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Il profeta Malachia
(Rav Luciano Meir Caro)


Il profeta Malachia, come tutti i profeti biblici del resto, presenta delle sue specificità. Dal punto di vista dell'ordine del canone biblico ebraico, il profeta Malachia è l'ultimo. Bisogna tenere presente che nella nostra tradizione i profeti si dividono in tante categorie di profeti, fra cui i profeti scrittori, senza i quali non avremmo nessuna idea di cosa hanno fatto e detto i profeti.
Sicuramente nel passato esistevano anche dei profeti, che non hanno lasciato scritto niente, oppure le cui opere sono andate perdute,per cui non sappiamo cosa dire di loro.
Il concetto biblico di profeta è molto strano, non ben definito. Nel Pentateuco Dio dice, a un certo punto: "Io vi manderò dei profeti, che vi trasmetteranno un messaggio a nome mio. Dovete ascoltare ciò che dice il profeta". Ma cos'è il profeta, come si fa a riconoscere un profeta? Il testo biblico aggiunge che se un tale si auto proclama profeta e non lo è, questo tale deve essere messo a morte. Se un profeta dice delle cose che sono in contrasto col testo della Torah, oppure annuncia delle cose che poi non si verificano, questa è la prova che non è un profeta. Ma nel primo caso è facile arrivare al dunque, perché se la Torah dice: "Non rubare" e il profeta dice: "Bisogna rubare", è facile capire dove sta la verità; ma se un profeta annuncia qualcosa che deve realizzarsi nel futuro, finché non arriva il tempo, non possiamo sapere se quella cosa si realizza oppure no.
Bisogna anche tener conto del fatto che esiste una legge della polivalenza della profezia, nel senso che i profeti annunciano delle cose, ma non le annunciano per un periodo specifico; sono cose che riguardano il futuro, che può essere un futuro lontano o immediato e noi non siamo in grado di valutare di quale tipo di futuro si tratta.
Ci sono poi due tipi di profeti falsi: quelli deliberatamente falsi, cioè un tale che si spaccia per profeta e non lo è. E ce ne sono tanti anche ai giorni nostri! Ma ci sono anche dei profeti falsi, ma in buona fede; persone che ritengono di essere ispirate da Dio e non lo sono; il che significa che hanno dei problemi di carattere psichico, in qualche modo. Sono invasati, ma la sensazione che esprimono non risponde al vero.
Rimane, dunque, questo grosso problemi di identificazione.
Noi, però, facciamo riferimento ai profeti scrittori, di cui l'ultimo conosciuto è il profeta Malachia. Nella Bibbia ebraica c'è un libro detto "Profeti", che comprende i tre grandi profeti, cioè Isaia, Geremia e Ezechiele, che sono detti grandi perché di loro ci è pervenuto un materiale più ampio; poi ci sono i cosiddetti profeti minori, chiamati così nella tradizione occidentale o cristiana, mentre noi li chiamiamo "i dodici profeti". Minori nel senso che hanno scritto meno, o ci è pervenuto meno materiale attribuito a loro.
Tra i dodici profeti, allora, il nostro Malachia è l'ultimo ad esserci pervenuto.
Vorrei attirare la vostra attenzione su un altro problema: come mai, dopo Malachia, la tradizione profetica si è interrotta? Come mai dopo di lui nessuno è più stato considerato e riconosciuto profeta?
Noi riteniamo che con l'insegnamento dei profeti, unito all'insegnamento di tutto il resto del testo biblico, l'insegnamento biblico si è così esaurito, nel senso che Dio ci ha presentato il materiale, che a noi sta elaborare, studiare. Non c'è bisogno di aggiungere altro, perché il messaggio è completo.
Per cui se si presentasse un profeta oggi, anche se ci presentasse delle prove, noi Ebrei non ci lasceremmo affascinare, perché riteniamo che tutto l'insegnamento necessario ci è già stato dato.
Malachia presenta alcuni problemi di interpretazione, non tanto sul testo che ci ha lasciato, che consta solo di tre capitoli, ma per altri aspetti.
