fede di Abramo - amicizia ec romagna

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Abramo ebbe fede?
(Rav Luciano Caro)


Si parla della fede di Abramo. Ma io vorrei attrarre la vostra attenzione su questo fatto: ci sono delle parole nel testo biblico - e mi riferisco alla Bibbia ebraica, ovviamente - che non sono facilmente traducibili e molto spesso vengono riversate nelle lingue occidentali con dei termini che non corrispondono esattamente al significato originale. E questo è il caso della parola fede. Nel nostro caso si tratta della fede di Abramo.
Io ho molti dubbi che Abramo avesse fede. Questo termine - emunà - ritorna molte volte nel testo biblico e noi, per disperazione o per pigrizia, traduciamo così: "Ebbe fede"; io ho molti dubbi che questa sia l'accezione di questo termine. Credo che nel mondo biblico un concetto di questo genere non esistesse. Nel mondo biblico orientale non c'era gente che non aveva fede. Se per fede si intende credenza in una divinità, allora non esisteva nessuno che non fosse credente. Il fenomeno dell'ateismo - chiamiamolo così - era un fenomeno straordinariamente sconosciuto nell'antichità. Il mondo si divideva tra coloro che avevano un dio o una molteplicità di divinità e chi sosteneva che Dio c'è o gli idoli, gli dei ci sono, però non si occupano di questo mondo. Non troviamo il concetto della negazione di Dio, come, nel nostro testo antico, non troviamo altri concetti che fanno invece parte del nostro mondo moderno e che forse abbiamo assunto dalla cultura greca o occidentale, come ad es. il concetto di religione. Teniamo conto di questo fatto, perché occorre sempre tener presente, quando ci accingiamo a tradurre le sacre Scritture, che i passi che abbiamo davanti, rispecchiamo una cultura che è straordinariamente diversa dalla nostra. Detto questo mi rimane più facile contestualizzare i concetti che vi propongo in tutta la dottrina ebraica.
Voi sapete che l'ebraismo è connotato da una serie di disposizioni, che devono regolare la nostra esistenza, che noi riteniamo provenienti direttamente da Dio e tra tutte le disposizioni che disciplinano tutta la nostra vita non ce n'è una che ci imponga di credere in Dio. Non esiste questo concetto. Tutto, nell'ebraismo, ruota attorno al cardine dell'esistenza di un Dio unico, però non c'è un'obbligatorietà di credere in Dio: se ci credi, bene, se non ci credi, va bene lo stesso. Nessuno può imporre il credere o il non credere a qualcuno. Resta significativo il fatto che nella Mishnà (un compendio che raccoglie tutta quella che è la legge orale, poi messa per iscritto ) ci sia un elenco di gravi colpe, che rendono l'uomo che le compie non degno della vita futura. Tra queste colpe, non c'è nessun riferimento a chi nega l'esistenza di Dio. C'è un riferimento preciso al termine "epicureo" che, per noi è colui che disprezza gli studiosi. Un tale che ha atteggiamento di disprezzo verso chi studia qualsiasi disciplina, non ha parte nel mondo futuro, così come non ha parte nel mondo futuro chi nega la possibilità di resurrezione dopo la morte fisica. Se voi chiedete a un ebreo: "Tu credi in Dio?", voi avrete una reazione di fastidio. "Cosa vuoi dire credere in Dio? Perché tu vuoi penetrare nella parte più intima di me stesso? Che io creda o no è un fatto esclusivamente mio e tu non hai il diritto di penetrare in questo aspetto dalla mia personalità".
