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Malchì-zédek
(Rav Luciano Meir Caro)


Si può parlare di questo personaggio, Malchì-zédek, da diverse angolature: quella ebraica, sulla quale io mi vorrei fermare, anche perché del resto non mi intendo un gran che, ma anche quella mistica e mitica, poi entrata anche nella dottrina cristiana, ma non solo in quella, che attribuisce a questa figura dei valori, ma non sono io l'esperto che possa parlarvi di questo.
Chi era questo Malchì-zédek? Primo problema. Era una personaggio? O si tratta di un attributo? Infatti la parola ebraica è costituita da due elementi: malchì, cioè "il mio re" e zédek, che vuol dire "giustizia". Perciò abbiamo il termine "il mio re (è) giustizia". Quindi potrebbe essere anche un attributo di una persona qualsiasi, chiamato così perché era un sovrano, un'autorità, particolarmente noto per la sua giustizia. Quindi Malchì-zédek non sarebbe il suo proprio nome, ma semplicemente un attributo.

Nelle fonti ebraiche principali lo troviamo in un salmo, il 110, ma anche nel libro della Genesi. Se ci fermiamo soprattutto sul salmo, dobbiamo dire innanzi tutto, che parlare di questo personaggio a partire dal salmo, non è corretto, perché si tratta di un salmo particolarmente complesso. E non è onesto arrivare a conclusioni, per la difficoltà del testo.
Traduco velocemente questo salmo 110:
"Così dice l'Eterno rivolto al mio Signore:
Sta seduto alla mia destra fino a che renderò sottoposti a te i tuoi nemici.
Il Signore manderà da Ziòn lo scettro che simboleggia la tua forza.
Domina con esso sui tuoi nemici.
Il tuo popolo accorrerà volontario quando dovrai combattere nel luogo santo.
I giovani saranno freschi in tuo favore, come rugiada che esce dal grembo dell'alba.
Il Signore ha giurato e non cambierà idea.
Tu rivestirai la tua funzione in eterno, perché tu come re sei giusto.
Il Signore sta alla tua destra. Nel giorno del suo furore trafiggerà i tuoi nemici.
Farà giustizia delle genti e sul campo di battaglia trafiggerà teste in vasta terra.
Il re potrà bere da un torrente durante la via, perché potrà tenere la testa alta".
Vi ho letto questa traduzione, ma vi posso dire che poteri proporvene almeno altre due completamente differenti.
Se dovessimo condensare ciò che possiamo ricavare da questo salmo, sembra che si stia parlando di un re che, in qualche modo, riuscirà a prevalere sui suoi nemici. Poi ci sono dei particolari, come "sedere alla destra", che vuol dire essere il braccio destro di qualcuno.
L'autore del salmo si rivolge al "mio signore"; ma non nel senso di Dio; si tratta di un'autorità. "Fino a quando porrò i tuoi nemici pavimento per i tuoi piedi". Qui possiamo elaborare tutte le teorie possibili, ma io penso che la cosa migliore sia avere l'umiltà di dire: "Io non capisco".
Le parole in sé non sono particolarmente difficili; è il metterle insieme, il complesso che diventa difficile.
Questo salmo si applica a tanti personaggi diversi: Abramo, Gesù, ecc. A me sembra che tutta la violenza che emerge dal testo non sia confacente a Gesù. Io, che non sono cristiano, faccio fatica a trovare una connessione tra la violenza e la dottrina di Gesù; piuttosto io vedrei un certo intervento anche forte non per ammazzare, ma per convertire. Ma non so.
Volevo dirvi di fare attenzione alle traduzioni, perché il testo di questo salmo è molto difficile.
Tra le ipotesi formulate, qualcuno dice che qui si sta parlando del Messia e dei tempi messianici, in cui i violenti saranno eliminati. Io non ce lo vedo. Ma, ripeto, è una mia opinione.
Qualcuno pone questo salmo in collegamento con gli Asmonei, cioè la guerra del popolo ebraico contro i Siriani, circa 200 anni prima dell'Era volgare. Guerra che poi ha dato origine alla festa di Hannukà. C'è stato un re, che ha riportato la giustizia uccidendo tutti i nemici e questo re viene collegato in qualche modo al sacerdozio. In realtà nel salmo 110 non si parla di sacerdozio, ma se ne parla in un altro passo, altrettanto difficile.
