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Maimonide e i 13 articoli di fede
Rav Luciano Meir Caro Ravenna, S. Domenico – 14 ottobre 2015
Il discorso che dovrei fare è molto molto ampio e richiederebbe molto più tempo, perché Maimonide è un gigante del pensiero ebraico. Non solo è stato un grandissimo filosofo, ma veramente si può dire che sia stato un personaggio a tutto tondo.
La sua vita, in qualche modo, è stata anche molto tribolata. La sua professione, svolta con grande passione, era quella del medico, ma è stato anche filosofo, perché ha scritto una delle opere fondamentali di filosofia, di etica, di morale ebraica. Anche come giurista ha lasciato un notevole contributo, scrivendo un’opera importantissima, il cosiddetto Mishné Torah.
I 13 articoli di fede, che dovrei commentare, sono forse la parte meno importante della sua produzione letteraria. Ma come capita spesso nella vita, quando una persona si distingue dalla società circostante per le sue capacità, è poi oggetto di grandi polemiche. Oggi Maimonide è quasi riconosciuto universalmente nel mondo ebraico come veramente un campione, un personaggio di straordinaria importanza, ma non è sempre stato così e ancora oggi qualche voce discordante rimane, per motivazioni non sempre fondate, ma piuttosto per gelosia.
Riguardo alla sua data di nascita ci sono delle controversie. Il 1135 dovrebbe essere l’anno della sua nascita, ma qualcuno sostiene invece che sia il 1138, mentre la data della sua morte è fissata al 1204. Ma che sia morto un anno prima o un anno dopo non cambia assolutamente nulla.
Vorrei dire due parole sulla sua biografia, perché è importante per capire la sua opera e il valore della sua opera. Maimonide è nato a Cordova, in Spagna, in ambiente musulmano. Poi, a causa di contrasti con la comunità musulmana, ha pensato di andarsene insieme alla famiglia; il padre era giudice.
Così emigrano prima in altre città della Spagna e finalmente a Fez, in Nord-Africa. Nel frattempo il nostro Mosè Maimonide inizia a scrivere delle opere.
Bisogna dire che la famiglia veniva mantenuta in gran parte dal fratello di Mosè, David, che faceva il commerciante di pietre preziose e pare con molto successo, perché, girando il mondo, riusciva a guadagnare notevoli somme di denaro.
Da Fez la famiglia si trasferisce in Palestina, la Terra Santa. Ho un po’ di riserve a pronunciare questa parola, perché oggi, in ambiente non ebraico, si fatica a chiamare la Terra Santa col suo nome e cioè lo Stato di Israele. Dal nostro punto di vista, invece, quella Terra è prima la terra di Canaan, poi è diventata la Terra di Israele e poi, con riferimento ai Filistei che vi abitavano, a partire dalla conquista romana, è stata chiamata Palestina.
La famiglia di Maimonide, sbarcando in Palestina, nel 1165, si ferma ad Acco, uno dei porti principali del paese. Ma da qui avviene una nuova partenza, questa volta per l’Egitto, dove muore il padre, poi dei figli in tenera età e in seguito anche la moglie. Pare che Mosè si sia poi risposato, ma è ovvio che la morte del padre, della moglie e dei figli hanno segnato la sua vita in modo drammatico.
Non dobbiamo dimenticare che il periodo storico in cui Maimonide è inserito, è quello delle Crociate. E sappiamo quanto esse, in Europa, siano state un momento drammatico per gli ebrei, in quanto i crociati in partenza per la Terra Santa, per andare a liberare il Santo Sepolcro, prima si dilettavano a depredare e massacrare le comunità ebraiche che incontravano. Per noi questo è stato un periodo veramente nero, perché i primi grandi massacri degli ebrei sono avvenuti in questo tempo storico.
