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La morte e il male nell'ebraismo
(rav Luciano Meìr Caro)


Nel Deuteronomio troviamo: "Io pongo davanti a te la vita e il bene la morte e il male; tu scegli la vita". Il male qui è inteso nel senso dell'essere umano che contravviene a quello che Dio si aspettava da lui. Un altro tipo di male in cui si parla nel testo biblico riguarda degli eventi oggettivi, cioè ci sono delle realtà che sono male,come un terremoto, un'alluvione, le malattie. In questi casi non ci sono valutazioni strettamente morali; si dice che sono cattive di per sé, negative. Quindi c'è un male soggettivo, che è quello che compie l'uomo e un male oggettivo,invece legato alla nostra residenza in questo mondo. Il male che esiste in questo mondo è anch'esso creazione di Dio e non è in contrasto con la divinità. Si riporta costantemente un famoso versetto di Isaia 45, 5-6: "Io sono Dio e non c'è altro all'infuori di me; all'infuori di me non c'è divinità. Affinché sappiano dall'oriente all'occidente che non c'è nulla all'infuori di me … Dio forma la luce e le tenebre, fa la pace e crea il male. Io sono Dio, che faccio tutte queste cose". È interessante notare il tempo presente usato dal profeta: "Io faccio, io creo". Dio si muove nell'universo costantemente creando luce e oscurità, pace e male. Questo versetto di Isaia è stato collocato nella preghiera quotidiana del mattino che noi ebrei recitiamo: "Ti benediciamo, Signore, che hai formato la luce e creato l'oscurità", ma il resto si omette, perché queste parole potrebbero portare qualche persona non preparata a farsi un'opinione sbagliata. Quindi sembra di poter affermare che il male sia connaturato alla creazione e inserito da Dio nella creazione.
Cito un altro versetto: "Dio vide tutto quello che aveva fatto ed era molto buono". I maestri si domandano cosa vuol dire che il tutto è molto buono, mentre delle singole cose era stato detto che erano solo buone. Ci sono varie interpretazioni. Siccome la parola meod è simile alla parola mot, morte, qualcuno interpreta così: "Dio vide tutte le cose che aveva creato ed ecco tov mot", cioè vide che la morte era buona. Quello che c'è di buono nel creato è che non è eterno; tutto nasce, vive e poi muore. Qualcun altro dice che la parola meod ricorda la parola middà, cioè misura, quantità delimitata. Qualunque misura Dio applichi nei tuoi confronti, o uomo, devi ringraziarlo molto molto. Quindi compito dell'uomo non è valutare se quello che gli capita è buono o cattivo, , ma sempre ringraziare Dio, perché la sua misura è buona. Di qui i maestri hanno ricavato l'obbligo di ringraziare Dio mediante una benedizione, anche quando ci capita qualcosa di male. Anche davanti alla notizia della morte di qualcuno che amiamo, dobbiamo recitare: "Benedetto sei tu, Signore, che sei un giudice di verità".
Un altro insegnamento che i maestri ricavano è questo. Se il testo dicesse: "Dio vide ciò che aveva fatto ed ecco era buono", noi avremmo imparato che il versetto si riferiva all'istinto del bene; dicendo tov meòd, invece, si fa riferimento all'istinto cattivo. Tale istinti è già previsto nella creazione, perché noi siamo impastati di entrambe le pulsioni. Anche dall'istinto cattivo può nascere qualcosa di positivo. Ad esempio l'istinto per la vita. Se non ci fosse l'istinto cattivo nessuno si sposerebbe o avrebbe figli, perché ho dei figli per soddisfare un istinto proiettato al soddisfacimento di certe pulsioni che ho dentro. Quando mi muovo verso l'atto di avere dei figli, non sono animato dal pensiero di voler collaborare al mantenimento della specie, ma piuttosto a dare soddisfazione a pulsioni mie. Anche il commercio, che viene dal desiderio di arricchire, magari anche fregando gli altri, diventa molto positivo per lo sviluppo della società.
L'istinto cattivo può essere dominato dallo studio del testo biblico, il talmud Torà; facendo questo riusciamo a convogliare le forze negative in senso positivo.
Maimonide dice che ogni forma di sofferenza che capita al singolo uomo o alla collettività non è altro che una punizione di Dio, che è giustizia. Se ti capita qualcosa che non va, vuol dire che senz'altro te lo meriti, come dicevano gli amici di Giobbe.
Il Talmud dice che quando ci capitano delle sofferenze, dobbiamo indagare sul nostro operato; così facendo possiamo trovare una giustificazione. Se non la troviamo, allora significa che si tratta di punizioni che vengono dall'amore di Dio: Dio ci punisce perché ci ama. Quindi vanno accettate di buon grado, perché Lui ci tratta con grande amore.
