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Le dispute interne al mondo ebraico
(Rav Luciano Caro)


L'ebraismo è stato ed è caratterizzato da una serie di polemiche interne di vario genere. Perché questo succede? Per il fatto che è molto difficile definire che cos'è l'ebraismo. Si tratta, infatti, di un fenomeno privo di dogmi, per cui ognuno si sente autorizzato a sostenere che lui ha più ragione degli altri e che rappresenta meglio l'ebraismo. E parlo sempre di persone e movimenti che agiscono in buona fede.
L'ebraismo non è un fenomeno chiuso, definibile in espressioni storiche, filosofiche o dottrinali, ma è una realtà viva da 3000, che vive in continua evoluzione ed è anche assolutamente inspiegabile dal punto di vista razionale.
Anche noi ebrei facciamo fatica a dare una definizione coordinata ed esaustiva di ciò che noi siamo. Gli ebrei sono un enigma storico e questo è un dato di fatto.
Quando ci poniamo problemi del tipo: che cosa sono gli ebrei, perché esistono e qual è la loro funzione, inconsapevolmente e involontariamente cadiamo quasi una specie di razzismo, nel senso che a nessuno viene in mente di chiedersi cosa sono e che funziona hanno nella storia gli italiani. Invece a noi ebrei questo viene chiesto spesso e non sappiamo cosa rispondere, anche perché se uno che può fornire questa risposta, è solo il Padre eterno.
Sembra quasi che ci sia un perenne bisogno di giustificarsi della nostra esistenza e delle funzioni che abbiamo o che non abbiamo.
Devo dire che se io, personalmente, dovessi riferire a qualcuno che cos'è l'ebraismo e quali sono i suoi principi generali, oserei dire, però con la consapevolezza di poter essere contestato, che l'ebraismo è fondato sulla consapevolezza dell'esistenza di un Dio, assolutamente unico, creatore di tutto quello che esiste e che questo Dio ha dato agli ebrei e, attraverso gli ebrei, a tutti gli esseri umani una normativa. Noi la chiamiamo Torah, qualcuno lo chiama Testamento, Vecchio, Nuovo, quello che volete voi.
Ancora, noi riteniamo, senza entrare nei particolari, che il nostro comportamento, collettivo o personale, sarà in qualche modo giudicato da Dio che provvederà a retribuire in un certo modo i nostri comportamenti, ma non so quando e come.
Al di fuori di questi tre principi, che non sono dei dogmi, perché sono contestabili, ma sono trasversali lungo tutto il nostro pensiero filosofico e ideologico, ognuno può dire tutto quello che vuole.
Se noi consideriamo il corso della storia dall'inizio dei secoli, di ebraismi ce ne sono stati tanti, perché l'ebraismo biblico non corrisponde a quello che è l'ebraismo talmudico, che è un'evoluzione rispetto al primo. Ci sono i midrashìm che ci raccontano che se Mosè tornasse ai nostri tempi o fosse tornato 1000 o 2000 anni fa, e gli venisse presentato l'ebraismo dell'epoca come il frutto di quello che lui ha predicato, sicuramente Mosè non lo riconoscerebbe, perché troppo diverso.
C'è stata una continua evoluzione: l'ebraismo biblico, quello post-biblico, l'ebraismo dei tempi più vicini a noi, con una serie di eresie - ma la parola eresia non è giusta - una serie di discostamenti, di distacchi, di rami fuoriusciti dall'ebraismo che hanno conservato dei tenui rapporti col remo originale, sviluppandosi poi in maniera autonoma.
Vorrei parlarvi di alcuni di questi movimenti. Per es. avrete certamente sentito parlare di farisei e sadducei, rabboniti, di chassidìm, di ebrei riformati, ecc. Ognuno di questi gruppi, in buona fede, riteneva di rappresentare nel migliore dei modi l'ebraismo.
