento di un gruppo di suore, che si erano occupate di questo; vennero collocate nel cimitero comunale e ci si dimenticò di questa faccenda. Nei primi anni novanta abbiamo interpellato le autorità, il sindaco, gli assessori, che ci hanno concesso un'area del cimitero, nella quale potessimo dare degna sepoltura a queste vittime. DA questo dobbiamo trarre vanto, perché è un grande segno di civiltà, a mio parere.
Due parole sui congressi.
Questa attività di riunione di varie comunità, per lo più su base regionale, è cominciata su per giù attorno al 1300-1400. Si è sentita la necessità, da parte ebraica, per affrontare problematiche comuni. Di solito questi congressi venivano convocati quando si presentava un pericolo improvviso che interessava una certa regione. E' interessante notare che questo tentativo di dar vita a un'organizzazione regionale ebraica precede i tentativi di unificare le istituzioni ebraiche presenti nelle città. Cioè nelle varie città c'erano diverse istituzioni, a volte anche in concorrenza tra loro; possiamo dire, gli ebrei sefarditi, gli ebrei askenaziti, gli ebrei di origine italiana e ognuno di questi gruppi viveva una sua vita indipendente. Per questo individualismo, che caratterizza la vita ebraica associata, non si era mai pensato di inventare un qualche cosa come la comunità unifica di ogni città. Però si sente la necessità di uniformare il nostro atteggiamento, la nostra attività, nei confronti di un qualcosa di regionale.
Il primo congresso del quale si ha una notizia, per lo meno un congresso avvenuto nella nostra regione, è quello avvenuto a Rimini nel 1399. Di questo congresso non sappiamo nulla, né chi ha partecipato, né quali fossero le questioni su cui decidere.
Arriviamo a primi anni del 1400, allorché, come sapete, esisteva uno scisma nella Chiesa. Nel 1413 una bolla dell'antipapa Benedetto XIII si era presentata particolarmente vessatoria nei confronti degli ebrei. Costui aveva un odio veramente profondo nei confronti degli ebrei, non li poteva sentire nemmeno nominare. Secondo la tradizione del tempo, venivano organizzate le cosiddette dispute, per dimostrare che la Chiesa era depositaria della verità, mentre la sinagoga era nell'errore; in queste dispute c'era teoricamente, la par condicio, ma non era così. Un gruppo di cattolici da una parte e un gruppo di ebrei dall'altra, venivano invitati a discutere su temi teologici, ma si sapeva già come andava a finire, essendo già tutto preordinato. Di solito venivano scelti a rappresentare l'ebraismo persone poco preparate o influenzate dall'ambiente e la controparte era rappresentata molto spesso da ebrei convertiti, che quindi avevano il dente avvelenato nei confronti dell'ebraismo. Una di queste dispute è avvenuta a Tortosa, con una situazione molto penosa e umiliante per gli ebrei.
Nell'imminenza dell'elezione di un nuovo papa legittimo, gli ebrei di Roma, Padova, Ferrara e Bologna e altre comunità della Toscana e della Romagna, si riuniscono a Bologna, nel 1416 per studiare i mezzi per ingraziarsi il nuovo papa. Viene così istituita una commissione permanente che doveva stare in carica per 10 anni, col compito di tenere sotto controllo la situazione e sapersi muovere nei confronti dello svolgimento delle cose.
Nel 1417 viene eletto Martino V Colonna, incline favorevolmente nei confronti degli Ebrei. I delegati del congresso di Bologna del 1416 decidono di ritrovarsi a Forlì, nella primavera del 1418, per esaminare la situazione e vedere cosa si possa fare. La scelta di Forlì è stata determinata presumibilmente da motivi di carattere geografico, ma anche probabilmente per la presenza di una comunità locale, che era in grado di ospitare i delegati. Ai delegati del congresso precedente si aggiungono anche quelli di Ancona e delle Marche.
Non ho trovato notizie circa la durata di questo congresso e il luogo in cui si riunirono a Forlì, ma non è escluso che con ulteriori ricerche si possa saperne di più.
Devo dire che le problematiche messe sul tappeto erano di due ordini, strettamente collegati l'uno con l'altro. Il primo problema era studiare il modo di ingraziarsi il nuovo papa. Detto in termini molto banale si trattava di tirar fuori dei quattrini.
Il secondo problema era quello di non attirare troppo l'attenzione dell'ambiente circostante. Pare, infatti, che alcuni degli ebrei, vivessero in condizioni molto agiate a lussuose e perciò attiravano l'attenzione negativa dei concittadini cattolici. Questo dava adito a pensieri negativi del tipo: "Ecco, gli ebrei succhiano il sangue dei cristiani, mentre loro fanno una vita di lusso a spese nostre".
