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L'ebraismo come movimento spirituale
(Rav Luciano Caro)


Non parlerò di "spiritualità ebraica", anche se il mio libro porta questo titolo, ma lo porta per caso e solo perche appartiene ad una collana in cui tutti i testi trattano di spiritualità: buddista, ebraica,ortodossa, ecc. Perciò voglio subito dire che non parlerò di "spiritualità ebraica", ma di "ebraismo come movimento spirituale". "Spiritualità" è una espressione puramente cristiana da cui tutti gli altri hanno preso a prestito: si parla di spiritualità teresiana, dei Padri, ecc. ecc., ma questa idea di spiritualità eminentemente astratta non è adeguata al concetto ebraico, perche nell'ebraismo dire "spirito" e "spirituale" è dire qualcosa di misto, di astratto e concreto, anzi meglio di concreto prima e astratto poi.
J.Heschel, uno dei nostri grandi pensatori di questo secolo, parla di "ordine spirituale". Nel suo libro "Dio alla ricerca dell'uomo" dice: "Il vivere ebraico - notate "vivere" cioè una realtà -  appartiene a un ordine spirituale. Esso possiede una logica spirituale tutta sua che non si arriva a comprendere senza viverla e senza apprezzarne i termini fondamentali. Israele - non lo Stato, ma il movimento - è un ordine spirituale in cui l'umano e il supremo, il materiale e il sacro si collegano in un patto duraturo in cui il legame con Dio non è soltanto un'aspirazione, ma una realtà del destino...". Non si tratta di una esperienza o di un credo, né del possesso di tratti psichici o dell'accettazione di una dottrina teologica, ma di un modo di vivere in una dimensione sacra e in un ordine spirituale. La sacralizzazione del quotidiano è l'Ebraismo ed ha come espressione le preghiere e le benedizioni, quindi non un concetto astratto di spiritualità che non esiste neppure come termine nel testo biblico ebraico. Nel testo si ha "ruah" che è spirito ed è da qui che l'ebraismo ha formato l'aggettivo "spirituale" e il sostantivo "spiritualità". La parola "ruah", spirito appare già in Genesi 1,3: "Lo spirito di Dio aleggia sulle acque"; non è usato il verbo al passato per dire che lo Spirito non aleggiava solo al principio, ma eternamente aleggia. E subito dopo inizia la creazione: "E disse Dio".
Lo spirito è perciò lo spirito di Dio, mentre il profeta è l'uomo dello spirito di Dio. E in tutto il testo biblico "ruah" è inteso anche in senso completamente materiale di soffio, vento, aria che respiriamo, ossigeno,  insomma qualcosa di materiale. Per cui ribadisco che lo spirito, in ebraico, non è solo una realtà astratta, ma anche materiale.

Subito dopo lo Spirito viene la Parola, che crea e le due cose vanno insieme. Lo si vede subito al capitolo 3, dopo che Adamo ha disubbidito nell'Eden la voce di Dia cerca Adamo: "Adamo, dove sei?". In quello stesso versetto la voce si ode attraverso la brezza, che è di nuovo "ruah". C'è questa unione di parola e spirito: lo spirito di Dio che crea e la parola che cerca Adamo.
La stessa cosa accade nella Rivelazione. La Rivelazione è voce di Dio. Lo Spirito rivela Dio all'uomo quando dice: "Abramo, va!" o quando chiama Mosè e i Profeti ed è questo contatto di Dio con l'uomo che dà inizio alla relazione Dio - uomo.
Ruah è creazione ed è parola che apre al dialogo; è evento, soffio di vita che è cosa materiale, che anima la polvere, fa vivere l'uomo.
C'è una interpretazione mistica della parola "Adamo" che è molto bella: se togliete la lettera A, alef in ebraico, resta "dam" che è sangue, cioè materia; con 1'alef diviene spirito e materia. L'alef iniziale è il numero uno, in ebraico ehad. Dio è Uno; uno è sinonimo di Dio. Se unisco la polvere con lo spirito di Dio, ho l'uomo che è a immagine di Dio. Ruah e tutti i concetti che ne derivano non sono fuori, ma dentro la stessa materialità e anzi forniscono alla stessa materialità il duplice significato corrente di materiale e spirituale.
La storia dell'ebraismo procede come movimento spirituale con quella dinamicità che è intrinseca alla parola stessa di movimento. I termini fondamentali che compongono questo movimento spirituale sono il tempo, inteso come tempo-ricordo e tempo-attesa, da cui procede il secondo termine che non è Dio, ma il rapporto Uomo-Dio e Dio-Uomo.
Se asseriamo che lo Spirito oscilla tra sacro e profano, il Tempo si inserisce in questa spiegazione in una forma duplice, che unisce all'idea più assoluta e spirituale di tempo, che è l'eternità quella di una realtà più concreta che è la storia.
L'esistenza del mondo e degli esseri avviene con la creazione del tempo, collocando così il tempo della creazione fra due "non-tempi". C'è una eternità che viene spezzata, nel mondo della creazione, con la parola. Con l'inizio dei giorni l'eternità resterà spezzata, sino alla fine dei giorni quando finirà il tempo e l'eternità si ricongiungerà al suo principio. Dio entra nella storia spezzando l'eternità e facendo questo Dio si condanna all'esilio dalla eternità ed entra nel tempo e nella storia, ma non entra solo, entra con l'uomo; allora, nel momento stesso in cui nasce il tempo, nasce anche la relazione di Dio con l'uomo. Quindi in questo spezzare l'eternità, Dio e l'uomo restano in attesa di ricongiungersi alla eternità, anelano al ricongiungimento di questi due poli: è l'attesa della fine dei giorni, la nostra attesa messianica. Levinàs dice: "L'attesa del Messia è la durata stessa del tempo".
L'inizio del mondo coincide con l'inizio del tempo. Abbiamo visto come spirito e parola vanno insieme, così tempo e parola vanno insieme, perché quando Dio parla, crea il mondo e il tempo. Tempo e parola sono una cosa sola. La creazione passa dalla eternità al tempo e i mistici dicono che Dio passa dal nulla, che è l'eternità all'io che è Dio solo spostando una lettera: da "ain" = nulla ad "anì"= io, cioè Dio.
Dio e 1'Umanità entrano insieme nel mondo e nel tempo, per cui insieme entrano sacro e profano, spirituale e materiale.

