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La sesta parola: "Non uccidere"
(rav Luciano Meir Caro)


Gli episodi drammatici appena accaduti a Tolosa ci lasciano abbastanza scoraggiati, perché noi crediamo di aver fatto dei passi avanti nella storia delle civiltà, nella convivenza, e invece non è così. Spesso ci autogiustifichiamo dicendo che chi ha compiuto un gesto come questo è un folle, ma non è affatto così. Ci sono delle tendenze e manifestazioni di antisemitismo molto forti, che trovano spazio nelle nostre società. La società europea in particolare è molto tollerante verso queste forme e siamo portati a giustificare e difendere i delinquenti e a tener poco conto degli innocenti. L'aveva già detto il grande Maimonide, chiosando espressioni di maestri a lui precedenti, che è molto bello aver pietà per la gente, essere misericordiosi, non applicare la giustizia in modo formale, ecc. ma questo scaturisce in maniera spontanea dalla nostra ideologia. Ma Maimonide sostiene che chiunque è misericordioso nei confronti di coloro che sono crudeli, si dimostra crudele nei confronti degli innocenti. Forme di tolleranza verso certe manifestazioni di odio, sono un incoraggiamento a continuare su quella strada. Non dico di ammazzare tutti, ma dobbiamo applicare le norme che ci sono e se non ci sono occorre elaborarle. La società non può vivere all'ombra del terrorismo. Noi italiani abbiamo poco da parlare, perché nel passato erano stati catturati molti terroristi, ma oggi in prigione non ce n'è uno, sono stati tutti mandati al loro paese.
Anche per questo ultimo episodio di Tolosa, ho notato, leggendo alcuni giornali, che si sottolinea il fatto che sono stati ammazzati dei bambini, mentre viene quasi lasciata nell'ombra la gravità del delitto in sé e in questo modo, a mio avviso, si mette in atto una forma di giustificazione nei confronti del delitto. Ammazzare la gente - se poi sono Ebrei! - è normalissimo! Invece ammazzare dei bambini fa un po' senso. Io invece penso che il terrorismo vada combattuto con le leggi, e non vada tollerato; mentre in Europa e in Italia c'è un grande ritorno a questi fantasmi del passato che noi pensavamo scomparsi. Quindi occorre che siamo molto attenti, perché l'antisemitismo è il termometro che misura la febbre di una società, perché si comincia con gli Ebrei e poi si va avanti con altre persone. Si comincia con gli Ebrei perché il delitto nei loro confronti è più tollerato, ma chi comincia così, ha dei piani già più avanzati.
Detto questo, penso che possiamo passare al nostro argomento in maniera più specifica.

Penso di aver già detto in altre occasioni che i dieci comandamenti non sono propriamente dieci e nemmeno sono comandamenti; io li chiamo i cosiddetti dieci comandamenti, o ancora meglio le dieci parole di Dio. Sappiamo che sul Sinài Dio compare e trasmette al popolo ebraico queste dieci espressioni, che dovrebbero essere la base della convivenza della nostra società.
Qualcuno dice che questi dieci comandamenti sono un po' pericolosi, nel senso che noi siamo portati a considerare importanti i dieci comandamenti, mentre tendiamo a lasciare un po' da parte tutto il resto. Come se ci fosse qualcosa di più importante e qualcosa di meno importante nell'insegnamento biblico, mentre dovremmo passare dal presupposto che tutto l'insegnamento biblico proviene da Dio e va messo tutto sullo stesso piano, senza fare classifiche.
Rimane vero che i dieci comandamenti compendiano in sé tutto il resto dell'insegnamento divino. Qualcuno fa notare che le lettere delle dieci parole, messe insieme, sono 620. Ma la cosa è un po' discutibile, perché il testo biblico ci offre due versioni dei dieci comandamenti: quella originale, ricevuta da Mosè sul Sinài e una seconda versione ripetuta da Mosè pochi giorni prima di morire, con delle leggere varianti. Orbene la versione originale comprende 620 lettere. Togliendo 7, rimane 613 e 613 sono le disposizioni normative contenute nel Pentateuco. Quindi abbiamo 613 + 7: 613 sono le disposizioni che riguardano il mondo ebraico e 7, invece, riguardano il mondo non ebraico, cioè i famosi precetti dei figli di Noè. Quindi qualcuno arriva ad affermare che le 620 lettere rappresentano tutta la normativa che Dio ha dato all'umanità intera.