Un aspetto positivo, se così possiamo dire, è stato che soprattutto nei paesi del Nord Europa, come la Francia, la Germania, si sono sentite spinte a creare delle federazioni tra comunità, dei consorzi, per sostenersi a vicenda. E questo è certamente un passo avanti rispetto al grande individualismo e campanilismo che ci caratterizza, ancora oggi. Un altro elemento importante è che le Crociate hanno costituito un momento forte di riflessione per tutti. Gli ebrei vivevano, in quel tempo, pensando che il mondo fosse diviso in due parti: da una parte gli Ebrei e dall’altra parte tutto il resto del mondo, costituito dai pagani. E tra le due parti non c’erano rapporti, se non di inimicizia. Le Crociate pongono gli Ebrei di fronte a una realtà ben diversa, che fa loro scoprire l’esistenza dei cristiani e dei musulmani. E per loro questa è stata una grande sorpresa, soprattutto nello scoprire che questi gruppo non erano dei pagani, ma erano monoteisti, proprio come gli ebrei. Ma allora, che differenza c’era tra gli ebrei e gli altri? Da questo nasce una perplessità negli ebrei.
Maimonide vive precisamente immerso in questa realtà. Non è certo un caso che egli intitoli una delle sue opere fondamentali “La guida dei perplessi”. Proprio come tentativo di dare una risposta a quegli ebrei che volevano sapere quale fosse la differenza tra la religione, la cultura ebraica e le altre culture e fedi sedicenti monoteiste. Per noi tutto questo è assurdo, ma allora questa era un’istanza fondamentale.
Ma torniamo alla vicenda di vita di Maimonide. Trasferitosi in Egitto, egli diventa il medico di corte del saladino, del governatore egiziano e si acquista così un grande nome, anche perché la corte del sovrano era molto ampia; basti pensare al numero enorme di mogli e concubine e figli che poteva avere. Per questo la vita di Maimonide era un vero tormento, sempre preso dalla cura di tutte queste persone.
Nonostante ciò, egli approfittava dei tempi serali per andare a curare i malati poveri, perché non sentiva come giusto il dedicare la sua scienza solo ai grandi.
Grazie alla fama che si era acquistato, è diventato il rappresentante degli Ebrei del Mediterraneo presso la corte.
Alla sua morte, venne sepolto in un quartiere periferico dell’attuale Cairo; al suo funerale partecipò un’immensa folla ebraica e non. Un famoso detto, coniato sulla figura di Maimonide, ci fa capire quanto fosse grande la sua fama: “Da Mosè a Mosè non è mai sorto uno uguale a Mosè”. E ovviamente il riferimento è a Mosè, il grande profeta e legislatore.
Entrerei ora brevemente nelle sue opere, per cercare di capire qual è l’importanza di questo personaggio.
Maimonide praticamente ha rivoluzionato gli studi ebraici. Non vado in ordine, perché le sue opere sono uscite in tempi diversi e non secondo l’ordine di cui ora ve ne parlo.
Prima di tutto ha scritto un commento alla Mishnà, che è un compendio redatto circa nel II secolo, dove sono state messe per scritto le spiegazioni tradizionali delle norme scritte nel testo biblico, in particolare nella Torah. Sappiamo che le norme scritte nella Torah sono 613, ma sono talmente generiche da essere assolutamente inapplicabili. Per es. la norma: “Non lavorare di sabato”, cosa significa nel concreto? Quindi queste norme erano accompagnate da una serie di norme trasmesse oralmente, che cercavano di spiegare come si potevano calare questi principi nella vita quotidiana. Nel II secolo queste norme sono state messe per iscritto, appunto nella Mishnà; ma il tipo di scrittura è molto telegrafico, per cui la Mishnà non si legge facilmente. E’ redatta, possiamo dire, per gli addetti ai lavori.
Per cui Maimonide ha sentito il bisogno di scrivere un commento alla Mishnà. E attenzione! A quel tempo ancora non c’era la stampa; tutto circolava sotto forma di manoscritto.
I famosi 13 articoli di fede di Maimonide compaiono, appunto, in una parte del commento alla Mishnà, che lui ha scritto in arabo, così come quasi tutte le sue opere. Anzi, per essere più precisi, era la lingua araba, ma in caratteri ebraici!
Vado avanti. Maimonide ha anche scritto il Mishnè Torah, che alla lettera vuol dire “Ripetizione della Torah”. Si tratta del primo grande compendio di normativa ebraica, redatto con dei principi della logica greca.
Maimonide era, fra l’altro, innamorato di Aristotele, che lui cita continuamente, anche arrampicandosi sugli nel tentativo di dimostrare una concordanza tra il pensiero aristotelico e le lettere ebraiche.