Siamo al capitolo 14 della Genesi, che nello stile letterario della Bibbia, sta parlando di Abramo, i suoi problemi familiari e con un'interruzione, ci fa entrare in problematica più ampie, di carattere, diciamo, internazionale. Racconta, infatti, che ai tempi di alcuni re: Amrafèl, re di Shinàr, di Ariòc, re di Elasà, Chedorlaomer re di Elàm e Tidàl, re delle nazioni, questi hanno fatto la guerra contro altri re: Berà, re di Sodoma, Birshà re di Gomorra, Shinàb re di Admà e Shemeber re di Zeboìm. Il testo poi specifica che "Bela corrisponde a Zoar". Se la Torah ci dice questo, sarebbe il caso di approfondire.

Comunque, qualcuno dice che il primo re citato, Amrafél, secondo qualcuno evocherebbe la figura di Ammurabi, ma io non ci credo.
Tutti questi re fanno una battaglia presso il Mar Morto. Fanno specie tutte queste annotazioni geografiche. Qualcuno dice che esiste una geografia della profezia, nel testo biblico, cioè qualche volta il testo biblico ci racconta delle storie lasciandoci all'oscuro di ogni connotazione geografica; altre volte, invece, si diffonde nell'elargire tanti nomi, che però a noi lettori dicono poco o niente. E ci domandiamo come mai un testo così telegrafico, come è la Torah, in questo caso, per es., si mette a sottilizzare sui nomi sconosciuto di questi re.
Fra l'altro il testo parla anche di pozzi  di un qualche materiale, chemàr in ebraico, che sembra essere un materiale infiammabile presente proprio in questa zona, nei pressi di Sodoma. E allora potrebbe esserci una spiegazione alla catastrofe di Sodoma, dove le eruzioni di questo tipo di materiale, somigliante al petrolio, hanno provocato la devastazione della zona. Ma sono tutti interessi marginali.

Torniamo al racconto di questa guerra tra i re. Nel corso di questa guerra viene catturato Lot, nipote di Abramo, che appunto si era stanziato a Sodoma, allorché si era separato dallo zio. Invece di raccontarci il motivo della guerra, il testo ci tiene a ripetere che Lot abitava a Sodoma, cosa che ci era già stata detta in precedenza.
Comunque uno scampato da questa battaglia, un profugo, si reca da Abramo, l'Ebreo, e racconta il fatto. Da notare che qui viene adoperata per la prima volta questa espressione - ivrì - che noi traduciamo "ebreo", ma erroneamente. Questa parola, nel testo biblico, si usa solo ed esclusivamente quando c'è un rapporto tra i cosiddetti ebrei e i popoli stranieri. Quando Abramo o un suo discendente vuole definire se stesso, come ebreo, dice, appunto, "Sono un ivrì". Quando degli stranieri vogliono identificare Abramo, lo chiamano ivrì. Ma quando degli ebrei parlano tra loro, non usano mai questa espressione, non viene mai loro in mente di chiamarsi "gli Ivrì".
Faccio un esempio. Io vado in Cina e voglio definirmi davanti ai Cinesi, dico "Sono un Europeo"; non dico nemmeno che sono un Italiano, perché forse non capiscono bene di cosa parlo. Quando parlo a un europeo, invece, specifico meglio e dico: "Sono un Italiano, o un torinese".
Allora, questo scampato dalla battaglia viene da Abramo e si rivolge a lui, l'Ivrì. Qualcuno dice che si tratta di Ever, discendente di Noè; ma secondo me non tiene. Qualcuno invece fa riferimento alla radice ayin, bet, resh, e al suo significato di "passare, attraversare", ma adesso la critica ha fatto passi nuovi. Ma su questo possiamo parlare in un'altra occasione.
Questo tale, allora, viene da Abramo e racconta quanto è successo. Abramo abitava nei querceti di Mamré, l'Emoreo, che era fratello di Escol, fratello di Anèr, che erano alleati, amici di Abramo. Tutto questo lo capiamo adesso. Abramo, sentendo che era stato catturato suo fratello - chiama fratello Lot, che era suo nipote - raccoglie un gruppo di persone in numero di 318 e insegue coloro che avevano catturato Lot fino a Dan. Ma cosa ci importa questo?
Il testo dice che questo gruppo si divide nella notte e insegue i nemici fino a Chovà, che è alla sinistra di Damasco. Abramo riporta tutto il bottino e anche Lot, con le donne.
A questo punto il re di Sodoma esce incontro ad Abramo, dopo che lui aveva sconfitto l'esercito di Chedorlaomer, ma il testo si perde e continua con un altro discorso. A questo punto compare Malchì-zedek. Dice il testo che Malchì-Zédek, re di Shalém, tira fuori cibo e vino e lui era sacerdote al Dio eccelso e lo benedisse e disse: "Sia benedetto Abramo dal Dio eccelso, che possiede il cielo e la terra e sia benedetto il Dio eccelso che ha consegnato i tuoi nemici nelle tue mani". E continua: "E gli diede una decima di tutto".