Non sto a parlare di Gesù Cristo, che ha portato una dottrina assolutamente nuova, che, partendo dall'ebraismo, ha fondato qualcosa di nuovo. Io non so cosa pensava lui, ma i suoi adepti, per lungo tempo, hanno pensato di essere il vero Israele.

Quello che connota, dal punto di vista pratico, non ideologico, l'ebraismo nel corso dei secoli è la halachà, cioè la normativa. L'ebraismo è caratterizzato dal fatto che noi abbiamo un codice, che parte dai principi scritti nella Torah, che deve informare tutti gli aspetti della nostra vita. E questo direi che è l'elemento trasversale costante, riconosciuto anche da coloro che non lo mettono in pratica.
Perché c'è anche questo fenomeno bizzarro: la maggior parte dei cosiddetti ebrei pensano che dovrebbero vivere sotto l'ombrello di questa normativa, ma il fatto di non metterla in pratica non significa niente, perché ognuno può avere le proprie giustificazioni. Però rimane la consapevolezza che essere ebrei significa condurre l'esistenza con una certa modalità.
Non sto a parlare dei movimenti messianici, anch'essi trasversali a tutta la nostra storia, soprattutto nei momenti di grande crisi, di persecuzione, quando emerge qualcuno che afferma di essere il Messia, cioè colui che può dare soluzione alla situazione di prova che si sta vivendo.
Per adesso, dal nostro punto di vista, il Messia non è ancora venuto, perché le cose non sono ancora cambiate rispetto a quello che noi ci aspettavamo.
Una piccola osservazione. In realtà, se dovessimo cercare un momento storico nel quale il nostro ebraismo ha cominciato a prendere forma, sempre partendo dagli insegnamenti della Bibbia, dovremmo rifarci a Ezra. Questo personaggio ci porta nel momento storico in cui il popolo ebraico era tornato dalla prigionia babilonese. Nel 527 a.E.v. gli Ebrei erano stati deportati in babilonia e si erano formate due grandi comunità: una in Babilonia, quella che oggi si chiama Iraq e una in terra di Israele, con alcune piccole frange in Egitto, Grecia e così via.
Al ritorno, dopo 70 anni di esilio, chi si pone per primo il problema sull'identità e su ciò che caratterizza gli ebrei, è stato Ezra. Prima di lui nessuno si era posto questa problematica; l'ebreo che veniva dai tempi di Abramo fino a quello tornato da Babilonia non si poneva il problema: per lui c'erano gli ebrei, che credevano in un unico Dio e i pagani.
Mentre dopo il ritorno da Babilonia, dove gli ebrei avevano assorbito molti modi di pensare e influenze da quel popolo, allora nasce il problema dell'identità, di quali siano, per es. i libri fondamentali per il popolo ebraico.
Una prima divisione dal punto di vista ideologico, nel mondo ebraico, è avvenuta 180 anni prima dell'era volgare, nel pieno periodo ellenistico. Il territorio ebraico viene conquistato da Antioco II, poi da Antioco III, poi da Antioco IV e questi signori, con una serie di provvedimenti, vogliono cancellare le tracce del modo di vivere degli ebrei, pensando, forse in buona fede, o forse in mala fede, che bisogna dar vita a una società omologata all'ellenismo, cioè con la lingua, la cultura, il modi di vivere greco. Chi si discosta da questi elementi, turba.
Questo fenomeno è stato recepito da alcuni ebrei come una forma di abbagliamento, in senso positivo. Il modo di vivere ebraico era severo, mentre la grande attenzione estetica dei greci giocava una forte attrattiva. Pensate: l'eleganza, la bellezza, il fascino, la cura del corpo, i concorsi sportivi. Insomma, vivere sotto l'impronta della cultura greca è più comodo, mentre lo stile ebraico è più severo, pone più problematiche. Una parte degli ebrei era affascinata da tutto questo e cominciarono a chiedersi il perché dover avere libri sacri propri, una lingua propria diversa dal greco. Mentre una minoranza continuava a voler tener salde le tradizioni dei padri.
