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Una lettura geometrica dei Salmi
(Rav Luciano Meìr Caro)


In questa nostra conversazione vorrei cercare di proporvi un nuovo approccio al libro dei Salmi, sul piano esclusivamente formale.
Prima di procedere, direi solo quattro parole di carattere introduttivo sul libro dei Salmi. Sappiamo che la Bibbia ebraica è divisa in tre grandi parti: il Pentateuco, i libri storici e profetici e infine gli Agiografi, che comprende tutti quei libri di argomento diverso, che non rientrano nelle prime due categorie, quindi troviamo libri filosofici, poetici, anche storici, c'è un po' di tutto: l'Ecclesiaste, i Proverbi, i libri sapienziali, insomma, le Cronache, Ester, il Cantico, ecc.
E qui troviamo anche i Salmi, al primo posto; e questo è significativo, perché vuol dire che i Salmi sono considerati i primi da dover affrontare.
Ma cos'hanno di così speciale i Salmi?
Si tratta di 150 composizioni poetiche, di autori presumibilmente diversi, che differiscono da tutto il resto del contenuto biblico per un elemento particolare: mentre negli altri libri della Bibbia è Dio che parla all'uomo, ora attraverso i Profeti, ora attraverso Mosè, ora attraverso personaggi importanti, nei Salmi è l'uomo che parla a Dio. Nei salmi sentiamo la voce di uomini che, ispirati in qualche modo da Dio, rivolgono a Lui i loro sentimenti.
In queste 150 composizioni noi troviamo di tutto: ci sono degli inni di lode a Dio, degli inni di ringraziamento, degli inni di protesta. E' una caratteristica piuttosto ebraica far rientrare nel concetto generale di tefillàh (si traduce di solito con 'preghiera', ma non è vero) qualsiasi espressione di sentimenti che l'uomo rivolge nei confronti di Dio, quindi,al limite - dico una cosa paradossale - anche un uomo che bestemmia pronuncia una tefillàh, perché in qualche modo lui rivolge il suo pensiero a Dio; in forma negativa, come insulto, sì, ma rimane pur un tipo di approccio. Quindi tutte le volte che una persona rivolge i suoi sentimenti a Dio, si dice che esprime una qualche forma di preghiera

Queste 150 composizioni sono state raccolte in un tempo che noi non sappiamo, quindi non entrerò in problemi di carattere tecnico, esegetico, problematico-storico.
La tradizione li attribuisce a Davide, ma le cose non stanno proprio così; alcuni salmi, forse, sono stati scritti da Davide, ma altri sicuramente no e se ne ha la prova dal fatto che trattano di argomenti storici successivi all'esistenza terrena di Davide. Poi di alcuni salmi non riusciamo proprio a decifrare l'autore.
Un altro elemento da tenere in considerazione è quello della vocalizzazione del testo ebraico. Sappiamo che il nostro testo biblico è stato scritto originariamente solo con le consonanti; successivamente, grazie all'intervento dei Massoreti, furono inseriti alcuni segni di interpunzione, che dovevano aiutare a identificare meglio il testo biblico. Tutto questo lavoro, durato alcuni secoli, era diventato indispensabile, perché la lingua ebraica, ormai ostica per gli stessi Ebrei, si era trasformata in una lingua letteraria e una lingua di preghiera. A questo punto è stato necessario inventare le vocali,dei segni di interpunzione che accompagnano le parole e aiutano a leggerle, perché danno il suono preciso. Ma i Massoreti non si sono accontentati di questo;hanno voluto accompagnare il testo anche con altri tipi di segnalazioni, con funzioni diverse. Perciò troviamo dei piccoli asterischi,o piccoli rombi e altri piccoli segni che indicano l'accento tonico delle parole,la pausa nel corso della lettura,la nota musicale,1'armonia nella lettura comunitaria sempre cantilenata. Quindi il testo biblico originale, che era composto semplicemente dalle consonanti, è stato arricchito dalla vocalizzazione e dall'aggiunta di questi segnettini che in ebraico si chiamano teamìm. Questa parola che significa 'sapori':cioè sono quelle cose che danno sapore alle parole,un gusto speciale. Il sapore è costituito dall'accento della parola e dal ritmo col quale va letto il testo. Quindi questi segnettini ci aiutano molto anche per 1'interpretazione del testo, perché se non li avessimo, noi non sapremmo dove mettere le pause; infatti nel testo biblico la divisione in versetti non c'è, quindi non si riesce a capire dove iniziano e finiscono i capitoli e i versetti.