Ho tradotto in fretta, ma più o meno il testo è questo.
Allora, la parola Shalém, per esempio: cosa significa. E' un aggettivo, che vuole dire "integro", da cui shalòm. Ma Shalém può essere anche una prima denominazione di Gerusalemme, che si chiamava prima Shalém e poi è stata chiamata Yerushalém o Yerushalaim. Quindi potrebbe essere che questo Malchì-zédek, re di Gerusalemme, era un sacerdote al Dio eccelso. Oppure possiamo tradurre allegramente: "Malchì-zédek, un re di giustizia, che era un re integro, gli porta del pane e lo benedice".
E chi è il soggetto della frase: "Gli diede una decima di tutto"? Abramo o Melchì-zédek.
E poi dobbiamo chiederci cosa centra il sacerdozio qui? Sappiamo che i cohanìm erano i figli di Aronne, che prestavano servizio nel santuario; ma qui siamo in un periodo precedente. Qui si parla di un Dio eccelso; è il Dio del monoteismo o è uno dei tanti dei delle divinità cananaiche? Sembra che si parli di un monoteismo a Gerusalemme, ma ai tempi di Abramo e questo non ci risulta affatto.
Poi il testo va avanti e torna sulla figura del re di Sodoma. "Il re di Sodoma dice ad Abramo: Dammi le persone e tieniti il bottino". Vuole indietro i prigionieri, secondo una legge di guerra. Ma Abramo risponde: "Ho giurato all'Eterno, padrone del cielo e della terra, che non mi approprierò né di un filo né di un laccio di scarpe e non prenderò niente di quello che ti appartiene". Qui Abramo usa il Nome di Dio, il Tetragramma e dice che non vuole nulla, nemmeno la cosa del minor valore possibile, perché il re di Sodoma non dica di aver arricchito Abramo.
Leggetevelo voi con calma.
Intanto possiamo notare che qui è la prima volta che compare Gerusalemme. Ma poi viene da chiederci come si possa pensare a un Dio superiore a Gerusalemme o da qualsiasi altra parte.
Tenete conto che si sta parlando di una coalizione di re, fra cui i re di Sodoma e di Gomorra, le città considerate la quintessenza dell'immoralità. Ed è possibile pensare che il re di Gerusalemme facesse parte di una tale coalizione? Oppure un re qualsiasi, non di Gerusalemme, che era una persona integra. Come fa un re di tale fatta a stare in mezzo a re iniqui e immorali?
Insomma, c'è una quantità di difficoltà.
Anche nel salmo 73 si parla di Shalém, e qui sembra chiaro che si tratti di Gerusalemme, però shalém è un aggettivo e anche un nome.
Cosa impariamo da tutta questa storia? Non lo so. Forse il testo si vuole riferire a un periodo storico in cui a Gerusalemme c'era una forma di culto simile al monoteismo fin dai tempi più antichi, prima di Abramo. C'era sì il paganesimo, ma ugualmente c'era una divinità che stava al di sopra delle altre. E quindi questo Machì-zédek era un cohen di questa divinità. Quindi questo testo potrebbe servire alla polemica in favore del sacerdozio nato a Gerusalemme, proprio per affermare che i veri sacerdoti, fin dai tempi di Abramo, quando ancora non c'era il tempio, vengono da Gerusalemme.
E torniamo al tema della decima. Forse anche questo potrebbe essere un argomento a favore della tesi del sacerdozio di Gerusalemme, perché in questo modo anche l'istituzione della decima pare nascere già al tempo di Abramo, quindi pre-israelitica, prima della Torah.
I nostri midrashìm, che hanno lo scopo di sollecitarci a pensare, dicono tantissime cose, proprio per aiutarci a trovare sempre nuove spiegazioni. A questo riguardo, per esempio, ci dicono che questo Malchì-zédek non era altri che Abramo stesso, in qualche modo antesignano di una forma di sacerdozio antico. Questa roba non sta in piedi. E dunque sarebbe come se Abramo stesse vivendo una specie di riflessione con se stesso, quasi intuendo il sacerdozio. Come se Abramo dicesse di avere una forma di premonizione che a Gerusalemme ci sarà il culto del Dio supremo, il creatore del cielo e della terra. Insomma,una forma di rappresentazione onirica o pre-profetica. Ma tutto questo non ha basi sul testo biblico.