Pensate che a quel tempo era molto in voga la figura particolare di una specie di medici, che operavano sul membro maschile in modo da togliere il più possibile i segni della circoncisione. Questo per farvi capire quanto profondo fosse il disagio di essere ebrei in una parte della popolazione.
Questo è stato un momento molto delicato per il popolo ebraico, perché la grande maggioranza propendeva per omologarsi al mondo ellenico.
E' in questo contesto storico e sociale che nasce la rivolta dei Maccabei, per sostenere le tradizioni ebraiche, pur vivendo nel mondo greco. Essi danno vita a una guerra contro i siriani, che in quel momento si trovavano al potere, ma anche contro quegli ebrei che avevano fatto la scelta di abbandonare le tradizioni dei padri, detti ellenizzanti.
E' da questa guerra che nasce la festa di Chanukkà, cioè della ridedicazione del tempio, che era stato profanato anche con la presenza di statue pagane.
Questa festa, a mio modestissimo avviso, dovrebbe essere celebrata non solo dagli ebrei, ma anche da quei movimenti nati dall'ebraismo e cioè il cristianesimo e l'islàm, nel senso che se avessero prevalso le istanze dell'ellenismo probabilmente per decenni, se non per secoli, sarebbe tramontata l'idea monoteistica e quindi avremmo avuto un mondo globalizzato all'insegna del pantheon greco.
Secondo me questa ribellione di una minoranza è stata la ribellione del monoteismo contro il paganesimo.
Successivamente, circa 100 anni, nel periodo che va da circa il 70 prima dell'Era volgare a tutto il I secolo, troviamo il popolo ebraico diviso da due grandi movimenti, poi trasformatisi in partiti politici, anche se inizialmente avevano carattere ideologico: i farisei e i sadducei.
Praticamente siamo nel periodo di Gesù.
Già queste due denominazioni danno un'idea di quale fosse il loro sistema di pensiero. Farisei viene da un'espressione ebraica: "perushìm", che vuol dire "separati", quasi a sottolineare la loro presa di distanza dalla massa, in quanto loro erano un movimento di élite, che non si adeguava al pensiero comune.
Non è chiara, invece, l'origine del termine sadducei, ma quasi sicuramente deriva da "zaddokìm", che viene dal termine "giusto" e così si affermavano come coloro che "avevano ragione".
Quindi da una parte i "separati", "non assimilati" e dall'altra parte i "giusti", quelli che "hanno ragione". Questi due movimenti sono nati, a mio avviso, in maniera positiva, perché le loro discussioni erano di tipo ideologico e, secondo me, le discussioni sono positive, quando sono condotte col massimo rispetto reciproco; è quando si degenera che le cose non hanno più significato positivo.

L'argomento base della loro controversia era la cosiddetta Legge orale. Entrambi i gruppi sostenevano la validità e la santità della Torah, come proveniente da Dio. Ma i farisei sostenevano che la Torah di per se stessa non era applicabile, perché troppo generica e per poter essere applicata nella realtà quotidiana, doveva essere interpretata. Faccio un esempio: il sabato. Tutti d'accordo che il sabato non si lavoro, secondo la Torah. Ma cos'è il lavoro? Quali sono le azioni definite come lavoro e quindi proibite? La Torah non dice niente, salvo due casi, presenti nel libro del Levitico. Uno è quello del fuoco: "Non accendete il fuoco nelle vostre residenze il giorno di sabato". Ma cosa vuol dire? Che a casa mia non lo devo fare, ma fuori posso farlo? Già questa frase è ambigua. Poi non si dice per che cosa si accende il fuoco: per mangiare, per lavorare i metalli?