Quindi si cerca di dare suggerimenti per condurre una vita più morigerata, sia per non attirare l'attenzione, sia per non essere colpiti da tassazioni troppo elevate.
Ecco, queste le tematiche affrontate dal congresso di Forlì.
Devo anche aggiungere che questo pontefice ha emesso delle bolle significative a favore degli ebrei, con la proibizione di tormentarli, ecc. Quindi gli ebrei effettivamente poterono vivere un periodo particolarmente felice per quanto riguarda il rapporto con la chiesa.
Viene deliberato che ci fosse una specie di tassa patrimoniale che interessava tutte le comunità ebraiche; tutti gli ebrei vennero invitati a versare una tassa, nella misura che andava da un minimo di mezzo ducato per famiglia a un massimo di un ducato e mezzo. Io non elementi per tradurre in termini attuali quanto valesse questa somma, ma pare fosse relativamente consistente.
Sono stati trovati i verbali di questo congresso, con tutti i testi delle deliberazioni. Il Flickenstein ha curato anche una pubblicazione avvenuta a New York 1964. Mi riprometto di andare a cercare questo materiale, per risalire alle fonti.
Questo per quanto riguarda l'aspetto economico. Poi vengono prese altre deliberazioni col fine di "piegare i cuori in modo di comportarsi umilmente e di non dare negli occhi dei gentili". Chi si occupa di questa materia vedrà subito che ci sono certe analogie con le leggi suntuarie, che si ripromettevano di morigerare i costumi della società.
Viene deliberato, per es., per gli ebrei che è proibito andare per strada indossando vestiti con maniche aperte o foderate di seta, che non si devono avere fodere di ermellino, zibellino, martora e pellicce costose, che sono proibiti i giubbotti o vestiti di seta o velluto, che sono proibite le collane d'oro, le reti dorate per la capigliatura femminile, le cinture con fibbie d'argento, pesanti più di 7 once per l'uomo e più di 10 per le donne. Va detto che la mentalità generale del Medioevo vedeva nei colori vivaci un segno di ricchezza e potere, per cui viene sollecitato l'uso prevalentemente di colori scuri, come il nero, il grigio, e sono talvolta tollerati il verde o il blu.
Cito testualmente: "I delegati, preoccupati per le numerose trasgressioni di vani giuramenti e per la sregolatezza sessuale, al punto che le stesse donne cristiane sembrano essere loro concesse". A questo scopo vengono nominati in ogni città e provincia commissari per trovare un rimedio alla situazione.
Viene deciso che è vietato giocare a carte, è vietato agli ebrei riunirsi in luogo pubblico in numero superiore a sei, fatta esclusione per la sinagoga. Sempre per non dare nell'occhio.
Vengono fornite anche indicazioni su come vanno celebrati i banchetti nuziali. Pare che ci fosse una certa ostentazione di lusso, a quei tempi. Per es. viene proibito invitare più di venti uomini, al di fuori del nucleo familiare, più di dieci donne e cinque ragazzi.
In una deliberazione presa successivamente dalla comunità di Roma, rielaborando questo materiale, si arriva a limitare anche le portate da presentare in occasione delle feste di nozze; tipo si deve offrire un solo arrosto o lesso. Nel caso di pesce, sono permesse solo le alici e solo verdure crude, non cotte.
A Forlì vengono deliberate limitazioni per i regali da fare alla sposa, limitazioni che riguardano tutti, tranne i genitori. Inoltre, se la sposa arriva in città via terra, non può essere accompagnata da più di dieci ebrei a cavallo e più di quattro a piedi.
Fanno un po' sorridere queste cose! Pensate a una piccola città come Forlì o Ferrara; un corte del genere, già dava molto nell'occhio.
Torniamo alle limitazioni di carattere sessuale. Dagli archivi ricaviamo che ci sono state sicuramente prostitute ebree e rapporti promiscui tra ebrei e cristiani, ma sembra che i casi fossero molto limitati, per cui non c'era bisogno di elaborare deliberazioni tanto restrittive da parte di un congresso. Per darvi un esempio, se noi ci limitiamo soltanto al ducato di Milano, nel XV-XVI secolo, sembra che siano stati trattati dai tribunali 2286 casi di rapporti sessuali vietati sotto pena di morte. Di questi, meno di 40 vedono implicati degli ebrei. Quindi la percentuale è molto bassa. E anche fra i casi in cui sono implicati gli ebrei, non si parla di delitti veramente commessi, ma si trattava molto spesso di delazioni fasulle per estorcere denaro.
Nel 1459 a Tortona viene informato che si possono ricavare tra i 2000 e i 3000 ducati inventando un'accusa nei confronti di un ebreo, per avere avuto rapporti sessuali con una cristiana. Al delatore va un quarto della somma, però il funzionario che scrive queste cose, aggiunge, di sua mano: "Vale la pena di tentare!".