Uno scienziato, premio Nobel per la fisica, parlando del big-bang arriva alla stessa conclusione della mistica. Dice che il big-bang è un passaggio da uno stato di pre-universo ad uno stato di universo, una transizione dal "vuoto caotico", che era una fase di potenzialità, che è poi divenuta attuale. Allora possiamo dire che in un certo senso il tempo precede 1'universo: quando diciamo "in principio" diciamo prima della creazione del mondo. Come la musica, anche l'universo è tempo e come conclusione della creazione c'è la santificazione del tempo, la santificazione del settimo giorno, il sabato: ."...e lo santificò" (Gen 2,3). Da qui l'ebraismo ha fatto del Sabato e delle feste dei "Moadìm" cioè dei "tempi fissi per l'allegria" e sono i santuari del tempo.
Noi non abbiamo dei luoghi sacri al principio, ma dei tempi. La santificazione del luogo viene più tardi, in Esodo, nel deserto, quando si santificò l'arca.
Abbiamo, nel corso dell'anno, la santificazione del tempo attraverso una serie di feste che vanno dalla creazione alla redenzione.
C'è una frase molto semplice che diciamo nella festa di Pasqua, alla sera, nella celebrazione della grande festa e nella preghiera: "Ognuno di noi è presente nell'uscita dall'Egitto. Egli ci ha liberato...". Non diciamo: "Ha liberato loro", ma facciamo una trasposizione nel tempo, ci immedesimiamo nel tempo-ricordo vivendo l'uscita dall'Egitto. Ogni Ebreo, anche se poco credente, si sente davvero come all'uscita dall'Egitto, perché noi viviamo sempre questa realtà di pericolo, di persecuzione.
Il Sabato, che si vive solo a Gerusalemme in un'atmosfera speciale ed unica, in una specie di "spiritualità", è come un fermare il tempo. I sei giorni della settimana si vivono in attesa del sabato.
C'è un midrash molto bello di un dialogo fra alcuni ebrei e Dio, in cui gli chiedono: "Cosa ci darai di bello?" e Dio: "Vi darò il mondo futuro!". "Che cosa è il mondo futuro?" gli chiedono e Dio: "Il Sabato è un assaggio del mondo futuro". Perché il Sabato è già fuori dal tempo.
I mistici dicono che per il Sabato abbiamo bisogno di un'anima speciale, un'anima supplementare, che entra in noi all'entrata del Sabato ed esce da noi alla fine del Sabato, e siamo così tristi quando quest'anima ci lascia, che abbiamo bisogno di fare preghiere con spezie odorose per consolarci un po'.
Poi abbiamo le Feste.
Le feste di pellegrinaggio sono feste astronomiche, della natura. Iniziano con la Pasqua, che è festa di primavera, dell'orzo; poi c'è la Pentecoste, festa dell'estate, del grano; poi la festa di Succòth, delle capanne, dell'uva. Tutte queste sono anche feste del nostro cammino con Dio, perché la Pasqua è la festa della liberazione dall'Egitto, la Pentecoste è la festa della Rivelazione al Sinai, e Succòth è la festa della Redenzione dopo il peccato.  Prima di questa abbiamo altre due feste: il giorno di Capodanno e dieci giorni prima la festa della Espiazione, in cui ci prepariamo a ricevere la Redenzione, riconoscendo tutti i nostri peccati, vivendo giorni terribili di esame di coscienza, ma anche giorni di meraviglia, per quanto stiamo per ottenere attraverso la "Teshuvàh ", il pentimento.
Quindi il tempo corre sia attraverso le feste naturali che attraverso le tappe del nostro cammino con Dio.
Il tempo è un filo che sostiene la nostra esistenza, in cui facciamo esperienza del nostro rapporto Dio - uomo, rapporto fatto di terra, di vita quotidiana e di spirito. Perché, se Dio entra nella storia del mondo, viene a vivere "per" e "con" l'uomo, allo stesso modo l'uomo vive nella terra e per l'eternità, che è la nostra attesa messianica.