Il testo comincia così: "Messaggio della Parola di Dio verso Israele per mezzo di Malachì"
La parola iniziale, massà, può essere tradotta come messaggio o anche come "emissione di voce". Massà viene dalla radice nassà, che vuol dire "alzare, sollevare", nel senso di alzare la voce, prendere a parlare. Questa parola si trova anche presso altri profeti, ma è rarissima.
Il nome Malachì sembra un nome di persona, ma malàch, in ebraico, significa angelo, ma non angelo con le ali, angelo nel senso greco: inviato. Inviato da parte di qualcuno per compiere una certa missione. Quindi potrebbe essere interpretato così: "per mezzo del mio inviato". Per cui Malachì non sarebbe un nome di persona, ma la sua attribuzione: costui trasmette a noi questo messaggio, presentandosi come inviato da Dio. Qualcuno però dice che Malachì è un nome proprio.
Se non sbaglio, la Vulgata traduce "il suo inviato", cioè come se fosse malachò e non malachì. E io credo che sia giusto anche questo.
Non abbiamo alcuna indicazione su questo profeta: dove abitava, che professione faceva, ecc. Sul piano personale non sappiamo nulla e questo fa pensare che questo profeta sia come staccato da tutti gli altri profeti, anche se, in realtà, è contemporaneo di Haggài e di Zaccaria, ma il suo modo di parlare ha delle diversità. Per cui probabilmente è più tardo.
Bisogna anche tener conto del dato geografico, nel senso che il linguaggio varia anche a seconda della zona in cui si parla.
L'unica cosa che riusciamo a capire è che ci troviamo in periodo persiano; infatti Malachia rimprovera gli Ebrei che offrono dei sacrifici e formalmente fanno quello che si deve fare, però dal punto di vista spirituale non si comportano bene e offrono sacrifici scadenti, mentre si dovrebbe scegliere l'animale migliore. Malachia dice: "Presenta un sacrificio così al tuo pascià"; qui compare un termine persiano: pechà. E ciò fa pensare che Malachia viva nel periodo persiano.
Sapete che gli Ebrei erano stati deportati in Babilonia da Nabucodonosor re dei Babilonesi nel 586 a.E.v. e dopo 70 anni circa arriva Ciro re di Persia, che sconfigge babilonia e il suo regno fa crollare l'impero babilonese. Del resto la stessa cosa era accaduta precedentemente, quando gli Assiri sconfiggono i Sumeri, e poi i Babilonesi sconfiggono i Sumeri e, a loro volta, i Babilonesi crollano sotto i colpi dell'impero persiano. Cambia la prospettiva e comandano i persiani. Mi riferisco però solo alla potenza orientale, cioè quelli che abitano dal Mediterraneo fino verso al confine con l'India, cioè attualmente Israele, Siria, Giordania, Iraq, Iran; dall'altra parte c'è la potenza dell'Egitto, nel confine Africano. Tutta la storia del Medio Oriente è condensata in un grande conflitto, che coinvolge queste due grandi potenze contrapposte, che per millenni si scontrano per il potere sul Medio Oriente, con vicende alterne.
Se voi pensate, anche oggi l'Egitto ha delle visioni diametralmente opposte a quelle dei siriani, degli iracheni, ecc. C'è stato il tentativo, qualche decennio fa, di creare la Rau, cioè la Repubblica araba unita, formata da Siria ed Egitto, ma è durata una settimana, perché sono etnie diverse. L'Egitto per millenni ha pensato che le zone che ci interessano, Palestina, Siria, ecc, fossero un loro possedimento e in Oriente hanno sempre cercato di sconfiggere l'Egitto e di debordare nel territorio africano. Questa cosa è durata millenni.
Orbene, cade l'impero babilonese, viene sostituito dall'impero persiano e Ciro, re di Persia, ha una visione politica completamente diversa da quella dei babilonesi. I babilonesi pensavano di sottomettere le popolazioni, per creare un grande impero, imponendo la loro dottrina, i loro costumi, la loro religione; volevano fare un grande impero unitario da tutti i punti di vista.