Un altro punto di vista è quello che sostiene che il male è una forma didattica; Dio ci manda la sofferenza per insegnarci qualcosa.
Si racconta nel Talmud che Mosè salì al cielo e vide rabbì Achivà che insegnava e spiegava mirabilmente la Torà. Allora chiese a Dio di mostrargli il premio che rabbì Achivà avrebbe avuto, visto che aveva solo studiato, insegnato e condotto una vita adamantina. Mosè fu invitato a voltarsi e vide la carne di Achivà che veniva venduta nella piazza del mercato dai Romani che lo avevano torturato. Mosè disse: "Questa è la ricompensa?" e Dio replicò: "Taci, così è venuto in mente dinanzi a me". Si vuol dire che noi non abbiamo la capacità di giudicare ciò che è bene e ciò che è male?
Al cap. 36 dell'Esodo si parla dell'idolatria del popolo e della volontà di Dio di creare un altro popolo ebraico; Mosè non si rese conto che quella era una prova di Dio per lui, per vedere cosa avrebbe risposto. Mosè chiede di morire insieme al popolo e Dio decide di risparmiarlo. E quando Dio chiede a Mosè quello che vuole, lui risponde: "Voglio vedere la tua gloria", alla lettera: "Fammi conoscere, ti prego, le tue strade". Cosa vuol dire? Quali sono le strade di Dio? Derek vuol dire strada, ma anche conduzione, sentiero, la strada che si sta percorrendo e sembra che Mosè chiedesse a Dio: "Voglio sapere cosa succede nel mondo". Come funziona la giustizia nel mondo? Dio risponde: "L'uomo non può vedermi e vivere". Non so se voglia dire che se l'uomo vede queste cose, muore o se vuol dire che l'uomo non può capire queste cose finché è in vita. Ma siccome Dio si era esposto promettendo qualcosa, lo accontenta in parte e gli dice: "Ecco, c'è un posto con me; mettiti dritto sopra la roccia… farò passare la mia gloria davanti alla fenditura della roccia e scosterò per un istante la pietra, di modo che tu dalla fenditura abbia una visione temporanea immediata della gloria di Dio. Vedrai la mia parte posteriore, ma la mia parte anteriore non si può vedere". Questa visione ha causato una forma di mostruosità in Mosè, perché da quel momento è diventato luminoso e non poteva avere più relazioni con gli altri, che scappavano davanti a lui.
Noi uomini possiamo renderci conto delle cose solo dopo che sono capitate. Dio sembra dire all'uomo che se vuole valutare bene le cose, deve mettersi al posto di Dio, cioè stare in alto. L'uomo non può giudicare, Dio sì, perché ha una visione globale delle cose, vede il presente, il passato, il futuro. Siamo immersi in un mondo pieno di sofferenze, ma quale sia la motivazione di queste sofferenze non siamo in grado di comprenderlo e giudicarlo.
Un altro aneddoto bizzarro riferito dai maestri è questo. Si racconta della moglie di rabbì Caninà che chiese al marito di pregare perché gli venissero dati al presente alcuni dei beni riservati ai giusti del mondo avvenire, perché lui è un grande maestro. Egli pregò e gli fu gettata la gamba di una tavola d'oro. Lì per lì era molto contento, ma in seguito fece un sogno in cui nel mondo avvenire tutti stavano mangiando attorno a una tavola d'oro con tre gambe, ma la sua tavola aveva solo due gambe, visto che una gamba l'aveva già avuta in vita. Sua moglie gli chiese di pregare di nuovo e lui lo fece e la gamba gli fu ripresa. Cosa vuol dire questo raccontino? Che in questa vita e in quella futura ci è riservata una certa dose di cose piacevoli; se ce le mangiamo subito, non le abbiamo più. C'è  una domanda ricorrente: "Perché devono venire inflitte sofferenze ai giusti?". La risposta è questa: il vasaio non fa delle prove su vasi incrinati, perché basta che li batta una volta e subito si rompono, ma se prova vasi sani, può batterli molte volte senza che si rompano. Dio collauda dei pezzi buoni, i migliori; ecco perché Dio punirebbe i giusti in questi mondo più di quanto non punisca i malvagi.