Tenete conto anche di un'altra cosa. Originariamente, quando non era ancora stata organizzata una liturgia ebraica, i dieci comandamenti venivano proclamati tutte le mattine nel santuario di Gerusalemme, quale nucleo fondamentale della liturgia. A un ceto momento è stato deciso di non fare più così, proprio per ovviare all'inconveniente che la gente si convincesse dell'importanza di queste dieci parole, lasciando da parte tutto il resto.
Mentre ribadisco che tutto l'insegnamento biblico va messo sullo stesso piano, sia che si tratti di norme che noi comprendiamo, sia che si tratti di cose che non riusciamo a comprendere.
E' stato poi notato che l'incipit delle dieci parole suona così: "Dio parlò tutte queste parole dicendo queste cose…". Queste parole hanno, dal punto di vista numerico, un rapporto preciso col primo versetto della Torah: "In principio creò Dio il cielo e la terra". E' causale? Forse sì, ma forse no. Se ne potrebbe dedurre che i comandamenti sono stati un'altra forma di creazione. Dio crea il cosmo e poi dà all'uomo delle disposizioni su come comportarsi all'interno del cosmo da Lui creato.

Sapete anche che queste dieci parole erano scritte su due tavole, incise dal dito di Dio in modo miracoloso. Erano due tavole di pietra non naturali, opera personale di Dio e scrittura di Dio. Qualcuno dice che si trattava di una pietra non soggetta alla legge di gravità Un altro miracolo ancora più eclatante è che pare che le tavole avessero una facciata anteriore e una posteriore e due facciate laterali: si dice che da qualunque parte si guardassero le tavole, si leggeva sempre lo stesso messaggio, che era traforato, cioè si vedeva quello che c'era al di là.
Sappiamo che Mosè ha spezzato queste tavole, quando si è accorto che gli Ebrei si erano macchiati del peccato del vitello d'oro. Mosè, poi, è stato premiato e punito per la sua azione: premiato perché le seconde tavole le ha fatte lui e punito perché Dio gli ha comandato di andare a cercare le tavole che aveva spezzato, perché non erano sue.
Mosè la ha spezzate perché, avendo visto che il popolo si era costruito un idolo, ha pensato che avrebbero poi adorato le tavole, come stavano già facendo col vitello.
Quindi le seconde tavole sono di produzione umana, scritte da Mosè e non da Dio. Molto simili alle prime, ma con alcune varianti.
In qualche modo intuiamo che rispetto alle leggi c'è una responsabilità da parte nostra, cioè, senza cambiare le impostazioni generali delle leggi divini, l'uomo deve rivedere qualche cosa. Abbiamo cioè la responsabilità di attualizzare l'insegnamento di Dio.
L'esempio più classico di differenza tra la prima e la seconda versione è quello del sabato. Nella prima versione si dice che il sabato ci ricorda che Dio ha creato il mondo in sei giorni e il settimo si è riposato. Quindi è un richiamo alla creazione, a Dio come creatore. Mentre la seconda versione pone l'accento sul sabato come giorno nel quale Israele ricorda che è stato schiavo in Egitto. Si è pensato che fosse più importante sottolineare gli aspetti sociali dell'insegnamento divino piuttosto che gli aspetti cosmologici. Il comando rimane uguale: Bisogna celebrare il sabato e non lavorare, ma la motivazione è diversa.
Sappiamo che le prime tavole comprendono le norme che riguardano il rapporto dell'uomo con Dio: il giuramento falso, il divieto dell'idolatria, il sabato, ecc., mentre le seconde tavole riguardano il rapporto dell'uomo coi suoi simili.
Salvo il quinto della prima tavola, che riguarda il rispetto per i genitori, quasi a ricordare che il nostro approccio coi genitori sta a metà strada tra i nostri doveri nei confronti di Dio e i nostri doveri nei confronti del prossimo. I nostri genitori sono il nostro prossimo, ma un prossimo speciale. Non posso avere coi miei genitori lo stesso rapporto che ho con gli altri. I miei genitori sono un qualcosa di diverso che si avvicina, in qualche modo, alla divinità. Sono loro che ci hanno dato la vita.
Si potrebbero fare tante altre osservazioni di carattere generale, ma dobbiamo concentrarsi sulla sesta parola: "Non uccidere".
Parola che compare nella seconda tavola, come prima. E' il primo dovere nei confronti del nostro prossimo: "Non uccidere".