Leggiamo ora Genesi 15, 5-6: "La Parola del Signore fu rivolta ad Abramo in una visione, dicendogli: Non aver paura, Abramo: io sono uno scudo per te, io ti difèndo e il tuo premio sarà molto elevato. Abramo rispose: Signore Dio, cosa darai a me che me ne vado solitario (non ho figli) e colui che erediterà tutto quello che io posseggo è colui che sottintende alla mia fattoria. Abramo soggiunge: Non mi hai dato una discendenza e questo mio famiglio erediterà le cose che io posseggo. Allora la Parola del Signore gli fu rivolta, dicendo: Costui non sarà il tuo erede, ma il tuo erede sarà qualcuno che uscirà dalle tue viscere. Lo condusse fuori e gli disse: Guarda il cielo, conta le stelle, se puoi contarle, e così sarà la tua discendenza. E Abramo credette nel Signore e glielo considerò come giustizia".

Abramo credette nell'Eterno e gliela considerò come giustizia; vuol dire che Abramo (un po' blasfemo, questo Abramo, forse) considera la promessa che Dio gli ha rinnovato come un atto di giustizia da parte di Dio, quasi a dire: "Signore Dio, non mi regali mica niente! Fai solo il giusto: me l'hai promesso! Fino adesso non l'hai mantenuto". Sembra quasi che Abramo faccia una concessione a Dio: "Questa volta ti credo ancora e, se lo metti in pratica, fai soltanto il tuo dovere". Oppure se il soggetto di "gliela considerò" è Dio, vuol dire che l'Eterno considerò questa fede di Abramo come un atto di giustizia. Non so qual è la traduzione giusta: bisognerebbe andare a chiederlo all'autore del Libro sacro, o forse andare direttamente dal Padre eterno.
Qualunque sia il significato, resta il fatto: "Ma cosa centra la giustizia in tutto questo?". A mio avviso qui non si tratta di credere. Stanno chiacchierando da tanto tempo, ha già avuto una quantità di visioni e solo a questo punto Abramo crede? Allora prima con chi parlava? Con i fantasmi? Io vi pongo dei problemi; non vi do delle risposte, perché non le ho.
Ritengo che la fede in Dio non centri assolutamente niente, ma che bisogna andare ad indagare questa radice ebraica, da cui deriva la parola "amen", che fa parte della liturgia ebraica e cristiana, che non vuol dire credere nel senso occidentale del termine, ma vuol dire "essere certo di qualche cosa", "essere sicuro", il che è diverso. Abramo era sicuro che quanto Dio aveva promesso si sarebbe realizzato, ma la sua fede in Dio è un'altra cosa. Queste sono proposte di interpretazione, perché ognuno se la può condire a modo suo; l'importante è che non attribuiamo ad Abramo delle cose che non ha fatto.
Sulla storia di Abramo precedente abbiamo una serie di informazioni che possiamo ricavare dal libro della Genesi. Non sappiamo niente di come Abramo è entrato in questo meccanismo di respingere tutto quello che era collegato con l'idolatria e del suo attaccarsi alla sua intuizione dell'esistenza di Dio. Abramo era proiettato in un mondo completamente pagano, ma il testo, a un certo punto, ci dice che l'Eterno si rivolge ad Abramo dicendogli: "Lascia la tua terra , la tua patria e va verso la terra che io ti mostrerò". Anche questo è un passo non chiaro, perché Abramo già da molti anni aveva lasciato la sua terra e la sua patria; egli era natio, infatti, in Caldea e quando ha questa comunicazione da parte di Dio si trovava a Carràn, una località della Siria, dopo aver compiuto un lunghissimo viaggio di trasferimento dalla Mesopotamia in direzione del Mediterraneo. Perciò lui già è fuori della sua patria. Alle carenze del testo cercano di supplire i nostri maestri, che inventano delle sceneggiature, ma non allo scopo di raccontare delle storie, ma per sollecitare da parte nostra una risposta; tutte le volte che i maestri compiono queste azioni di midrash, lo fanno per provocarci. Come se dicessero: "Io ti propongo questa interpretazione, ma se l'accetti e stai zitto, non hai capito niente. Tu devi contestarla e cercare un'altra interpretazione e in questo modo insieme approfondiremo il significato del passo".