La logica che Maimonide usava era ferrea, tipicamente occidentale, mentre di solito i testi normativi di quel tempo erano redatti seguendo una logica orientale, che rendeva difficilissima la loro comprensione.
Faccio un esempio. Se uno vuole conoscere le regole per la celebrazione della Pasqua, deve necessariamente leggere tutto il testo normativo, per poter capire qualcosa. Perché il modo di procedere non è consequenziale, ma va per casi. Entra nei dettagli e non dice cosa è proibito e cosa no.
La circoncisione, per esempio. Leggo la normativa inerente, che mi dice, per es. che la circoncisione si può fare con qualsiasi strumento. Ma immaginate un tale che non sappia cosa sia la circoncisione. Un occidentale, seguendo la sua logica, inizierebbe con la spiegazione, dicendo che la circoncisione deriva dal testo biblico e consiste in una operazione chirurgica, ecc.
Invece i testi normativi esistenti fino ad ora procedevano in modo diverso, presentando delle casistiche, ma senza mai citare la regola.
Maimonide, invece, scrive un’opera in cui c’è un codice ebraico, scritto in un ebraico semplice e pulito, che tratta tutti gli elementi della normativa ebraica, anche quelli ormai non più in uso da 1000 anni, come per es. il culto sacrificale, come si vive a Gerusalemme, la costruzione del santuario, che non esisteva più dall’anno 70.
Questa opera comprende 14 volumi ed è consultatissima ancora oggi.
Finalmente, l’altra grande opera di Maimonide è “La guida dei perplessi, degli smarriti”. Quest’opera è dedicata a un allievo di Maimonide, un certo Iosef Aknin, un giovane ebreo del Marocco, pare convertito a forza dall’Islam. Avendo sentito parlare di Maimonide, lascia il Marocco e va in Egitto per vivere all’ombra di questo grande maestro, in un rapporto reciproco di profondo amore.
Questo allievo rivolge al maestro la grande domanda su quali fossero le basi ideologiche dell’ebraismo e come risposta Maimonide compone la sua opera.
Anche questa è scritta in lingua araba e costituisce il primo grande libro di filosofia ebraica.
Queste sono le tre maggiori opere del Maimonide, accanto alle quali ne compaiono molte altre di minore importanza. Trascuro quelle di carattere medico, benché siano molto interessanti e ancora studiate.
Un’altra attività letteraria che lui portava avanti era quella di rispondere alle lettere che gli arrivavano da tutte le parti del mondo, presentandogli domande dii vario tipo.
Faccio un esempio. Su richiesta degli ebrei dello Yemen ha scritto un libriccino, dal titolo: “Lettera allo Yemen”; questi gli avevano scritto presentandogli la questione grande della minaccia alla quale il re dello Yemen li aveva sottoposti, intimando loro di convertirsi tutti all’Islam entro tre mesi, pena la morte. Quindi chiedono a Maimonide cosa sia meglio fare. Lui sapeva che le sue parole avevano un grande peso, perché avrebbero fatto precisamente secondo il suo consiglio. Lui quindi risponde scrivendo un trattato sulle conversioni forzate.
Fra l’altro c’era di mezzo anche un’implicazione personale, perché durante uno dei suoi viaggi per mare, la nave su cui si trovava era stata assaltata dai predoni, che oltre a derubare di tutti i beni, costringevano ad accettare l’islamizzazione. Pare che anche Maimonide avesse accettato con una dichiarazione formale di passare all’Islam. Questo gesto pesò molto nella vita di Maimonide, anche perché un suo avversario gli rinfacciava questo passaggio all’Islam, sottoponendolo anche a un processo. Ma siccome godeva di grandi appoggi alla corte di Egitto, quel processo è stato rimandato e non è mai stato celebrato.
Quindi capiamo bene quale fosse il suo imbarazzo nel rispondere agli ebrei yemeniti. Comunque suggerisce loro di fare tutto il possibile per rimandare la sentenza, con le buone o le cattive e qualora non riuscissero, accettino pure l’Islam, che non va considerato paganesimo, idolatria. Ma appena ci fosse la possibilità, occorre prendere la fuga; cosa che si è realizzata nel 1948.
Penso che il suggerimento di Maimonide fosse anche sensato.