Invece a Ciro interessa sì avere un rande impero, del quale essere il sovrano, ma lascia che ogni realtà abbia le sue usanze, la sua lingua, la sua cultura, la sua religione. L'unica cosa è riconoscere di appartenere al grande impero persiano, pagando le tasse.
In fondo pagare le tasse a un grande impero, dà più prestigio che pagarle a un governo di un paese minuscolo senza importanza.
Dunque Ciro invita gli Ebrei a ritornare alla loro patria, per ricostituire una entità politica, libera fino a un certo punto, sotto l'egida del grande impero persiano; in più promette aiuti per ricostruire Gerusalemme e il suo santuario. Ciò che chiede è che riconoscano la sua autorità, attraverso un suo governatore che riscuoteva le tasse. Solo che gli Ebrei che hanno risposto a questo invito erano solo il 10% della popolazione, perché, dopo 70 anni, erano ormai inseriti nelle terre dove erano stati deportati.
Così si è creata questa dicotomia, per la prima volta nella storia, all'interno del popolo ebraico. Addirittura si crea una specie di rivalità fra le due comunità: quella che è rimasta a Babilonia e quella tornata a Gerusalemme.
Gli Ebrei ritornati a Gerusalemme ricostruiscono il tempio, dove ritornano a fare i sacrifici, perché la situazione era tornata alla normalità, dal punto di vista culturale e cultuale. Questa è la situazione in cui viene a trovarsi il nostro profeta Malachia; siamo circa 510-520 anni prima dell'Era volgare. Nel 586 erano stati deportati; nel 500 tornano e nello spazio di 10-15 anni hanno ripristinato questa situazione.
Il profeta si lamenta e rimprovera aspramente i suoi contemporanei, perché non si comportano bene e ce l'ha con tutti. Ce l'ha col popolo ebraico, il quale formalmente mette in pratica le disposizioni, ma lo spirito è quello che li spinge a fare le cose il minimo indispensabile. Questo è un vizio che riguarda tutti, anche noi. Non siamo stati capaci, fino ad oggi, a mettere in pratica quelli che sono i principi fondamentali della religione; formalmente va tutto bene: la Chiesa ha il suo papa, gli Ebrei hanno i loro rabbini, poi ci sono i muftì e così via. Ma che le cose vadano così bene, dopo millenni di monoteismo ebraico, cristiano e musulmano non si può certo dire, basta guardarsi attorno.
Chi era dunque Malachia?
I nostri maestri erano molto bravi a formulare delle ipotesi e lo fanno per stimolare la nostra riflessione in modo provocatorio. Qualcuno dice che Malachì era l'inviato di Dio, ma in realtà non era altri che Ezra. Chi era Ezra? C'è un libro biblico chiamato Ezra. La storia ci dice che quando gli Ebrei son tornati dall'esilio babilonese, erano guidati da due personaggi: Ezra e Neemia. Ezra può essere considerato, in qualche modo, l'inventore dell'ebraismo. Non prendetemi alla lettera, però!
Dico questo nel senso, che fino al ritorno degli Ebrei dall'esilio babilonese, essi avevano una auto consapevolezza di sé che era molto generica. L'Ebreo normale, dai tempi dell'Egitto in poi, aveva una visione generica: noi siamo monoteisti, mentre tutti gli altri sono pagani. Tutto qui. Sì, abbiamo una legge, un Dio unico, ma nessuno voleva approfondire più di tanto.
Bene, Ezra riporta il popolo nella terra e si accorge che è necessario, a questo punto, riuscire a capire bene, a conoscere a fondo, qual è l'identità degli Ebrei. L'impatto col mondo esterno, nella deportazione in Babilonia, era stato molto forte e la gente cominciava a farsi delle domande.