Un capitano di Milano informa il duca che un certo Crassino, ebreo, coabita con una cristiana, con la quale, presumibilmente ha dei rapporti sessuali, per cui vale la pena di incriminarlo per questo. Ma non si hanno prove. Tra l'altro lei ha circa 20 anni e lui 75 e c'era fra i due un rapporto di lavoro. Il funzionario aggiunge che lui è povero, per cui se lo si condanna a morte, non si potrà avere in cambio la somma. Ma è sempre possibile estorcere denaro ai parenti!
Tra le altre cose deliberate a Forlì, si decide che in ogni comunità devono essere tassati anche i rabbini e i maestri. Mentre prima c'era una tradizione che esentava queste categorie dalle tasse.
Vengono esclusi solo quelli che si occupano della raccolta di offerte per i poveri.
In generale la reazione della gente era di una certa indifferenza, perché si vedevano come cose lontane dalla vita concreta.
C'è anche da dire che all'interno delle comunità ebraiche spesso c'erano delle diatribe, perché l'uno accusava l'altro di assimilazione, per esempio perché qualcuno si vestiva come i cristiani.
C'è una diatriba famosa, che riguarda il medico ebreo messer Leòn, famoso per altri motivi; siamo nel 1400 e qualche cosa. Questo tale viene accusato perché aveva adottato la cappa rossa, che era il distintivo della professione medica, ma viene accusato di vestirsi come i cristiani.
Un ortodossissimo ebreo, Iosèf Colòn, che cito perché pare fosse stato il maestro del nostro Bertinoro, venne accusato per gli stessi motivi, ma con accuse inconsistenti e faziose.
Un particolare che riguarda gli orecchini. Nel 1400-1500 si associava il mettersi gli orecchini alla concupiscenza e alla vanagloria e ne veniva imposto l'uso agli ebrei e alle prostitute, per distinguerli dai cristiani virtuosi. Questa posizione vessatoria ha infastidito le dame del tempo, che non volevano rinunciare agli orecchini, per cui le autorità ecclesiastiche del tempo dovettero dare una deroga per le nobili, alle quali fu concesso di indossare gli orecchini. Successivamente fu permesso a tutte le donne.
Si concesse poi anche agli ebrei importanti di vestirsi in modo lussuoso, perché loro dovevano tutelare gli interessi delle comunità ebraiche, e perciò potevano vestirsi lussuosamente davanti ai loro omologhi cristiani. Addirittura si faceva riferimento all'episodio di Giuseppe, che quando venne introdotto davanti a faraone, dopo la scarcerazione, si dovette fare la barba e dovette indossare abiti belli.ù
Un ultimo riferimento al gioco delle carte. Il divieto del gioco delle carte non c'era bisogno che venisse introdotto dai delegati al convegno di Forlì, perché tale divieto sussisteva già dai tempi della Mishnà, quindi da 1700. La tradizione ebraica affermava che chi gioca a carte non è da considerarsi una persona degna di fede e la sua testimonianza in tribunale non viene accettata. Inoltre chi gioca a carte viene sottoposto a una limitazione da parte della sua comunità, limitazione, punizione, che non può essere più ritirata. Probabilmente perché si riteneva che ci aveva questo vizio, non poteva più perderlo.
Le motivazioni di questo concetto negativo nei confronti dei giocatori di carte stanno nel fatto che si considera disonesto il guadagno ottenuto dal gioco delle carte e che chi gioca a carte non si occupa di cose buone e utili per la società in cui vive. Chi ha del tempo libero, dovrebbe piuttosto impiegarlo a studiare! Quindi chi gioca a carte, deve essere in qualche modo messo all'indice.
Secondo qualche studioso tutti questi elementi sono stati messi in evidenza sia come strumenti di protezione nei confronti del mondo circostante ostile agli ebrei, ma anche come strumenti di identificazione di un comportamento peculiare che gli ebrei dovevano avere, non solo per differenziarsi dagli altri, ma anche per mostrarsi migliori degli altri.
Dopo questo congresso di Forlì del 1418 ce ne sono stati altri. Nel 1423 a Perugina, nel 1428 a Firenze, dove quasi alla lettere vengono riprese le deliberazioni di Forlì; poi nel 1443 ci fu un congresso a Ravenna, del quale però non si sa nulla; nel 1448 ce ne fu uno a Recanati; nel 1469 a Pisa e nel 1554 a Ferrara. In qualche modo cessa la stagione dei congressi, forse perché la situazione degli ebrei era diventata tanto delicata e anche per problemi economici.
Ecco, questo è quanto ho potuto raccogliere, anche se si può sempre ampliare la ricerca.