Un’altra lettera importante, che ha provocato a Maimonide molti guai, è stata una lettera indirizzatagli dagli ebrei di Marsiglia, che gli chiedono che cosa ne pensasse lui della teoria della risurrezione dei morti, se secondo lui questa teoria faceva parte o no della dottrina ebraica.
Maimonide risponde che la risurrezione dei morti fa parte della dottrina ebraica, ma aggiunge delle osservazioni che hanno fatto storcere il naso a molti benpensanti del suo tempo. Lui sottolinea che alla morte del corpo non è tutto finito per l’essere umano, ma non si deve pensare a una risurrezione, materialmente col proprio corpo. Cioè l’anima umana resta da qualche parte, ma a un certo punto riprenderà vita. Questo però è in contrasto con tutto un filone del pensiero ebraico, che sosteneva invece l’esistenza della resurrezione del corpo.
Devo dire che tra le disgrazie capitategli, ci fu anche la morte del fratello David, che rimase vittima di un naufragio, insieme a tutti i suoi beni, dalle parti dell’India. Evento, questo, che ha ovviamente portato difficoltà economiche nella vita di Maimonide.
Nonostante tutte le difficoltà di vario genere che dovette attraversare Maimonide ha fatto un’ascesa enorme all’interno della società in cui viveva, tanto da essere definito col titolo di magghìd, che vuol dire “nobile”; si trattava di una carica ufficiale che lo rendeva il rappresentante ufficiale degli Ebrei egiziani e di tutti gli Ebrei che abitavano in paesi islamici.
Già durante la sua vita, ma anche dopo, Maimonide ha suscitato delle grandi controversie. Molti circoli, per molto tempo, si rifiutarono di studiare le sue opere, considerate da loro fuori norma.
Quali le accuse? Primo: Maimonide ha scritto il Mishné Torah, il codice. Opera non completa, senza note e in più con quale autorità egli ha potuto scegliere un parere su una norma o un altro? Chi l’ha autorizzato ad accettare una soluzione piuttosto che un’altra? In più questa opera creerà una generazione di ebrei ignoranti, perché nessuno si metterà più con impegno a studiare i vari testi, la Bibbia, la Mishnà, il Talmud; mentre l’opera di Maimonide offre le soluzioni già pronte. E’ un po’ come se oggi si volesse condannare l’enciclopedia o internet.
Un’altra forte critica è nata dalla redazione della sua opera filosofica. Dovete sapere che era una tradizione ormai recepita da tutto il mondo ebraico e lo è ancora oggi, che l’ebraismo rifugge dalle regole di carattere ideologico. Cioè noi non abbiamo dogmi e ognuno la pensa come gli pare; nessuno ha il diritto di stabilire quali sono i fondamenti ideologici dell’ebraismo.
Vi voglio citare il passo da cui Maimonide trarrà i 13 articoli di fede. Siamo nel trattato della Mishnà che si chiama “Del sinedrio”, cioè il tribunale e qui si parla dei processi, ecc. A un certo punto, si dice così, secondo una traduzione che faccio ora in maniera molto veloce: “Tutto Israele hanno parte nel mondo futuro”. Cosa vuol dire mondo futuro? Che sono degni della resurrezione. Uno che legge questa frase capisce che andrà nell’al di là e sopravvivrà. Ma il trattato continua e dice che ci sono alcuni che invece, non avranno parte al mondo futuro. E chi sono questi? Coloro che negano che la resurrezione dei morti sia già accennata nel testo biblico. Ma dove, nel testo biblico, si parla di questo? Non è mai scritto esplicitamente, ma è implicito.
E anche chi nega che il testo biblico sia di origine divina. E anche colui che viene chiamato con l’appellativo di epicureo. Non si intende in senso filosofico, ma chi passa il suo tempo, chi dedica il tempo a cose diverse dallo studio. Un altro maestro aggiunge: “Non ha diritto alla risurrezione colui che legge libri estranei”, cioè libri di letteratura amena, perché questo fa perdere tempo e porta fuori strada.
Ancora: “Colui che sussurra sulle ferite”. Esistevano gli stregoni, i maghi, coloro che ingannavano la gente affermando di avere potere di guarigione.