Qualcun altro invece dice che questo Malchì-zédek è Shem, il figlio di Noè. Ma come possono tirar fuori cose del genere? C'è una tradizione antichissima, che non ha però fondamento razionale, secondo cui Noè aveva tre figli, Shem, Cam e Iafet. Shem era il migliore, tant'è vero che da lui discendono i semiti. Fra i tre, Cam era il peggiore, quello che aveva spiato il padre nudo. Ma tutto questo è invenzione. Secondo questa tradizione Shem è stato il primo ad avere delle intuizioni positive nel campo religioso.
Vi ricordate la storia di Isacco e Rebecca? Il testo ci racconta, con falsa ingenuità, che Rebecca era sterile, così come anche la moglie di Abramo e la moglie di Giacobbe, Rachele. Così Isacco e Rebecca si mettono a pregare, uno di fronte all'altra e Dio li ascolta; Rebecca resta incinta. Dice il testo che i figli facevano delle scorribande dentro di lei, cioè si muovevano. Allora dice: "Se è così, perché questo, io?". Non so cosa significhi. Probabilmente si sta chiedendo il perché le stia succedendo questo e così andò a interpellare l'Eterno, che le dice: "Due nazioni sono nel tuo ventre e due popoli usciranno (si separeranno) dalle tue viscere e una nazione sarà più potente dell'altra nazione e il grande servirà il giovane". Noi riusciamo a intuire il significato di questa parola, perché sappiamo come vanno a finire le cose, ma probabilmente Rebecca non poté capire. E quel "dalle tue viscere" cosa vuol dire? Che uscendo dalle viscere di lei, si separeranno due popoli, oppure che fin dalle sue viscere questi due popoli vivranno una separazione tra di loro. Poi il testo va avanti e dice che nacquero due gemelli; ma Rebecca non l'aveva capito. E' caratteristico del testo biblico, del resto, che quando un tale pone delle domande a Dio, forse un po' inopportune, Dio risponde la verità, ma in forma tale che la persona non capisce.
Ma i maestri si chiedono dove fosse andata Rebecca a interrogare Dio. Forse esisteva un santuario? La risposta provocatoria è che lei sia andata all'accademia di Sem. Esisteva, cioè, un'accademia di studio, fondata da Sem, dove si andava quando uno aveva delle domande da porre a Dio. C'era questa personificazione, perché Sem era stato il primo a capire che bisognava avere un rapporto con Dio, un rapporto di studio anche.
Ecco perché qualcuno dice che questo nostro Malchì-zédek non era altri che Sem.
Sem abitava a Gerusalemme, ombelico del mondo. Tutto questo è bello, ma è inventato!
Torniamo alla denominazione data a Malchì-zédek, chiamato melek Shalém. Se prendiamo la parola Shalém, vediamo che è formata dalle lettere shin, lamed e mem. Shin e mem, la prima e la terza lettera, formano insieme il nome di Shem. Quindi sarebbe qui adombrato questo nome.
La lamed è stata messa in più per turbarci, perché non fosse troppo facile capire; la Torah vuole che noi studiamo e approfondiamo.
Ci sono anche altri passi in cui di riconosce il nome e il cognome delle persone, ma è detto in forma tale, che non ci si pensa nemmeno.
Io però qui non dico che sia così; può essere, ma non ne siamo certi.
Il problema rimane. Come identificare questo personaggio? Chi era questo Malchì-zédek?
Ancora una cosa.
Nel profeta Zaccaria, al cap. 2, c'è una profezia stranissima, che il profeta ci propone, ma che dovremmo avere la modestia di dire che non riusciamo a capire.
Allora, qui il profeta dice: "Ho alzato i miei occhi e ho visto ed ecco quattro corna".
(Era uno che aveva due mogli? No! Ho sbagliato!)  ;-))
"Ho detto al messaggero che parlava dentro di me: Cosa sono?". E' caratteristico dei profeti: vedono una visione e non capiscono e allora chiedono a Dio. Vi ricordate Geremia, per es. con la profezia della pentola?
Qui l'angelo, l'intermediario di Dio, risponde a Zaccaria: "Questi sono i corni che hanno disperso Iehudà, Israél e Gerusalemme". I corni che hanno fatto in modo che ci fosse la dispersione di Giuda, di Israele e Gerusalemme. Avete capito qualcosa? Cosa sono questi corni? Le potenze, forse? Gli imperi? Ma è tutto inventato, perché corno vuol dire corno.