Bisogna anche dire che, nella lettura del testo  sacro, ogni comunità adotta una musicalità sua tutta particolare. Il modo di lettura di Roma non è quello di Ferrara,non è quello di Torino, non è quello di Gerusalemme, non è quello di Francoforte. Quindi ci sono decine di modi di cantare, che risentono delle singole località,influenzato anche dalla realtà geografica.
Andiamo avanti. I nostri teamìm, questi 'sapori', hanno una valenza che è costante in tutti i libri biblici meno che in tre: nel libro di Giobbe, nel libro dei Proverbi e nel libro dei Salmi, perché qui troviamo una metrica tutta particolare e nessuno è ancora riuscito a capire quale sia il principio che la regola.
Notate che i teamìm sono suggerimenti per la lettura del testo, ma noi potremmo anche ignorarli, cambiando addirittura il senso della frase e sarebbe una lettura perfettamente lecita, perché ciò che io sono tenuto a prendere in considerazione è il testo con le consonanti.
Faccio un esempio. Il primo versetto della Bibbia che viene tradotto di solito con:  "In principio Dio creò il cielo e la terra", potrebbe anche essere letto così:"Con un principio, Dio creò il cielo e la terra". Cioè considerando un 'principio' non temporale; del resto noi non sappiamo cosa c'era prima della creazione. L'insegnamento che ne scaturirebbe sarebbe che Dio ha creato il cielo e la terra con un principio, cioè che la creazione è la seconda cosa che Dio ha fatto, non la prima: prima Dio si è creato un principio, cioè un'idea, si è fatto un piano, poi ha creato. Questa sarebbe una risposta al problema che qualcuno pone della creazione del caos. Dio non ha creato il caos; prima ha fatto un piano, poi, quando il piano era pronto, finalmente si è messo a creare, adeguandosi al piano che aveva fatto.
Vedete com'è diversa 1'interpretazione? E io non ho fatto alcuna violenza al testo, ma ho interpretato in un altro modo.
C'è chi traduce in un altro modo ancora, completamente diverso, non mettendo il punto alla fine del versetto e lasciando tutta la frase sospesa: "Quando Dio creò il cielo e la terra, all'inizio, la terra era vuota..." collegando tutto il versetto successivo.
Ma torniamo ai segnetti dei Massoreti. Per uno di quei giochetti che si fanno sovente nella nostra tradizione, se noi prendiamo le iniziali ebraiche dei libri di Giobbe, dei Proverbi e dei Salmi e le mettiamo come ci fa comodo, si può leggere la parola emèt che vuol dire 'verità'. Potremmo quasi intuire che questo voglia dirci che il vero significato di questi segni è solo quello di questi tre libri.
Questo per dirvi una volta in più che fino ad oggi nessuno è ancora riuscito a capire quale sia il principio della metrica della poesia ebraica.
Il libro dei Salmi si discosta da tutti gli altri sia per il contenuto, che è molto diverso da quello degli altri libri, sia per la metrica, che presenta dei parametri del tutto diversi.
Non c'è dubbio anche che molti di questi salmi venivano utilizzati dagli autori stessi, ma anche proposti alla gente semplice per essere accompagnati con degli strumenti musicali. Qualche volta si trova indicato anche nella intestazione del singolo salmo. Per es.: "salmo insegnato al capo coro", perché lo musicasse con quel tipo di strumento e si citano gli strumenti specifici, che però non sappiamo quali fossero. Si parla ad esempio frequentemente di uno strumento con otto tasti o otto corde o otto tamburi. Non dimentichiamo che queste composizioni erano anche accompagnate quasi sempre da una parte musicale.