Ezra dice che è necessario ripristinare la cultura del popolo ebraico, in tante direzioni. Innanzi tutto i testi sacri. C'è il Pentateuco, che offre delle leggi ed è indiscutibile, ma ci sono altri libri che circolano; ma quali sono quelli che veramente contano? Allora Ezra istituisce un organo, che chiama "la Grande Assemblea - knesset hagghedolà" - col compito di decidere quali sono i testi sacri e quali no.
Altra cosa che fa. Gli Ebrei avevano dimenticato la lingua, sia dal punto di vista del parlato che della scrittura; non sapevano nemmeno più leggere. Ezra impone di riprendere l'ebraico come lingua ufficiale. Già queste erano cose difficili, ma ce n'erano anche di più difficili. Fra le persone che erano ritornate da Babilonia, come si poteva sapere chi erano i veri ebrei e chi no? In più molti di loro si erano portati dietro le mogli babilonesi e quindi pagane, coi rispettivi figli. Ezra cerca, senza riuscirci, di ripristinare una unità dal punto di vista dell'etnia e chiede che tutti quelli che sono tornati in Israele con mogli babilonesi, le rimandino a casa, perché non sono ebree e inquinano il monoteismo ebraico.
Ezra ha tentato, ma su questo non è riuscito. Lo stesso valga per i sacerdoti: chi erano gli ebrei di famiglia sacerdotale?
Uno degli argomenti che Malachia sottolinea è che gli Ebrei sono rimproverati per il tradimento nei confronti delle loro mogli. Vuol dire che il problema del rapporto tra uomo e donna era molto sentito da Malachia, così come lo aveva sentito Ezra. Ma pensate: alcuni saranno certamente partiti per Babilonia con la moglie ebrea e là ne hanno sposate altre pagane.
Ezra rimprovera aspramente i sacerdoti, che dovrebbero essere la casta più vicina a Dio. Lui definisce il sacerdote come quello che ha "nella bocca insegnamento di verità", mentre lui si accorge che i sacerdoti del suo tempo lasciano molto a desiderare, per usare un linguaggio molto soft.
Anche su questo punto c'è una forte analogia tra Malachia ed Ezra. Che fossero la stessa persona ho molti dubbi, che però ci fossero delle analogie sulla visione di come dovrebbero andare le cose, è fuori di dubbio.
Un'altra questione che troviamo nel libro di Malachia è quella degli stregoni, cioè quelli che approfittano di certe nozioni religiose che hanno, del fatto che sono sacerdoti, per mettersi in posizione superiore, mentre non celebravano il culto correttamente.
Malachia non parla mai della resurrezione di Israele dal punto di vista politico e della restaurazione di quello che era il nostro sogno di un governo guidato da uno della stirpe di Davide, che ripristini una vera indipendenza politica. Non ne parla, perché non era molto conveniente, per non disturbare le autorità costituite.
Leggo l'inizio del cap. 3: "Ecco mando il mio messaggero - malachì - il quale sgombra la via davanti a me; subito viene nel suo tempio il Signore che voi bramate". Sta preconizzando l'avvento di un inviato di Dio, che dovrebbe ripristinare le cose. Non parla del Messia, ma dice che si dovrebbe verificare un altro intervento di Dio, che dovrebbe cambiare la situazione.
Mi voglio soffermare un po' più a lungo su un altro tema.
Leggo Malachia 3, 13: "Le vostre parole riguardo a me sono dure, dice l'Eterno: voi dite: Che cosa abbiamo detto tra noi riguardo a te? Avete detto: E' cosa vana servire Dio e che guadagno abbiamo, se osserviamo i suoi ordini, se procediamo con sottomissione di fronte all'Eterno delle schiere?". E continua ancora: "E ora noi dichiariamo felici i malvagi e gli operatori di iniquità sono stabilmente fondati, essi mettono alla prova Dio e sono salvi".
Il concetto della gente è che i malvagi stanno bene, chi non osserva i suoi precetti non ha guai.
Questa è la situazione che il profeta vede, guardando al suo popolo. Ma aggiunge: "Sta per venire un giorno ardente come un forno, che brucerà tutto, né radici, né ramni resisteranno". Preconizza un'età nuova, senza entrare nei particolari.