Qualcuno mette in relazione questa espressione al primo precetto che Dio detta all'uomo: "Moltiplicatevi e fruttificate" (Gen 1, 22). C'è un rapporto tra il moltiplicarsi e il non ammazzare.
Se voi mettete in relazione il primo comandamento della prima tavola con il primo della seconda tavola, e fate lo stesso per tutti gli altri, vedrete che c'è un rapporto molto trasparente.
Per es. il primo dice così: "Io sono l'Eterno, che vi ha tratto fuori dalla terra degli schiavi" e il primo della seconda tavole dice: "Non uccidere". Cioè non uccidere un tuo simile, dentro il quale c'è l'immagine di Dio, per cui ammazzare un uomo è come negare la presenza di Dio, che l'ha creato.
Il secondo comandamento, che vieta l'idolatria, è in relazione col secondo comandamento della seconda tavola che vieta l'adulterio. Compiere atti di idolatria è una forma di adulterio, è un tradimento nei confronti di colui che è il vero partner.
Torniamo al nostro "Non uccidere", in contrasto col comandamento di moltiplicarsi; in definitiva viene chiesto di non fare il contrario di ciò che Dio ha chiesto.
Da questa norma discendono una serie di disposizioni, che riguardano gli atteggiamenti da tenere nei confronti dell'assassino.

Questo comandamento è stato messo in relazione, dalla tradizione ebraica, con altri due divieti che si trovano nei comandamenti stessi e che noi consideriamo come le cose peggiori che un uomo può fare. Uccidere, l'idolatria e compiere delle trasgressioni nel campo della sessualità, cioè l'unione tra persone dello stesso sesso, l'unione, come si usava nell'antico, con gli animali, e l'unione con persone già sposate. Una società che permette queste tre cose, mina la sua vita nei suoi stessi fondamenti. Per noi chi compie una di queste tre cose, sul piano morale compie un'azione che va messa sullo stesso piano di un omicidio. Pensate che l'idolatria, ai tempi in cui sono stati dati questi comandamenti, era satura di omicidi, perché c'era la convinzione e l'usanza che alla divinità bisognasse offrire il pasto dei sacrifici umani. E questo era considerato una cosa normale ai tempi antichi, mentre noi inorridiamo.
La norma "Non uccidere" è stata messa in relazione con un passo del libro del Levitico, dove ci sono delle disposizioni molto pregnanti, fra le quali una che dice: "Non fermarti inerte presso il sangue del tuo compagno". Sangue significa pericolo di vita e perciò significa che siamo tenuti a intervenire se ci troviamo in una situazione in cui la vita di un'altra persona è in pericolo. Se non interveniamo in suo favore, ci macchiamo di omicidio, diventiamo complici di un omicidio.
I nostri maestri hanno esteso questo concetto persino alla falsa testimonianza. Chi fa una falsa testimonianza nei confronti del prossimo, è come se lo uccidesse. Voi sapete che, dal punto di vista ebraico, la testimonianza è la cosa fondamentale, perché su di essa ci si basa nei processi. Testimoniare il falso contro qualcuno, vuol dire uccidere la persona in modo non cruento, dal punto di vista civile.
Come lo stesso vale per chi fa impallidire (cioè arrossire) il prossimo davanti agli altri. Se abbiamo qualcosa da dire a un altro, dobbiamo farlo e, se c'è un delitto, dobbiamo anche prenderci la responsabilità di testimoniare contro una persona, però non dobbiamo svergognarla pubblicamente.
Nel testo biblico ci sono una quantità di casi in cui è prevista la pena di morte. Oggi però questo non può avvenire, perché la pena di morte poteva essere comminata da un tribunale ebraico, costituito da 23 membri, meglio ancora se da 71, che sieda a Gerusalemme, allorché esista il santuario di Gerusalemme. Oggi  non c'è il tribunale, non c'è il santuario e quindi la pena di morte non può essere comminata.
In più il colpevole, reo di morte, doveva essere denunciato da due testimoni, i quali dovevano attestare di avere seguito tutta la cosa dal principio alla fine, ma non solo di aver visto tutti i passaggi, bensì anche di aver preavvertito l'individuo. Vi rendete conto dell'impossibilità della cosa? Fra l'altro i due testimoni dovevano essere assolutamente credibili, persone a cui si può prestar fede e poi non potevano essere né amici, né parenti, né nemici tra di loro e dell'imputato; insomma, persona assolutamente estranee tra di loro e con l'imputato. Poi i membri del tribunale, una volta deciso di far morire l'imputato, devono votare e si vita a cominciare dal più giovane. Perché se si cominciasse dal più anziano, ci sarebbe una specie di dipendenza psicologica. Ma in qualunque momento, chiunque, anche l'imputato, può aggiungere qualcosa a discolpa, che magari si era dimenticato di dire. E così ricomincia tutto. I testimoni di accusa possono ritirare la loro testimonianza, ma i testimoni a difesa no.