Alcuni salmi poi erano previsti per la recitazione alternata tra solista e coro. Così si nota un cambiamento di ritmo e anche di significato a seconda che sia il singolo che parla o il coro che interviene. In ebraico questo libro si chiama il libro dei Tehillìm, parola che significa 'lode', perché quasi tutti sono di lode a Dio, anche se non mancano, come vi dicevo prima, la preghiera, la supplica, la protesta. Qualche volta si va anche oltre e troviamo un linguaggio piuttosto forte, quasi violento, che vuole esprimere la rabbia dell'autore, che se la prende con Dio perché, secondo lui, Dio non si è comportato bene nei suoi confronti.
La nostra tradizione riconosce 150 salmi, ma già nei testi talmudici si discute su questo; qualcuno dice che in realtà si trattava di 147, qualcuno dice 149, ma questi sono problemini che ci interessano poco.
Molte volte nei titoli che accompagnano i salmi si fa riferimento a Davide. Ma questo non significa proprio niente perché il termine che compare come attribuzione e titolazione e che viene tradotto "salmo di Davide", letteralmente dovrebbe essere tradotto "salmo a Davide" o "per Davide" e quindi potrebbe anche voler dire che l'autore non è Davide,ma è qualcuno che l'ha dedicato a Davide oppure che lo ha scritto con lo stesso stile,con la stessa metrica adoperata da Davide.
Non c'è dubbio che lo spirito generale che permea il libro dei Salmi è simile a quello di tutto il resto del Vecchio Testamento, si ha un atteggiamento di grande rispetto, di grande venerazione nei confronti di Dio, che è sovrano di tutte le cose e quindi come impostazione generale non ci sono grandi novità.
Dobbiamo ancora dire qualcosa sul piano della forma: c'è un elemento caratteristico che voi trovate in tutti i salmi e in tutta la poesia ebraica e aggiungo, in tutta la poesia semitica: si tratta dell'elemento veramente portante, che è il famoso parallelismo.
Per parallelismo si intende il ripetere lo stesso concetto due volte almeno, con parole diverse. Dire la stessa cosa con parole diverse è un parallelismo positivo, oppure qualche volta si ha un parallelismo negativo, contrapponendo un atteggiamento ad uno opposto. Io posso aprire il libro dei Salmi dove volete voi, leggo così a caso: "Versa la tua collera contro i pagani che non ti riconoscono e contro i regni che non invocano il tuo nome". Vedete lo stesso concetto ripetuto due volte con parole diverse. Questo è ritenuto una cosa molto elegante in tutta la poesia ebraica.
Abbastanza raramente si possono trovare anche delle rime o dei giochi di parole consistenti in delle allitterazioni, cioè si prendono delle frasi che hanno una lettera che ritorna più sovente delle altre, oppure dei veri e propri scioglilingua.
Vi dico solo un piccolo esempio che conoscete. Ci sono molto sovente dei salmi in cui ricorre il termine Allelujah. Cosa vuol dire? E' una espressione, una fusione di due parole, che vuol dire "lodate Dio". Non è infrequente trovare questa espressione in altri versetti ove lo stesso suono ricompare ancora molte volte.
Qualche volta ci sono delle posizioni simmetriche di parole, ci sono delle parole chiave che ritornano nel testo, che occupano in ciascuna delle frasi sempre una certa posizione. E altre volte ci sono delle parole chiave che danno il contenuto di tutto il testo.

Leggo qualche riga dal salmo 145:
"Inno di lode, di Davide. Voglio lodarti o mio Dio e re e benedire il tuo Nome per sempre. Voglio benedirti ogni giorno e lodare il tuo Nome per sempre. Grande è l'Eterno e oggetto di somma lode, nella sua grandezza infinita. Un secolo all'altro esalta le tue opere e narra i tuoi portenti. La splendida gloria della tua Maestà e i tuoi atti prodigiosi io voglio narrare. Della potenza delle tue mirabili gesta si parlerà e io racconterò la tua grandezza".