L'ultima frase che volevo leggervi e che conclude l'insegnamento di Malachia è questa: "Ricordate l'insegnamento, la legge di Mosè mio servo, al quale ho dati ordini all'Oreb nei confronti di tutto Israele, dando loro dei decreti e delle leggi" e prosegue, con la cosa che fa più pensare: "Io vi mando il profeta Elia, prima che venga il giorno dell'Eterno grande e terribile".
Elia è uno dei grandi profeti, del quale si dice che non è morto, ma asceso in un carro. E' in attesa di venire ad annunciarci la venuta del Messia. Nella nostra tradizione, in modo molto confuso, si dice che il ritorno del Messia, sarà preceduto da una serie di sovvertimenti globali, che riguarderanno il genere umano, conflitti spaventosi tra nazioni, tra gruppi di nazioni e nelle famiglie. Il Messia arriverà quando l'umanità sarà scesa a un livello tale, che più in basso di così non si può scendere.
Il Messia verrà quando si faranno i matrimoni tra uomini o tra donne, quando non ci sarà più nessun rispetto verso la generazione precedente, quando si arriverà al punto di celebrare matrimoni tra esseri umani e animali. Ormai tutto è permesso. Allora si scatenerà l'ira di Dio, che cambierà le cose radicalmente e questo sarà il principio della resurrezione dell'umanità.
Guardate la profezia: "Ecco io vi mando il profeta Elia, prima che venga il giorno dell'Eterno grande e terribile", ma non dice quando. E poi non è chiaro se "chiaro e terribile" è riferito a giorno o a Eterno. E in questo giorno cosa farà Dio? "Ricondurrà il cuore dei padri verso i figli e i cuori dei figli verso i padri, affinché io non venga e colpisca la terra in modo totale". Se non avvenisse questo, Dio sarebbe costretto a distruggere tutto.
Notate? Il cuore dei padri verso i figli; cioè sono i padri che devono imparare dai figli, dalla generazione che viene e non dalla generazione passata. I padri capiranno - il cuore è la sede del ragionamento - il modo di comportarsi dei figli. Sottolinea questo aspetto il profeta, invitando a ricordare la Legge di Mosè, prima che avvenga questo, perché se non ricordiamo, dice Dio, Lui è costretto a venire e a distruggere tutta l'umanità.
Terribili versetti, questi! Con una minaccia pesante da parte di Dio. Vedete che è un profeta che si legge malvolentieri, anche perché la situazione che presenta, è molto vicina alla nostra, che viviamo oggi.
E' interessante notare che il Messia, l'era messianica, non verrà con una progressione dell'uomo verso il bene, ma verso il male. Siamo indirizzati verso una situazione negativa e se continua così, dobbiamo aspettarci un intervento di Dio, come è intervenuto al tempo del diluvio. E credo che interverrà sempre spinto dallo stesso spirito di amore, col quale ha creato il mondo, per ripristinare una situazione positiva.
Un particolare: nel versetto prima citato "Ricordate", la zain di zicrù,è scritta più grande delle altre lettere, circa il doppio più grande. Qualcuno può pensare che sia stato un errore del copista, o altra ipotesi, è che questa frase è stata aggiunta dopo, non fa parte del profeta Malachia e costituisce la conclusione di un insegnamento globale e non necessariamente di Malachia.
Oppure la lettera zain , con cui inizia la parola ricordo e il verbo ricordare, è più grande per indicarci che dobbiamo ricordare gli interventi di Dio sulla storia dell'uomo. Se consideriamo la storia a larghissime maglie, millenni per millenni, vediamo che sono successe cose che razionalmente non dovevano succedere e questo può essere una prova che Dio, quando Lui lo ritiene opportuno, interviene.
La zain potrebbe esprimere qualcosa col suo valore numerico 7, per es. rimandando ai sette giorni della creazione, come se il profeta volesse dirci di ricordare che Dio è al principio di tutto e di ricordare la sua Legge.


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