Poi: “Anche colui che pronuncia il nome di Dio come va pronunciato”. Qui si parla del Tetragramma, il Nome di Dio scritto con quattro lettere dell’alfabeto ebraico, che non può essere pronunciato, perché nessuno sa quale sia la pronuncia corretta. Quando noi lo troviamo nel testo biblico diciamo “Adonai”, che vuol dire “Mio Signore”. Anticamente questo Nome veniva pronunciato solo dal sommo sacerdote, una volta all’anno, in occasione di preghiere speciali, e mentre lui lo pronunciava, gli altri sacerdoti pregavano a voce alta, in modo che non si sentisse nulla. Oggi ci sono dei tentativi molto maldestri e irrispettosi, come per es. Yahwè, che è molto scorretto.
Vedete come funzionano questi testi? Prima aveva detto che tutti hanno diritto al mondo futuro, ma poi inizia a elencare delle categorie di persone, fra l’altro molto ampie e vaghe, che invece non hanno diritto.
Maimonide, allora, decide di spiegare quali sono i fondamenti e li inserisce incidentalmente in un passo di commento alla Torah.
Ne elenco solo alcuni:
1. Esiste Dio. Lui lo chiama usando espressioni che ricordano molto la filosofia greca, per es. il Motore dei motori. Qualcosa di indefinibile, ma che è la causa di ciò che esiste, e attraverso le leggi che ha elaborato, continua a farlo funzionare. Qui Maimonide non è d’accordo con Aristotele, che invece sosteneva l’eternità della materia.
2. Dio è assolutamente unico. Non vuol dire che è uno e non due, ma non ha alcun paragone con tutto quello che esiste.
3. Dio non ha corpo, né alcuna qualità dei corpi.
4. Dio ha creato tutto quello che esiste dal nulla.
5. Dio ha dato dei messaggi all’umanità attraverso il testo biblico.
6. Tutti gli esseri creati hanno dei doveri da compiere e saranno chiamati a rendere conto del loro comportamento.
7. Il più grande dei profeti è stato Mosè, che ha ricevuto la profezia direttamente dall’Eterno. Il testo della Torah, cioè il Pentateuco, proviene da Dio ed è assolutamente immutabile.
8. Dio provvederà in qualche modo a ricompensare o punire chi è degno di ricompensa o punizione. Siamo tenuti a render conto, ma non possiamo sapere né come né quando.
9. Verrà un tempo in cui avranno luogo i tempo messianici. La nostra società, ora assolutamente imperfetta, troverà la perfezione attraverso la venuta del Messia, che instaurerà sulla terra pace e giustizia universali.
10. Ci sarà la resurrezione dei morti, nel senso che le anime saranno richiamate in vita.
Maimonide è stato molto criticato perché pur riconoscendosi in questi principi, anche gli ebrei, si chiedevano chi mai pretendesse di essere questo Maimonide, per poter decidere che i suoi 13 punti dovessero essere fissati e alti, invece no. Perché non aggiungerne o toglierne?
E chi non si riconosce in queste cose, è meno ebreo di prima? Tutto questo fa parte del bagaglio culturale ebraico, ma non bisogna crederci per forza. Solo nell’unicità di Dio noi dobbiamo credere. E poi che cos’è la fede? La radice da cui deriva la parola amen, cosa vuol dire? Non “così sia!”, ma è una dichiarazione di chi dice di essere assolutamente certo e convinto di una cosa. Non si tratta di credere, ma è qualcosa che uno ha dentro e fa parte del suo essere. La parola amen genera la parola em, che vuol madre. E allora esprime quella fiducia che noi irrazionalmente abbiamo nei confronti di nostra madre. Potrebbe essere la madre più traviata del mondo, ma il figlio ha nei suoi confronti una fiducia illimitata.
In tutto il testo biblico non esiste un passo dove si dica che bisogna credere in Dio. Se voi chiedete a un ebreo se crede in Dio, lo mettete a disagio, perché come si fa a mettere il naso in queste cose? A noi non riguarda assolutamente che l’altro creda o non creda in dio. Non si può imporre a qualcuno di credere o non credere in qualche cosa.
Allora, immaginiamo un ebreo che non creda in nulla di quello che affermano questi 13 articoli, ma questo non conta nulla.
Quando Dio dà i comandamenti a Israele, lo fa presentandosi come colui che è intervenuto nella storia concreta di Israele e ha fatto qualcosa di assolutamente contrario a tutti i nostri parametri. Lui ha compiuto qualcosa di impossibile e così si è fatto conoscere.
