SUL RUOLO DI UOMINI E DONNE NELLA CHIESA
Tra le questioni sviluppate nel 40° Colloquio ebraico-cristiano: la relazionalità del tema delle donne con il tema del maschile, il rapporto tra tradizione e innovazione, le modalità del processo decisionale di cambiamento.
LAURA CAFFAGNINI
Camaldoli
Prima del ritorno da Camaldoli, alla fine del 40° Colloquio ebraico-cristiano – svoltosi lo scorso fine settimana nel Monastero all'interno del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi - , gli organizzatori hanno tirato le conclusioni di cinque giorni “sul monte”. Con il comune augurio di “scendere per portare nella storia, nella vita quotidiana, ciò che abbiamo vissuto qui”. “Qui in mezzo a noi c'è il Concilio Vaticano II – ha detto don Giuliano Savina direttore dell'Ufficio nazionale ecumenismo e dialogo della Cei, vicino all'équipe che progetta i Colloqui -. Qui ci sono i figli della generazione del Concilio, abbiamo la gioia e il peso di un'eredità. Lì è passato lo Spirito che è in azione, è importante assecondarlo, esserne discepoli”. Una delle eredità principali della quarantennale iniziativa “è il clima che si instaura in questi giorni”, ha sottolineato Claudia Milani ricordando due elementi della prolusione inviata dal cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei: il fatto che nei confronti dell'ebraismo la Chiesa non conduce né incoraggia un'esplicita missione verso gli ebrei, “una cosa scontata qui, ma sempre utile da ricordare” e la necessità di riscoprire l'ermeneutica dell'amicizia “che in questi giorni abbiamo vissuto”.
La determinazione a cambiare il clima dei rapporti perseguendo l'amicizia è stato l'apporto di Lea Sestieri, donna di grande cultura e spiritualità, prima docente ebrea alla Lateranense, commemorata a un anno dalla morte dal figlio Claudio Scazzocchio e da Innocenzo Gargano, ideatore dei Colloqui. Si riparte da Camaldoli, non concludendo, ma aprendo un discorso sulle piste di riflessione che hanno solcato il convegno , dedicato a maschile e femminile nella tradizione ebraica e cristiana, tema accarezzato da una decina d'anni, ha precisato Milani, che ha riassunto tre questioni sviluppate nei lavori: la relazionalità del tema delle donne con il tema del maschile, il rapporto fra tradizione e innovazione, le modalità del processo decisionale di cambiamento. Diversi gli scenari: rav Herzl Hefter, promotore a Gerusalemme di una scuola che ammette anche le donne agli studi rabbinici, ha mostrato come si possa fare spazio all'inedito nella tradizione ebraica. Per la biblista battista Lidia Maggi perseguire le istanze delle donne nelle Chiese rappresenta la possibilità di esistere per uomini e donne e di poter servire per portare la salvezza al mondo. Miriam Camerini, protagonista di una lectio biblica a due voci e dello spettacolo sul femminile in musica, ha visto, nelle figure femminili bibliche evocate, la capacità di immaginare le cose diversamente per portare a termine il disegno divino loro rivelato. Esse “hanno in sé il germe per capire il femminile che non deve appartenere solo alle donne, ma c'è anche nel mondo, quella misura di misericordia che la Bibbia attribuisce al divino”.
La teologa cattolica Serena Noceti ha visto la necessità di una reinterpretazione del maschile e del femminile nella Chiesa cattolico-romana che richiederebbe un lavoro sull'antropologia teologica, ancora incompiuta , e sull'istituzione ecclesistica, strutturata ancora su un solo genere. Per Marco Morselli, presidente dell'Amicizia ebraico-cristiana di Roma, membro del team dei Colloqui, “ciò che viviamo a Camaldoli è più vicino ai giorni del Messia , e quando scendiamo è come se spostassimo indietro le lancette dell'orologio. Siamo nel “già e non ancora” e scendendo siamo più vicini al “non ancora”. Rimbocchiamoci le maniche”.