Comunque un'interpretazione dei maestri è questa: Abramo a tre anni aveva cominciato a porsi delle domande, pensando di giorno e di notte e si chiedeva: Come è possibile che questa ruota giri continuamente senza che ci sia qualcuno che la fa ruotare? Per ruota si intende il firmamento. Sta di fatto che Abramo per la prima volta, rompe degli equilibri, acquisendo questa connotazione tipica degli ebrei, che, per definizione, sono gente che rompe degli equilibri; gente che, in una società che vive allegramente, arrivano e sconquassano tutto. Questa è una delle motivazione che ha portato ad una certa antipatia verso gli ebrei. O pensate a Mosè, ai profèti, a Gesù; anche 3esù ha rotto le scatole a qualcuno: c'era un certo equilibrio, ma è venuto Lui e lo ha sovvertito. Fa un po' parte Iella caratteristica degli ebrei il rovinare la tranquillità alla gente. Eravamo tranquilli, nella nostra idolatria, arriva 'ebreo che ci da un pungo nello stomaco, ci risveglia dai nostri sogni. Abramo fa così.
E' interessante notare che questa cosa è stata accettata dalla società in mezzo alla quale Abramo viveva. Successivamente le società, invece, reagiscono. Ad Abramo non è successo; qualcuno dice che è avvenuto così perché Abramo era ricco; se fosse stato un povero disgraziato, probabilmente lo avrebbero preso in giro. Notate come il testo biblico ci dica queste cose senza entrare in polemica. Entra in scena subito Dio e dice: "Molla tutto e va' dove ti indicherò", però non c'è nessun elemento che ci faccia capire quale fosse il rapporto di Abramo con Dio e il suo approccio con il mondo pagano nel quale viveva. Ma tutto questo agli interpreti ebrei non importa nulla; a loro importa piuttosto qual era il suo comportamento, il suo agire quotidiano.
Per questo vado un po' più avanti nella Genesi, al cap. 18. "Dio gli apparve nei querceti di Mamrè, mentre Abramo era seduto alla soglia della sua tenda nel momento più caldo del giorno ( alla lettera: come il calore del giorno)". Il cap. precedente si concludeva con Abramo che si era fatto la circoncisione, quel patto straordinariamente antidemocratico: perché i due soggetti sono squilibrati, perché da una parte c'è Dio e dall'altra l'uomo e anche perché questo uomo, Abramo, si è impegnato anche per me e non mi ha chiesto niente. Abramo fa la circoncisione di tutti i maschi della sua casa e si autocirconcide. Quindi siamo come in un ospedale da campo; erano tutti a letto doloranti e Abramo era seduto alla soglia della sua tenda. Cosa faceva lì seduto? Qualcuno dice che era in convalescenza. Voglio mettervi sull'avviso: fate attenzione perché il testo biblico ci sottopone costantemente a dei test; noi non ce ne accorgiamo, ma ci dice delle cose che sono provocatorie. Il testo è straordinariamente conciso su certe cose e straordinariamente ampio su certe altre. In questo versetto, ad es. ci dice delle cose che a noi non interessano proprio niente. Ad es. dice che Dio gli è apparso nei querceti di Mamrè; e se invece che a Mamrè fosse stato a Milano Marittima, cambiava qualche cosa? E lui era seduto alla soglia della tenda in un momento caldo della giornata; ci dice anche l'ora. Attenzione, perché noi tendiamo a glissare su queste cose, perché forse sono proprio queste piccole cose che ci danno il vero senso del testo. Il midrash dice: "Come mai il testo ci dice dove la cosa è successa? Mamrè era un amico di Abramo, pagano, un amico col quale Abramo si confidava. Orbene questo amico, del quale non sappiamo assolutamente niente, ha avuto il privilegio di essere citato nel testo biblico. Abramo, allorché Dio gli aveva proposto di fare la circoncisione aveva qualche dubbio: "Ma io ho 90 anni; non ho la mutua, gli attrezzi; chi me la fa? Ho tutte le giustificazioni per non farla". Quando mai uno prende una pietra, un coltello e si taglia un pezzo di un organo importante così sensibile? Abramo aveva qualche dubbio e probabilmente si sarà confidato con l'amico? "Secondo te io ho la testa a posto? Non sarò rimbecillito per l'età?". E nella domanda che Abramo faceva, c'era questo desiderio che l'amico lo dissuadesse e gli dicesse: "Lascia perdere, va' a farti una settimana bianca da qualche parte, comprati la settimana enigmistica". Invece l'amico del cuore gli consiglia di fare ciò che Dio gli ha detto. Un pagano che insegna ad Abramo quello che deve fare e così è stato premiato e viene ricordato.