Non è obbligatorio credere in Dio. Se uno chiede la prova dell’esistenza di Dio, Maimonide suggerisce di guardare il cielo, l’universo, di studiare l’astronomia. Non è immaginabile che tutto questo si sia creato da solo. Forse così si può giungere alla conclusione che c’è un Creatore.
E’ vero che Maimonide ha condensato l’ebraismo in questa specie di dogmi, ma mai ha affermato che chi non crede in essi, non è ebreo. E’ ebreo chi nasce da madre ebrea, o chi ha accettato l’ebraismo secondo determinate procedure, indipendentemente da ciò in cui crede o non crede. Aderire a qualche concezione o no, fa parte della libertà umana.
Oggi Maimonide è riconosciuto come un grande quasi universalmente, perché molte delle sue affermazioni, presenti nella “Guida dei perplessi”, sono state riprese, tali e quali, da pensatori cristiani e musulmani.
Maimonide è stato una persona molto tranquilla e pacifica, che molto raramente si arrabbiava. Lui aveva sempre molto rispetto anche per i suoi avversari, non adoperando le modalità tipiche del suo tempo, secondo cui nelle dispute si era soliti insultarsi a vicenda molto pesantemente.
Pare che solo quando si accorgeva che si voleva strumentalizzare la religione, si arrabbiasse moltissimo, cioè quando qualcuno cercava di trarre guadagno dalla religione.
Sappiamo che anticamente veniva scelta una persona come rappresentante degli ebrei presso le autorità e a volte succedeva che queste persone approfittavano della loro posizione e anche in questo caso Maimonide si arrabbiava decisamente.
A mio avviso Maimonide è ancora dotato di molta freschezza e modernità.
Nel mondo ebraico è molto conosciuto anche solo col suo acronimo: Rambàm, cioè Rabbenu, nostro maestro; Moshé; ben, cioè figlio diMaimon.
Oggi tutte le edizioni del Mishné Torah di Maimonide, contengono le cosiddette assagòt, cioè osservazioni, scritte da un grande maestro, contemporaneo di Maimonide, Avrahàm ben David.
Ovviamente sarebbe molto importante leggere qualcosa del Maimonide, per capire meglio.
Molte delle sue opere sono state censurate, perché non si potevano pubblicare libri, nel Medioevo, senza l’approvazione dell’autorità ecclesiastica , l’imprimatur. Quindi per possedere un libro ebraico, bisognava che questo libro avesse, alla fine, una firma che sottoscrivesse che in questo libro non c’era niente contro la Chiesa. Questa cosa veniva affidata a ebrei convertiti, pagati dalla comunità ebraica. Se uno veniva trovato in possesso di un libro ebraico, che non avesse la firma di autorizzazione, erano guai. I censori, però, non sempre facevano bene il loro lavoro e magari sfregiavano i libri a caso con dell’inchiostro, per dare da intendere che avevano controllato il testo. Allora alcuni editori ebrei, per ovviare a questa cosa, controllavano loro stessi il testo prima e magari lo epuravano di alcuni passi.
Ecco, in alcuni casi veniva tolto qualcosa delle opere del Maimonide, per es. una sua affermazione riguardo il mondo cristiano, che dice così: mentre da parte ebraica che a causa delle persecuzioni ci fosse una critica molto pesante nei confronti del mondo cristiano, Maimonide afferma che il cristianesimo è una fase dell’evoluzione dell’umanità. Una fase da rispettare. Ci sono gli ebrei, monoteisti assoluti. I cristiani rappresentano una forma intermedia, perché in un mondo che era tutto pagano, i pagani antichi non riuscivano a concepire il monoteismo ebraico, che era troppo difficile da capire. Ebbene, il cristianesimo costituisce una fase intermedia, un avvicinamento ai tempi messianici, nei quali tutti diventeranno assolutamente consapevoli dell’esistenza di Dio. Ho parlato di consapevolezza e non di credenza! “Come l’acqua che copre il mare”, cioè questa consapevolezza dell’esistenza di un Dio unico, sarà assolutamente connaturale a tutti gli uomini.
Maimonide sostiene che la fede dei musulmani nell’unicità di Dio è ancora più forte di quella degli ebrei. I cristiani, in questo quadro, rappresentano un punto intermedio verso i tempi messianici.