Qui, nell'ebraico, ci sono dei giochi di parole sulla lettera "d". Vado ancora avanti:
"Si esporrà il ricordo della tua grande bontà e si canterà la tua giustizia. Clemente e misericordioso è 1'Eterno, lento all'ira, di immensa bontà. L'eterno è buono verso tutti e la sua misericordia riposa su tutte le sue opere, tutte le tue opere, o Eterno, ti lodano e i tuoi devoti ti benedicono. Dicono la gloria del tuo regno e parlano della tua potenza".
E vanno avanti così. Purtroppo il traduttore italiano è costretto, proprio per una questione di stile italiano, a modificare delle parole che nel testo originale, invece, erano diverse. In italiano, adoperare sempre una parola che ritorna sta male e quindi il traduttore cerca di modificarne alcune.
Nel testo ebraico ci sono in questo salmo due parole che ritornano quasi in ogni riga. C'è il concetto del "re" o del "regno", della sovranità di Dio, e molto spesso la radice asà, osé, "fare". C'è un "fare" e c'è un re, un regno e un'azione. Forse l'autore voleva dire qualche cosa. Io non escludo che avesse dei concetti che a noi sfuggono, comunque di fatto queste due parole ci sono molto frequentemente e molto più sovente di altre. C'è poi un'altra parola che ritorna in questo salmo e che, se non sbaglio, ritorna esattamente diciannove volte (quindi c'è anche la questione dei numeri) ed è la parola "qol" che vuol dire "tutto". E' casuale questo? Io non lo so, però tutto lascia pensare che l'autore del salmo, nel darci certi messaggi, avesse codificato qualche cosa. Vi dico queste cosa per farvi capire quante cose noi perdiamo nella traduzione. Noi perdiamo tutto, non riusciamo a penetrare in quello che l'autore voleva dirci. Perdiamo il ritmo, i giochetti di parole, la concatenazione.
Molto spesso c'è un versetto che inizia con la stessa parola con la quale finiva il versetto precedente, oppure con una parola che la ricorda per questione di suoni.
Non c'è bisogno di dirvi che i salmi fanno la parte del leone nella liturgia,  sia quella ebraica che cristiana. Se voi assistete ad una celebrazione liturgica ebraica, o direttamente o indirettamente l'ottanta per cento di quello che noi diciamo o sono salmi o sono parti prese dai salmi e ho l'ardire di dire che una cosa analoga avviene nella Chiesa, perché quando mi capita di assistere a una Messa in chiesa gioco in casa,  perché sento delle cose che sono gli stessi concetti presi tali e quali dal libro dei salmi, quindi a piene mani si è attinto da questi libri. E' anche molto bello questo fatto, che ebrei e cristiani, con tutte le loro divisioni profonde che hanno, pregano allo stesso modo.
Vi faccio un altro esempio, col salmo 28 (29). Dice così:
"Date all'Eterno, o figli di Dio, date all'Eterno gloria e potenza, date all'Eterno l'onore che spetta al suo nome, prostratevi all'Eterno con sacra riverenza. La voce dell'Eterno risuona sull'acqua, il Dio glorioso tuona, l'Eterno tuona sull'immenso oceano, la voce dell'Eterno è ricca di forza, la voce dell'Eterno è piena di maestà, la voce dell'Eterno spezza i cedri, l'Eterno spezza i cedri del Libano, li fa saltare come un vitello. Il Libano e il Sirion come un giovane bufalo; la voce dell'Eterno fa scaturire fiamme di fuoco, la voce dell'Eterno fa tremare il deserto. L'Eterno fa tremare il deserto di Kadesch" - vedete quante ripetizioni ci sono - "la voce dell'Eterno fa partorire le cerve e denuda i boschi. Nel suo santuario tutto quanto dice "gloria". L'Eterno presiedette al diluvio e siederà re in ogni tempo. L'Eterno dia potenza al suo popolo, l'Eterno benedica il suo popolo con la pace".
Detto così, è un'accozzaglia di parole che dicono poco, mentre questo è uno dei salmi più belli che ci sono. C'è un'espressione che ricorre : Qol Hashém, la "voce dell'Eterno"; la troviamo ben diciotto volte. Il che fa pensare immancabilmente alle 18 benedizioni, che fanno parte della preghiera ebraica quotidiana; qualcuno dice che questo precetto viene proprio da qui.