Poi c'è un altro aspetto. Dio conosceva Abramo sapeva che uno dei suoi più grandi desideri era quello di ospitare la gente. Abramo aveva una tenda con quattro aperture ai quattro punti cardinale, perché non voleva che gli sfuggisse nessun pellegrino; da qualunque parte arrivasse, voleva vederlo, per andarlo ad invitare. Nonostante che sia malato, lui è lì seduto ad aspettare i pellegrini, però il Padre eterno, per una speciale attenzione nei suoi confronti, ha creato la giornata più calda che sia mai esistita nella storia del nostro universo. "Come è caldo il giorno", cioè un caldo che più caldo non si può.

E l'aveva fatto apposta il Signore; perché non voleva che Abramo fosse disturbato dai pellegrini, perché potesse stare fermo a causa della ferita aperta. A questo punto, però Dio si è accorto che questa cosa ad Abramo non piaceva per niente - è blasfemo quello che sto dicendo - e avrebbe cominciato a ragionare in questi termini: "Ma cosa mi è successo? Finché non avevo la circoncisione, qui c'era tanta gente; da quando me la sono fatta, non viene più nessuno. Che questa operazione che mi sono fatto, non mi abbai estromesso dalla società?". Allora Dio tenta di rimediare. Versetto 2: "Alzò gli occhi e vide ed ecco tre uomini erano ritti davanti a lui. Corse loro incontro dalla soglia della tenda e si prostrò fino a terra e disse: Signori, se ho trovato grazia ai vostri occhi, non passerete oltre il vostro servo. Si prenda un po' d'acqua, lavatevi i piedi e ristoratevi sotto l'albero ... Perché siete passati dal vostro servo a questo scopo. Ed essi risposero: Così fai come hai detto". Antipatici, maleducati, questi! Seguiamo la sequenza dei verbi: vide, corse ... Per uno che, a una certa età, si è fatto la circoncisione, credo che correre non sia una cosa piacevole. Ma lui vede queste tre persane e corre, si prostra fino a terra e comincia a supplicare. Sarebbe da filmare; è tutto all'insegna della corsa questa scena. "Affrettati, impasta la farina e fa delle focacce... ", poi corre nella stalla, prende una bestia tenera e buona e la uccide, prepara tutto e poi sta in piedi, mentre gli ospiti mangiano. Questo è Abramo. Qui c'è la connotazione di Abramo.
Ma forse non avete ancora afferrato una cosa molto importante. In tutto quello che vi ho letto, dal versetto 1, c'è una discrepanza. Il testo dice: "Dio apparve ad Abramo al querceto di Mamre. Abramo alzò gli occhi e vide tre uomini". L'interpretazione che danno tutti gli esegeti ebrei è questa: Dio gli è apparso, ma non gli dice niente. Sapete cosa è successo, secondo l'ottica nostra? Dio gli appare, ma Abramo alza gli occhi e vede i tre viandanti che arrivano e molla il Padre eterno per occuparsi dei tre viandanti. Invece di dire: "Signore, prima dimmi quello che vuoi dirmi e poi andrò", lui probabilmente avrà detto dentro di sé: "Signore, sono molto occupato in questo momento; devo prendermi cura di tre persone e devo farlo subito. Avranno caldo, fame, sete". Non lo so se c'è solo questa interpretazione, ma per noi Abramo, nonostante tutta la fede di cui si parla, pianta in asso il Signore e si occupa dei viandanti, che peraltro sono sicuramente tre pagani. Proviamo a collocare Abramo nel nostro tempo; avrebbe potuto dire: "Sono arrivati tre marocchini, tre extracomunitari, antipatici, odiosi, di un'altra religione, che non parlano la lingua e io vecchio, malato, ricco, dovrei occuparmi di loro?" e invece lui va proprio ad occuparsi di questa gente, correndo come un matto e costringendo altri a correre: la moglie, il garzone. Tutto era incentrato su questo: bisogna fare qualcosa alla svelta per il nostro prossimo. Questa è la lettura che noi diamo di questo passo; il tipo di fede che aveva Abramo ci interessa relativamente, ma ci interessa il suo comportamento.