Un altro esempio è questo, traducendo alla lettera: "Nessuno esca dal suo posto nel giorno di sabato". Cosa vuol dire dal suo posto? Si deve interpretare in modo estensivo, cioè che di sabato è proibito viaggiare? Posto vuol dire la stanza, la casa, il quartiere, la città, la provincia?
Faccio per dirvi quanto la Torah sia generica.
I farisei sostenevano che il testo della Torah andava messo in pratica seguendo le interpretazioni provenienti dalla Legge orale, cioè una serie di interpretazioni trasmesse da padre in figlio dai tempi di Mosè. I sadducei invece non accettavano la Legge orale, perché produzione umana, per dirla in maniera molto grossolana.
Altri elementi più di dettaglio: pensate al grande problema della immortalità dell'anima e della resurrezione dei morti. Vorrei essere chiaro. Tutti e due i movimenti sostenevano che alla morte fisica del corpo, sopravvive qualcosa, chiamatela anima, spirito o come volete e questa cosa, un giorno, in qualche modo sarà richiamata a una forma di vita, un altro tipo di esistenza di cui nulla sappiamo. Su questo punto erano tutti d'accordo, ma divergevano sul fatto che, secondo i farisei, questo concetto è riscontrabile nel testo biblico, mentre secondo i sadducei no.
Vi faccio un esempio. Di una vita post mortem se ne parla anche nella Bibbia. In uno degli ultimi capitoli del Deuteronomio, Dio sta parlando di se stesso e dice: "Io sono quello che do la morte e do la vita". E' trasparente: si parla di un Dio che dà la morte, ma che poi fa anche vivere. Quindi si sta parlando di una forma di vita successiva alla morte. Ma non è così scontato. Infatti non è detto che ci sia una vita dopo la morte. In fondo poteva dire anche il contrario, cioè che Lui è un Dio che decide chi deve vivere e chi deve morire. Non è possibile estrapolare tutta una dottrina da un testo così generico, da una sola frase.
Vi accenno un altro elemento. I farisei sostenevano che nel testo biblico sono presenti degli esseri angelici, cioè dei personaggi, delle strutture - non so nemmeno come definirli - che non sono uomini e nemmeno dei; insomma qualcosa di intermedio fra gli uomini e gli dei e di essi Dio si serve per intervenire qualche volta sulle cose umane. Per i sadducei, invece, tutto ciò era invenzione. Quando si parla di "angeli" non si intendono degli esseri specifici, ma si vuole dire che Dio si serve di strumenti, che possono essere anche persone umane.
Vi ricordate i tre personaggi che si fermano presso la tenda di Abramo e annunciano la nascita di Isacco? Chi erano? Angeli? I farisei sostenevano che erano degli inviati da Dio con quella funzione specifica di dare l'annuncio a Sara; avevano apparenza umana, ma erano altri esseri. Per i sadducei, invece, si trattava di persone qualsiasi, che hanno sentito il dovere di andare da Abramo e conoscendo la sua situazione, hanno dato quell'annuncio, come una forma di augurio. E hanno detto la verità, ma in forma inconsapevole.
Magari sarà capitato anche a voi di avere incontrato persone che vi hanno detto qualcosa che poi si è avverata. Anche noi a volte possiamo essere degli angeli, nel senso che diciamo una frase, anche senza pensarci, senza essere consapevoli, ma quella frase è un aiuto per la persona a cui la diciamo.
Quindi gli angeli non sono altro che strumenti umanissimi, che, consapevolmente o meno, compiono una certa missione in qualche modo voluta da Dio.
Finché le discussioni sono su questo piano, aiutano anche ad interrogarsi, a leggere meglio le Scritture.
Un altri problema dibattuto tra farisei e sadducei e trasversale a tutte le controversie avvenute in seno al popolo ebraico è quello dell'interpretazione del calendario.