Noi non ci chiediamo mai chi è Dio, non ci interessa la teologia, non ci si domanda mai nulla, se si crede, ecc. Dio è e basta. Invece ci interessa la sua voce che è dentro di noi e che ci mette in relazione con lui.
"Sia la luce!": la Voce crea e Dio entra così in rapporto col mondo. Così Gen 3,9: "Adamo, dove sei?" e Gen 4,9: "Caino, dov'è tuo fratello Abele?". Dio parla subito all'uomo che ha creato libero, ma lo vuole richiamare alle sue responsabilità. Poi in Genesi 5 e 6 Dio si accorge che la libertà che ha dato all'uomo lo porta al male e decide di distruggerlo, ma vede che Noè è meno cattivo degli altri e allora decide di salvarlo di nuovo, anzi fa una promessa: "Io non distruggerò più il mondo!". Allora sceglie Abramo e gli dice: "Esci dalla tua terra e va..." e vuol dire: "Va in cerca di te stesso!!". E con Abramo va bene, perché Abramo ha una fede senza dubbi, una tale fede che tutte le religioni monoteistiche si riconoscono in Abramo.
Poi chiama Mosè per salvare il popolo oppresso e capisce che è venuto il momento di dare a questo popolo un regolamento, una disciplina, un insegnamento. Ed è da questa rivelazione che nasce la relazione con Dio, che non è teologia, ma vita, è camminare con Dio.
Dio ha creato il mondo con amore. La cabbalàh, la mistica ebraica, dice: Per esplicarsi l'amore ha bisogno di un partner, per questo Dio crea un partner che deve essere diverso da lui, altrimenti amerebbe se stesso.
Dio non è più solo dal sesto giorno della creazione, ma l'uomo non è solo sin dal primo giorno in cui nasce, perché Dio lo ama e lo crea proprio perché il mondo continui, la creazione si perfezioni e non venga più distrutta. E' soprattutto nel deserto che nasce questa spiritualità del darsi reciprocamente Dio all'uomo e l'uomo a Dio. Quando Dio dice : "Io sono il Signore tuo Dio", Dio si dà all'uomo e così l'uomo quando dice: "Parlaci e noi faremo e ascolteremo!". Notate che prima si dice "faremo", perché bisogna prima agire e poi ascoltare. In questa relazione l'uomo è libero.
La rivelazione parla di due amori: l'amore per Dio e per il prossimo, compreso anche lo straniero (Lev 19) e questo comando non è per il popolo d'Israele soltanto, ma perché sia trasmesso a tutta l'umanità.
E' questo il ponte che unisce Dio all'uomo: "Praticare la giustizia, amare la pietà, camminare umilmente con il tuo Dio" (Michea 6,8). Camminare con Dio è essenziale, è la libertà dello spirito che arriva a sacralizzare il quotidiano. Noi dobbiamo dire cento benedizioni al giorno: quando si mangia, quando si parte, si arriva, si indossa un vestito, ecc.; è una delle cose nostre più belle e mentre diciamo: "Benedetto sii Tu, Dio del mondo, si continua con: "che ci ha fatto arrivare fino a questo giorno"; si passa dal tu alla terza persona, per questa unione di immanenza e trascendenza, di materia e di spirito.
Anche la Redenzione è concetto non astratto, ma un evento reale nel mondo del visibile, nel mondo nuovo dove sarà finito l'esilio e sarà spirituale e materiale perche avverrà nella Terra di Israele: questa è la nostra attesa messianica.
Allora il ricordo è per noi testimonianza e attesa e dobbiamo continuare a ricordare, perché non avvenga più l'olocausto, anche se purtroppo continua ancora ad accadere nel mondo.

La memoria deve proteggerci e la speranza e l'attesa deve dare lo slancio vitale per arrivare alla pace, allo Shalòm , all'armonia completa del creato di cui ha profetizzato Isaia: "Pace, pace ai lontani e ai vicini" (Is 57, 19).

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