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Il vino kasher
(Rav Luciano Caro)
Vino kasher significa un vino che contiene esclusivamente succo d'uva, senza aggiunta di nessun altro elemento additivo, che potrebbe contenere teoricamente delle sostanze proibite dalla normativa ebraica.
Il vino deve essere confezionato assolutamente senza che ci sia alcuna implicazione di carattere idolatrico. Cosa vuol dire? Nel passato capitava quasi sempre che quando facevano il vino, lo dedicavano a qualche divinità pagana, con le libagioni, ecc.
Per accertarsi che non ci sia stata alcuna dedicazione o implicazione di carattere idolatrico, noi consideriamo permesso solo quel vino che è stato confezionato, dal momento della spremitura dell'uva fino al momento in cui si sigilla la bottiglia, senza la possibilità che nessuno, nemmeno mentalmente, abbia potuto dedicarlo a una divinità pagana e questo si accerta mediante la presenza o di un rabbino o di un suo delegato che assista a tutte le fasi.
Ci vuole un ebreo osservante che possa dichiarare che dal momento in cui abbiamo cominciato a spremere l'uva fino al momento in cui è stato imbottigliato, non c'è stato nessun cerimoniale pagano.
Tutta questa faccenda tradotta in pratica significa che il vino kasher costa di più; le persone che vanno a controllare devono essere pagate, per cui risulta che il prezzo finale è maggiore.
La qualità del vino dipende dall'annata, perché non possiamo mettere additivi, zuccheri, ecc.
Il primo vino kasher che ho fatto in vita mia, l'ho fatto a Firenze in una fattoria e solo per una combinazione quell'anno l'uva era favolosa e perciò è venuto un vino buono, che la gente se ne ricorda ancora.
La legislazione ebraica è alquanto severa. Infatti è previsto che, una volta aperta una bottiglia di vino kasher, questa bottiglia non può essere manipolata da nessuno che non sia un ebreo osservante; nel momento in cui la prende in mano un ebreo non osservante, quel vino non è più kasher e quindi non si può bere.
Trovata la legge, però, si trova sempre l'inganno. Qualche volta ci capita di essere a un pranzo, per es. e può succedere che chi apre la bottiglia può essere un non ebreo o un ebreo non osservante e allora il vino non è più kasher. Allora abbiamo escogitato il sistema del vino cotto. Cosa si fa? Se io prendo il vino kasher certificato e lo cuocio, cioè lo sottopongo a una temperatura, mi pare sugli 85°, quel vino, dal punto di vista organolettico, per gli intenditori, non è più vino, ma per uno che non è intenditore, è sempre vino. Però, per quanto attiene alla legislazione, avendolo cotto, quello non è più vino, ha perso le caratteristiche del vino. Essendo un'altra cosa, possiamo uscire da quel divieto di farlo manipolare da un non ebreo.
Per cui la gran parte del vino kasher in circolazione, è vino cotto, con gran scandalo degli intenditori.