Ebbene, in ogni preghiera è come se noi facessimo il coro a Dio. Noi in ogni preghiera emettiamo diciotto volte la nostra voce quasi a voler essere all'unisono con lui. E, secondo alcuni, diciotto è il numero delle vertebre, quindi alcuni dicono che dicendo diciotto benedizioni in relazione al contenuto di questo salmo, è come se volessimo dire che noi partecipiamo alla preghiera dell'Eterno con la nostra spina dorsale, cioè con la parte più eretta del nostro essere. Vedete come si può andare lontano.
Non dimenticate l'aspetto dei numeri, perché il fatto che determinate espressioni ritornino tante volte ha dei significati tutti speciali.

Vorrei parlarvi, ora, di uno studioso di nome Jacob Bosak, che vive in Israele e di mestiere credo faccia il dirigente di banca, ma si occupa di studi biblici e in particolare si è dilettato ad approfondire alcune questioni sui salmi. E' venuto alla conclusione che nella poesia dei salmi c'è molto spesso non soltanto da ricercare l'aspetto vocale di quelle cose che vi ho accennato brevemente, ma ci sono anche degli aspetti che soddisfano non solo il senso dell'udito, ma anche quello della vista. Cioè noi dobbiamo vedere nella composizione dei salmi anche degli aspetti figurativi geometrici. Ci sono delle forme geometriche che ritornano molto sovente, non in tutti i salmi, ma in una parte notevole di essi e ci sono delle forme che si possono riconoscere,in particolare dei triangoli e dei quadrati, dei trapezi,ecc.
In che modo? Guardiamo, per esempio, quel famoso salmo 145 che abbiamo visto all'inizio,quello che presentava la centralità delle parole "re" e "fare".
Bene, oltre questi elementi, ce ne sono anche altri. Dice il salmo: "Ti esalterò, o mio Dio e re e voglio benedire il tuo Nome per sempre". Il testo ebraico dice : "Ti esalterò o Signore re e benedirò il tuo nome per sempre". Avete seguito in questa frase che vi ho letto? Traduco alla lettera, perché se traduco con poesia non capite più niente. Il salmo inizia, in ebraico, con tre parole: "Ti esalterò - o Signore - re " - " e benedirò - il tuo - nome - per sempre". Avete capito? C'è una prima parte costituita, in ebraico, da tre parole in mezzo alla quale c'è il nome di Dio,  poi sotto da quattro parole e c'è una seconda parte, "in ogni - giorno - ti benedirò", ancora con tre parole seguite da "e loderò - il tuo - Nome - per sempre", quattro parole perfettamente analoghe alla seconda parte del primo pezzo che vi ho detto. Pensate solo al numero delle parole, al ritmo delle parole e al significato generale. Quindi abbiamo due parti perfettamente corrispondenti come significato, come numero di parole e anche come ritmo delle parole.
Poi abbiamo una terza parte che dice "Grande - è Dio - e lodato - molto " "e alla sua grandezza - non c'è - limite". Questa terza parte che vi ho letto è al contrario : c'è una prima parte costituita da quattro parole e la seconda parte da tre parole.
C'è poi un altro elemento da sottolineare ed è il fatto che nelle prime due parti che vi ho citato, 1'autore parla in prima persona :"ti loderò", "ti esalterò", ecc.; la terza parte è fatta in terza persona: "grande è Dio e molto lodato" e "alla sua grandezza non c'è limite". Non vi do spiegazioni. Potrebbe anche essere che le prime due parti fossero recitate da un solista e la terza parte recitata da un coro. Questa corrispondenza di cose la trovate praticamente in tutto il salmo. Dice ad es. ancora: "Grande - ricordo - il tuo nome - esprimeranno"; seconda parte: " e la tua giustizia - loderanno" . Quindi una prima parte della frase è costituita in ebraico da quattro parole, una seconda parte costituita da due parole. Poi c'è il corrispettivo degli altri lati del triangolo che suona così: "longanime - e pietoso - è Dio", tre parole e la seconda parte "longanime e grande di bontà": versetto corrispondente: "buono - è Dio - per tutti" "e la sua misericordia - è su tutte le sue creature"; anche in questo caso tre parole prima e quattro dopo; nella prima parte sempre il nome di Dio, mentre nella seconda parte mai.