Passo a un altro passo. I nostri maestri hanno imparato da questo episodio di Abramo e dei tre viandanti, che, quando affidiamo un incarico a qualcuno, dobbiamo affidargli solo quell'incarico; non possiamo dare due incarichi alla stessa persona, perché altrimenti non farebbe bene nessuna cosa. Perciò un incarico, una persona; tre incarichi, tre persone e difatti questi tre personaggi, secondo la tradizione ebraica, erano tre messaggeri, forse inconsapevoli della volontà di Dio, che avevano tre compiti precisi: il primo doveva comunicare ad Abramo che, dopo un anno, avrebbe avuto un figlio; il secondo era quello che doveva salvare Lot dal pervertimento delle città di Sodoma e Gomorra; e infine il terzo era quello che doveva provvedere a "schiacciare il bottone " per la distruzione di Sodoma e Gomorra. Così il primo svolge la sua missione e dà l'annuncio ad Abramo, mentre gli altri due proseguono per il loro cammino. A questo punto altro testo: Dio di nuovo parla e dice: "Come posso coprire ad Abramo quello che sto per fare? Abramo che sarà il patriarca di una grande nazione e in lui saranno benedette tutte le genti della terra (v. 18), perché io l'ho scelto affinché insegnasse ai suoi figli dopo di lui, perché mettano in pratica e osservino la via dell'Eterno per mettere in pratica giustizia e legge. Allora l'Eterno disse: "Il grido di Sodoma e di Gomorra è molto grande e il loro peccato è molto pesante. Scenderò e vedrò se hanno fatto esattamente secondo il grido che viene a me e se no, lo saprò". Dio sembra dire: "Come posso distruggere delle città, senza dirlo prima ad Abramo, che ha delle responsabilità per il futuro del mondo?". E dice ad Abramo: "Ho sentito un grido che proviene da Sodoma; voglio scendere ed andare a vedere". Anche questo, secondo i nostri maestri, è un insegnamento per noi. Cioè non dobbiamo mai lasciarci influenzare dal sentito dire; volete sapere come stanno le cose? Andate a vedere di persona, come ha fatto il Signore Dio. Sembra che Dio si senta impotente se non ha il permesso di Abramo.
La mia lettura, però, è che Dio abbia detto queste cose ad Abramo, non per avere il suo parere o consenso, ma per vedere come avrebbe reagito. E Abramo comincia una lunga discussione con Dio. "Abramo si avvicinò e disse: Vuoi sopprimere il giusto con il malvagio? Forse ci sono 50 giusti nella città. E tu non vuoi perdonare in forza di questi 50 giusti? ... Guai a te! Il giudice di tutta la terra non metterà in pratica la giustizia?". La discussione continua finché si arriva a 10 giusti e allora qui finisce. Abramo parla in forma quasi violenta con Dio; gli fa come una lezione di etica. Sappiamo che Dio non ha mai pensato di uccidere il giusto con il malvagio; ma il problema è se la presenza del giusto in mezzo ai malvagi salva anche i malvagi.
Ma io vorrei attrarre ancora la vostra attenzione su un'altra cosa: questo è Abramo, che non fa tanto un discorso di fede in Dio; lui è disposto anche a litigare con Dio per salvare il prossimo. Questo a lui interessa. E se ha un rapporto con Dio, è conflittuale.