Calendario significa l'organizzazione del tempo e il tempo è un elemento importante per noi. Se leggete, nel libro dell'Esodo, la liberazione di Israele dalla schiavitù egiziana, vi accorgete che Dio sta parlando delle prime nove piaghe che si sono scatenate contro l'Egitto; prima della decima, Dio interviene per insegnare come si interpreta il calendario. Non mi sembra il momento più opportuno per star lì a interessarsi di qual è il primo mese, il secondo, come si determina, ecc. Ma prima di conseguire la liberazione dalla schiavitù Dio ci insegna che dobbiamo avere un nostro calendario, cioè che dobbiamo disporre del nostro tempo; lo schiavo non ha un suo tempo, ma ha il tempo determinato dal padrone. Non solo: il tempo degli Egiziani era determinato dalle loro divinità, ad es. il Nilo, considerato una divinità, che determinava la loro vita in base alle sue piene.
Prima di ricevere la libertà fisica, occorreva riappropriarsi di una libertà spirituale, liberandosi dalle scorie del paganesimo.
Anche su questo argomento i farisei e i sadducei non si trovavano d'accordo. Per es. per calcolare la festa di Shavuòt, che, secondo il testo biblico, va celebrata 49 giorni dopo la Pasqua. Ma il testo dice di contare i 49 giorni dopo il sabato. Quale sabato? La Pasqua o il sabato? Qualcuno dice che da ciò si ricava che la festa di Pasqua deve sempre cadere di sabato. Qualcuno, invece, dice che sabato è un altro modo per intendere festa. Si sono create varie modalità. Una di queste sostiene che i 49 giorni devono essere contati in un modo o nell'altro con delle differenze.
Un altro elemento importante su cui discuteva era l'esistenza o meno del libero arbitrio. Cioè: l'uomo è libero di fare quello che gli pare, oppure le sue azioni sono determinate da una volontà superiore. E questo è il problema che si pongono i filosofi e ce lo poniamo anche noi: come si concilia questo elemento con la prescienza di Dio? Se Dio sa tutto quello che succederà, sa anche come mi comporterò io fra 5 minuti e se lo sa, vuol dire che non sono libero di scegliere, perché il mio destino è già segnato, in qualche modo, perché Dio lo conosce e non si può modificare.
I farisei sostenevano che il libero arbitrio esiste e che noi saremo giudicati secondo il nostro comportamento, nel modo e nel tempo che Dio vorrà e sostenevano anche che c'è un'interferenza di Dio sulle cose umane.
I sadducei, invece, dicevano no a questa visione della vita: Dio c'è, è il creatore di tutto, ma non interviene, non interferisce sulle cose umane.
Queste discussioni sono interessanti e utili, perché stimolanti, ma a un certo punto si son deteriorate, diventando polemiche, che hanno dato origine a dei veri e proprio partiti politici, che hanno cominciato a litigare finché uno dei due o entrambi hanno chiesto l'intervento dei romani, che sono entrati, così, nelle nostre terre.
Non c'è dubbio che l'ebraismo successivo è imbevuto di dottrine farisaiche. Non tenete conto di espressioni travisate nel Vangelo, secondo cui fariseo è sinonimo di persona falsa. Anche perché Gesù stesso e san Paolo appartenevano a questo movimento.
A fronte di questi due grandi movimenti, ce n'erano almeno altri due di estrema minoranza. Gli esseni è uno di questi. Si tratta di persone che volevano distanziarsi totalmente dalle lotte politiche di potere, che avevano infestato anche il santuario di Gerusalemme. Per loro la vita nelle grandi città era corrotta per natura. Così hanno dato vita a un movimento particolare, poi trasformatosi praticamente nel monachesimo, perché ne aveva tutte le caratteristiche.
Qualcuno dice che anche Gesù apparteneva a questo movimento.
Un altro movimento era quello degli zeloti, o sicari (da "sica", il coltello di cui erano armati). In un momento in cui Roma stava appropriandosi di tutto l'orbe terrestre, o quasi, questo gruppo si volle organizzare per insorgere contro il potere romano con le armi.


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