E va avanti: "E Dio mi mostrò un'altra visione, mi fece vedere quattro artigiani". Traduco artigiani, ma il termine indica piuttosto gente che lavora materialmente il materiale; non so come chiamarli. Forse operai specializzati. "E io dissi: Cosa vengono a fare costoro?". Cosa centra? Prima ha visto le corna e poi vede quattro operai e la risposta è: "Questi sono le corna che hanno disperso Iehuda e ognuno secondo quello che si merita e sono venuti questi per spaventarli e per operare sulle corna delle nazioni che portano il corno nella terra di Giuda per disperderla".
Ho tradotto parola per parola e son convinto che non avete capito niente, ma nemmeno io ho capito niente. Vedete che sono due profezie; una riguarda le corna e l'altra riguarda degli operai, che sono collegati con queste corna e sono venuti per disperdere.
Qualcuno dice che questi sono degli strumenti mandati da Dio forse per realizzare la punizione di Gerusalemme o di Giuda. Qualcuno dice che uno di questi quattro era Malchì-zédek. Ma come si fa a dare per scontata una cosa del genere?

Un'altra cosa vorrei dire. Nei rotoli di Qumran appare diverse volte questo Makchì-zédek. Sembra di leggere che questo personaggio voglia indicare l'angelo della luce, il portatore di luce.
Sapete che uno dei testi più importanti ritrovati a Qumran è quello che va sotto il nome di "guerra dei figli della luce contro i figli dell'oscurità". Parlando della luce, viene attribuita la sorgente della luce a Malchì-zédek.
Ancora, in campo ebraico, Filone Alessandrino, siamo nei primi decenni dell'Era volgare, parla di questo personaggio e dice che Malchì-zédek è una figura cosmica, che raffigura il Logos, inteso come l'intermediazione attraverso la quale Dio ha creato il creato.
I filosofi si chiedono come possa Dio, che è puro spirito, aver creato la materia, che è il contrario dello spirito. Dov'è il confine tra spirito e materia? E se ha creato la materia, c'è un confine tra Dio e il creato; c'è la materia, che è una cosa e c'è lo spirito, che è un'altra cosa. Ma se è così, vuol dire che Dio ha dei confini, quindi è finito. Belle discussioni da salotto!
Comunque, secondo Filone, Dio ha creato la creazione per gradi; prima ha creato la Parola, il Logos, poi si è servito di questo per creare quello che esiste. E uno degli intermediari è Malchì-zédek, re della giustizia, o re integro, o re di Gerusalemme.
Finisco. Secondo le fonti ebraiche, c'è ancora Giuseppe Flavio, grande storico del I sec. dell'Era volgare, che ha scritto due opere fondamentali: Le antichità giudaiche e poi le Guerre giudaiche, cioè le guerre degli Ebrei contro i Romani.
Nella storia antica riprende il racconto di Abramo e dice che Malchì-zédek era il fondatore di Gerusalemme, basandosi, ovviamente su delle leggende.
Un'ultima cosa e poi vado via. Se noi studiamo il passo che abbiamo letto e lo interpretiamo in quel modo, cioè che Malcì-zédek era re di Gerusalemme ed era anche una specie di sacerdote di un Dio superiore, con un culto ed era chiamato con questo nome significativo, cioè "giustizia". Bene. Guardiamo la storia giudaica e scorriamo tutti i re che hanno regnato a Gerusalemme, fino alla soppressione operata dai babilonesi, 580 anni prima della venuta dell'Era volgare e l'ultimo re, con una storia molto complicata e brutta, si chiama Zidchì-yah, cioè Yah, Dio è la mia giustizia. Vedete, più o meno la stessa cosa. Mi fa pensare il fatto che il primo e l'ultimo re di Gerusalemme siano connotati da questa caratteristica comune del loro nome, in cui appare il termine giustizia.
Questo mi fa ricordare molti passi profetici, in particolare Isaia, con le sue invettive. E a un certo punto dice: "Zion sarà riscattata con la legge e quelli che vi tornano, con la giustizia".
Credo che si voglia sottolineare che l'essenza dell'esistenza di Gerusalemme è la giustizia. Il suo primo re connotato dalla giustizia, l'ultimo re allo stesso modo. Gerusalemme dovrebbe essere il simbolo della giustizia per gli Ebrei, ma anche per tutto il mondo.
Non può essere casuale questo accostamento tra il primo e l'ultimo re. Queste cose fanno pensare, perché il testo biblico contiene tutto, contiene dei messaggi che ci fanno pensare, ma che non siamo sempre in grado di capire.



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