Vorrei proiettarvi un istante, con molta leggerezza da parte mia, perché non sono esperto, su quello che sostiene la cabbalà. Il male trae origine nella stessa struttura dell'universo attraverso le sefiròt, le emanazioni divine, quasi degli intermediari fra Dio e il creato. Possono essere rappresentate o come un essere umano, col capo, che è la parte più vicina a Dio e poi giù giù fino ai piedi, o possono anche avere un'altra struttura, di destra e sinistra, ci sono le sefiròt che stanno a destra e quelle a sinistra. Tutto quello che avviene nel mondo deve essere regolato da un delicato equilibrio tra quello che sta a destra e quello che sta a sinistra nella creazione. Questo equilibrio è creato dal comportamento dell'uomo; se l'uomo segue Dio e si comporta secondo i suoi precetti, tutto funziona bene, se no l'equilibrio si rompe e la parte sinistra, che è il male, cerca di prevalere. L'inosservanza dei precetti fa scaturire il male, che la cabalà chiama "l'altro mistero" e che è come un parassita che agisce tramite i nostri peccati. La cabalà parte dal presupposto che nessun atto, nessun pensiero dell'uomo è irrilevante e ha le sue conseguenze sul futuro; può portare alla salvezza o alla distruzione dell'universo. Per la cabbalà Dio ha creato l'universo attraverso uno straordinario atto d'amore, facendo un'operazione chiamata tzim tzum, che vuol dire ritrarsi. Dio che è immensamente grande sul piano dello spazio e immensamente infinito sul piano del tempo, allo scopo di consentire l'esiste dell'universo ha operato un'autoriduzione; si è in qualche modo concentrato per lasciare spazio a noi. Ha proiettato nell'universo una parte di Sé, la luce, contenuta in dei vasi, che erano già stati progettati per non sopportare la pressione che derivava dall'interno; la luce che era energia, ha spezzato i vasi e i loro cocci hanno determinato l'esistenza dell'universo. Anche noi siamo i pezzi di quei contenitori. La funzione dell'uomo è quella di ricostruire i vasi attraverso il comportamento voluto da Dio, per riportare la luce alla sua origine. Tutte le volte che noi ci comportiamo secondo il volere di Dio, avviciniamo questi cocci per far tornare la luce alla primitiva sorgente; quando ci comportiamo male, invece, la luce si allontana. Ma la cabbalà sostiene che il bene prevarrà sicuramente, perché le forze del bene sono talmente potenti che riusciranno a dominare le forze del male. Questo è il concetto del messianesimo.
L'uomo avanza nella storia come un ribelle; è cammino fatto di avanzamenti e di ritirate. L'uomo tende, attraverso l'istinto cattivo, a sopprimere la vita, ma il male finisce, perché è talmente cattivo che finirà per autodistruggersi; non ha esistenza autonoma e non si sostiene con le proprie forze perché è un parassita. Il bene saprà mettere al proprio servizio anche le pulsioni negative dell'uomo.
Comunque noi non siamo in condizione di capire tutto e neanche di capire ciò che è bene e ciò che è male.
Il problema del male è stato posto nell'ebraismo soprattutto in riferimento alla shoà. Il male di tutte le shoòt della storia può essere visto come punizione degli ebrei che non si erano adeguati agli insegnamenti di Dio e anche dei no ebrei che hanno operato queste malefatte. C'è questa sollecitazione nella tradizione ebraica: Dio, arrivato a un certo punto, accompagna l'uomo dove vuole andare. Ad es. se decido di comportarmi bene, arrivato a un certo limite, è automatico che io sia accompagnato da Dio nel bene e lo stesso vale per il male. Così la shoà, che è stata la tragedia più grande e indescrivibile, aveva uno scopo? Qualcuno dice che è stata una punizione, qualcuno che è stata anche positiva perché forse senza di essa non ci sarebbe stata la ricostituzione dello Stato d'Israele. Io non sono d'accordo, perché le cose viste troppo da vicino, rischiano di essere troppo politicizzate.
La risposta a questi problemi è che Dio sta in alto e vede le cose dall'alto e noi non siamo in condizione di conoscere ciò che Lui vuol fare, come dice Qoelèt: Dio sta in cielo e tu sei sulla terra. Qualcuno invita ad immaginare solo teoricamente una creazione, l'esistenza di un universo solo a due dimensioni, la lunghezza e larghezza; bene, chi fosse immerso in questo universo, come potrebbe immaginare la terza dimensione? Noi sappiamo che c'è, ma in un mondo fatto solo a due dimensioni, è assolutamente inconcepibile immaginare una terza dimensione. Qualcuno contesta e dice che se noi siamo stati creati a immagine di Dio, quanto meno siamo capaci di accumulare dei problemi, a porci dei problemi. Non sappiamo le risposte, ma il problema è giusto che ce lo poniamo.


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