Prima di andare avanti nel mio discorso, voglio dirvi che in realtà questi studi del signor Jacob Bosak non sono poi una grande novità, perché c'è chi dice che questi elementi di comporre la poesia in forma grafica, riproducendo qualche disegno, si trovano abbastanza frequentemente in altre culture, per es. in quella greca.
C'è un salmo, il 66 (67), che di solito è riprodotto nella forma di una Menoràh, un candelabro a sette bracci e se voi lo guardate c'è un versetto centrale, che è molto lungo, attorno al quale ruotano dei versetti che sono corrispondenti come numero di parole, che vanno sempre diminuendo come lunghezza delle parole e numero di parole, al punto che noi possiamo renderli graficamente proprio come un candelabro a sette bracci.
E questo è un discorso che si trova già nel 1200 nella tradizione ebraica. Si faceva notare che il salmo 67 poteva venire riprodotto e trascritto proprio in questa forma e si diceva anche che chiunque ogni giorno leggesse questo salmo in questa forma, che doveva essere la forma originaria, era sicuro di ottenere la protezione di Dio in ogni cosa, a condizione, ovviamente, che si comporti come si deve!
Ma torniamo ancora un momento sul nostro autore. Egli propone una quantità di disegni in relazione ai nostri salmi che possono essere i più strani (anche quadrati, rombi, cerchi), ma la figura predominante rimane quella del triangolo e, in qualche modo, dei triangoli concatenati, magari un triangolo grande, che contiene vari triangoli più piccoli.
Mi riferisco ad es. al salmo 145, del quale abbiamo letto qualche versetto, reso graficamente con la famosa stella a sei punte, cioè con due triangoli e in mezzo un cerchio.


Quindi questo salmo probabilmente, dice l'autore, era stato composto così, in modo da offrire soddisfazione a chi lo recitasse, non solo per il contenuto o i suoni delle parole, ma anche per la forma visiva, per la forma geometrica. Egli afferma addirittura che questo era il modo normale di comporre i salmi, solo che poi è rimasto disatteso per una questione di carattere tecnico, perché per scrivere i salmi così, occorreva molta carta, che, invece, era difficile da trovare. Perciò si è passato alla trascrizione dei salmi nella forma comune, che vediamo oggi, ma non inserendo più le parole del salmo in un disegno, si sono persi una quantità enorme di significati, anche solo estetici, che l'autore aveva voluto proporre.


Tutto questo discorso che io ho voluto fare, è per dire sotto quanti aspetti noi possiamo considerare il testo biblico, aspetti che spesso ci sfuggono nel modo più completo. Noi guardiamo le parole in traduzione e, ripeto, non capiamo quasi niente. Dobbiamo guardare tutto il resto. I nostri antichi Maestri dicevano che il testo biblico è simile a una roccia percossa con un martello e dalla quale scaturiscono continuamente scintille, sempre diverse, però fanno sempre parte del tutto.
Quindi se noi partiamo dal presupposto che questo testo è stato composto da mani umane, ma con una ispirazione divina, ovviamente dobbiamo trovare in esso delle cose che vanno al di là della singola banalità. Quando uno legge un salmo, un passo biblico, non legge il Corriere della Sera o Il Sole 24 Ore,che poi si getta via, ma legge un qualche cosa che deve contenere un messaggio permanente. Sì, lo ripeto: il testo biblico è un testo dal quale scaturiscono degli insegnamenti che non finiscono mai.
E fate sempre attenzione a questo mio suggerimento: quando pensate di aver capito qualche cosa, vuol dire che non avete capito niente. A me capita molto sovente. Hai capito qualche cosa, hai esaurito forse una fase della tua ricerca, ma vai avanti, perché il testo biblico non può essere limitato come è quello umano, quindi se è divino vuol dire che è illimitato e non c'è limite alla ricerca, ai messaggi ovviamente positivi che noi possiamo farne scaturire.


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