Prima c'è l'essere umano, anche peccatore, anche pagano e non appartenente alla propria cultura.
Vi propongo una interpretazione dello Zohar, testo mistico ebraico della cabala, il quale si pone questa domanda. Abramo si è comportato proprio bene? Risposta: Mica tanto. Un certo maestro fa questa affermazione: nel testo biblico per tre volte si racconta di Dio che si accinge a distruggere qualcuno per le sue malefatte. La prima volta è stato ai tempi di Noè, quando gli dice di costruire l'arca per salvare sé e la sua famiglia. Secondo caso è questo: Dio parla con Abramo per comunicargli che vuol distruggere una parte dell'umanità, cioè gli abitanti di Sodoma e Gomorra. E questa volta Abramo interviene. Noè non ha alzato un dito, non ha detto una parola; si salva lui con un'indifferenza totale per i suoi simili, a tal punto che per punizione a questa indifferenza, il diluvio è stato attribuito a lui. Si dice: il diluvio di Noè, anche se era il diluvio che ha mandato Dio. C'è questo elemento della responsabilità di ogni essere umano; noi siamo responsabili per tutto quello che ci sta attorno. Però non reagisce abbastanza bene, perché sta difendendo i giusti. Sembra dire: "I malvagi, sì, falli fuori, ma i giusti, non puoi permetterti di ucciderli". C'è stato però un terzo esempio ed è quello di Mosè, quando scende dal Sinai e trova i suoi fratelli con il vitello d'oro. Lì Dio gli dice di voler distruggere il popolo che lui ha tirato fuori dall'Egitto, perché non sono meritevoli e gli propone di prendere i suoi figli per generare da essi un nuovo popolo ebraico. Mosè risponde di no: o tutti o nessuno. Io faccio parte di questo popolo: se tu vuoi distruggere questo popolo, distruggi anche me. Io non voglio la salvezza da solo. È disposto a sacrificare se stesso, pur di non mettere a repentaglio la vita dei suoi simili, anche se peccatori.
Vediamo che Abramo è già a un piano superiore rispetto a Noè, ma Mosè si spinge ancora più oltre. Ripeto: non è il suo rapporto con Dio che ci interessa, la sua fede, ma il suo approccio nei confronti dell'uomo.
Vorrei finire con due raccontini. Un allievo si rivolge al suo maestro, dicendo: "Maestro, ho letto da qualche parte che bisogna amare Dio. Ma come si fa? " e il maestro risponde: Tu comincia ad amare i tuoi simili e il resto viene dopo.
L'altro riguarda una grossa controversia che ci riporta il testo del Talmud, a proposito di un'interpretazione di un passo biblico. Si racconta che il grande Rabbì Aqibà stava parlando ai suoi allievi riguardo al cap. 19 del Levitico, dove si dice: Ama il prossimo tuo come te stesso. E lui disse: questa è una grande regola del testo biblico, che può condensare in sé tutte le Scritture. Allora si alza un allievo e dice: maestro, io conosco un passo più importante di questo! E cita Gen 5, dove dice: "Questo è il libro delle genealogie di Adamo". Tutti lo guardavano stupiti, ma rabbì Aqibà aveva capito cosa voleva dire il suo allievo e disse: Hai proprio ragione. Sta scritto, infatti: "Questo è il libro delle genealogie dell'uomo, nel giorno in cui Dio creò l'uomo, lo fece a immagine dì Dio".
È importante l'amore che noi dobbiamo portare al nostro prossimo, ma è importante riuscire a veder nel nostro prossimo l'immagine di Dio. Quando hai qualcuno davanti, soprattutto se ti è antipatico e ha un'altra cultura, un'altra religione, un altro modo di pensare, brutto, noioso ecc., bene: impara a riconoscere l'immagine di Dio che porta dentro.
Secondo me è proprio questo che viene a impregnare tutto il personaggio di Abramo.

(Conferenza tenuta a Ravenna il 24 gennaio 2001)

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