Secondo la normativa biblica, nel caso che venga emessa una sentenza di morte, e si proceda all'esecuzione, chi deve compiere l'esecuzione sono i testimoni stessi. Quindi nel fare il testimone di accusa, bisogna fare bene attenzione, perché si è chiamati ad andare fino in fondo.
Poi dove si riscontrasse che, in qualunque momento del dibattimento, prima o durante la sentenza, i testimoni di accusa hanno detto il falso, si applica a loro la stessa pena che si voleva applicare all'imputato. Quindi fare i testimoni di accusa è molto rischioso.
C'è poi, nel Talmud, tutta una normativa sull'interrogatorio da fare ai testimoni, che fa capire quanto sia complicato.
Ufficialmente non sappiamo che la legge biblica di morte sia mai stata applicata.
Nel Talmud si dice che un tribunale di una città che emetta (con che faccia eseguire) una sentenza di morte ogni cento anni, è considerato un tribunale particolarmente crudele. Insomma, per arrivare alla sentenza di morte, ci sono procedure molto pesanti.
Un altro elemento può essere interessante, in relazione al "Non uccidere" e al "Non stare inerte davanti al sangue del tuo compagno". Per es. se capita di assistere a una cosa di questo genere: un tale che sta per compiere un omicidio. Se posso intervenire, devo farlo; ma se l'unica possibilità che ho, è uccidere l'assassino, lo posso fare? Lo devo fare? Sembra paradossale. Divento arbitro di una situazione in cui non c'entro niente. Se sto fermo o mi do da fare, allo stesso modo una vita viene meno e chi sono io per decidere chi dei due deve morire? Il testo biblico dice che bisogna intervenire in difesa di chi sta per essere ucciso. Se non si interviene, di diventa complici di un assassino.
Purtroppo qui noi non capiamo, però siamo chiamati ad accettare tutte le norme, anche quelle che non ci sono chiare e non ci convincono.
Secondo il testo biblico una delle cose che fanno arrabbiare di più l'Eterno è la violenza.
Finisco. Dicevo prima che secondo il nostro punto di vista, estrapolato dal testo biblico, le cose peggiori che un individuo può fare sono l'assassinio, l'idolatria e il contravvenire a delle norme di comportamento sessuale. Alcuni maestri dicono che il Messia verrà non quando lo aspettiamo noi, o quando siamo pronti, ma quando l'umanità sarà precipitata così in basso che più in basso non si può. I maestri danno alcuni esempi. Quando sarà tollerato, giustificato l'omicidio. Quando verranno celebrati da istituzioni nazionali matrimoni tra consanguinei, tra persone dello stesso sesso o tra persone ed animali. Possiamo sorridere, ma sono cose che avvengono.
E aggiungono: allorché le generazioni nuove non avranno nessuna forma di rispetto per le generazioni precedenti, i genitori, gli anziani, ecc.
Quando avverranno queste cose, vuol dire che la società è talmente marcia, che può solo risollevarsi.
Quando mi capita di sentire dei ragazzini che chiamano per nome i genitori, inorridisco.
Vorrei che rifletteste su queste cose, andando a compulsare il testo biblico, perché la difficoltà consiste nel cercare di capire cosa dice il testo biblico, qual è lo spirito. E poi, soprattutto, non dobbiamo fare una classifica fra le norme che ci piacciono e quelle che non ci piacciono, perché sono di origine divina, ci provengono, cioè, da un'intelligenza superiore alla nostra capacità di comprensione.
Pensate a tutto quel settore, a quei capitoli del testo biblico che ci parlano del culto sacrificale. Ma come?, viene da chiederci, io devo prestare culto a Dio, uccidendo degli animali? Se Dio ci chiede questo, dobbiamo saperci porre nei confronti del testo biblico con grande attenzione, senza la pretesa di dare dei voti a Dio. Per es. credo che dietro quelle norme ci sia una forma di rispetto nei confronti degli animali, che noi oggi abbiamo perso quasi del tutto.

(Conferenza tenuta a Forlì, il 21 marzo 2012)


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