genealogie1 - amicizia ec romagna

Cerca nel sito 
Vai ai contenuti

Menu principale:

genealogie1

GENEALOGIE  NELLA  BIBBIA
        ( Rav Luciano Meir Caro Forlì, 24 giugno 2021)
Sono molto contento di aver ripreso questi nostri incontri, che mi mancavano, perché si era andato creando nel corso degli anni, anche per merito della nostra Maria Angela, un gruppo di persone coese tra di loro, non spocchiose assolutamente e animate dal desiderio di saperne di più e di confrontarsi. Le cose le apprezziamo maggiormente quando ci vengono a mancare!
Desidero perciò ripetere insieme a voi quest'oggi una formula che noi ripetiamo comunemente allorché ci capita un qualche cosa che non speravamo e che era molto desiderato.
Ringraziamo l'Eterno:
“Benedetto sia l'Eterno, che ci ha tenuti in vita, e ci ha mantenuto in vita, e ci ha fatto arrivare!”.
Ringraziamo l'Eterno che ci ha mantenuto in vita anche in forma positiva, arrivando a questo punto. Questa formula noi la diciamo tutte le volte che ci capita un qualcosa di nuovo che era sperato. Questo credo che sia il modo di sentire di tutti noi.
Il nostro tema di oggi è la GENEALOGIA nella Bibbia.
Perché, uno apre la Bibbia e cosa trova? Figlio di, figlio di ... "
E' un discorso molto ampio, che può essere guardato da molte angolazioni. Io lo voglio affrontare fermandomi su qualche dettaglio. Sta di fatto che il testo biblico, ovviamente quando io parlo di testo biblico mi riferisco alla Bibbia ebraica che fa parte del mio DNA!, è costellato di elenchi che sembrano noiosi e non ci dicono niente, almeno così appare, no? Elencazione di nomi, elencazione di persone, di molte delle quali non sappiamo assolutamente niente salvo il fatto che esistevano e che vissero un certo periodo di anni, misero al mondo un figlio a suo tempo e poi vissero altri anni e poi morirono. Tutto lì. E questo capita per decine, centinaia di persone con delle genealogie le più svariate e ci domandiamo come sia possibile che il testo biblico, che è Parola di Dio, impieghi del tempo e dello spazio e delle espressioni per insegnarci delle cose che non ci dicono assolutamente niente.
Ma non è così, perché noi sosteniamo che se è vero, come è vero, che il testo biblico è un messaggio di Dio inviato a ognuno di noi, vuol dire che se non capiamo qualche cosa, è carenza nostra, che non ci mettiamo abbastanza interesse. Quindi non c'è niente di assolutamente superfluo! Al punto che i nostri maestri hanno detto che il testo biblico va analizzato da tutte le angolazioni possibili, ma non basta. Ripeto una espressione che ho detto più volte tra di voi, e cioè che il testo biblico è simile a una roccia percossa da un martello: tutte le volte che noi la percuotiamo, ne fuoriescono delle scintille, ma queste scintille non sono mai uguali alla volta precedente. Noi potremmo percuotere una roccia con un martello un miliardo di volte, dieci miliardi di volte, ma le scintille, per numero, per collocazione, per colore eccetera sono sempre diverse. E questo per indicarci che il testo biblico è una continua provocazione, a noi, che cerchiamo di approfondire qual è il messaggio contenuto e cosa il testo biblico dice a noi.
Altro esempio: il testo biblico è paragonato (è detto senza nessuna intenzione di offesa!) a una cipolla che si può sfogliare, si possono togliere gli strati che sono centinaia, e non finisce mai.
Ogni volta che uno toglie uno strato, ne trova un altro. Si trova di fronte a delle problematiche nuove. Per cui se c'è un qualcosa che non si capisce bene, la carenza è nostra, non è nel testo. Almeno questo è quello che pensiamo. Il testo biblico è ricchissimo di tante, di tante provocazioni di ogni genere.
Vorrei ancora sottolineare un elemento che, ci tengo a comunicarvi: il testo biblico non è assolutamente un libro di storia. Se cercate la storia, non comprate la Bibbia, perché non vi serve! Ecco, l'autore dei testi biblici è un tale che registra dei fatti che non sono necessariamente fatti storici, perché la storia è un qualcosa di molto, di molto difficile e quasi di incomprensibile.
Noi non possiamo essere sicuri di come siano andate veramente le cose!
Faccio sempre l'esempio di Ustica. Vi ricordate il famoso'aereo che è caduto a Ustica? Nonostante tutta una serie di informazioni di tutti i generi, i satelliti, l'internet, nonostante siano state coinvolte centinaia di persone, noi non sappiamo cosa è successo veramente.
Anche per la Bibbia è così! Se volete la storia, studiate un'altra cosa, andate a cercarvi qualche altro libro. E molto spesso nei libri biblici è proprio citato: “Vuoi sapere questa storia? Vatti a leggere le cronache dei Re”.
Per cui ci sono dei personaggi dei quali noi potremmo dire, spero di non offendere nessuno, che storicamente non sono esistiti! Storicamente dico! Mi riferisco, non so, ad Adamo. E' esistito un personaggio chiamato Adamo proprio in carne e ossa? Abramo, fondatore del monoteismo, dell'ebraismo e successivamente del cristianesimo, dell'islam eccetera: è esistito? Quali sono le notizie che noi abbiamo?
Abbiamo delle notizie nel testo biblico, che riguardano aspetti della sua vita ma non si può assolutamente dimostrare che siano veri, perché abbiamo solo questa documentazione.
Anche per Mosè vale la stessa cosa! Sebbene parlare di Mosè a un ebreo voglia dire parlare della liberazione, dell'intervento di Dio nelle cose umane. Ma storicamente non c'è!

Vado avanti: Gesù, che per un cristiano è parte delle sue fibre! Sì, ma dal punto di vista storico chissà come, dove? Le fonti ebraiche sull'argomento sono le più controverse. Le fonti più vicine contemporanee dicono qualcosa e il contrario della stessa cosa. Perché ognuno vede le cose dalla propria angolazione!
Per cui la storia non si può raccontare, perché non la sappiamo. E' sempre raccontata o dai vincitori, oppure da varie angolazioni.
Pensate a tutte le contraddizioni che ci sono nei testi biblici! E ce ne sono tantissime! I critici si scaraventano su queste cose con molta attenzione.
Bene, a distanza di poche pagine il testo dice una cosa e poi dice il contrario di quella cosa. Pensate a un aspetto: noi leggiamo queste storie che fanno parte del nostro modo di pensare, Abramo, Isacco, Giacobbe, tutti personaggi importanti, fondatori di tante belle cose, ma non vi pare strano che si racconti che Abramo a un certo momento ha sposato una donna, Sara, che non poteva avere figli. E il testo dice che era sterile, tanto è vero che Abramo ha avuto figli da altre donne. E va bene, poi miracolosamente grazie all'intervento di Dio, ha un figlio, Isacco.
Isacco, a sua volta sposa una donna anche lui ed era sterile anche quella. E non ha figli, prega Dio poi, grazie alle preghiere, nascono due figli. Poi c'è Giacobbe, terzo patriarca: anche lui si sposa, ma questa volta voleva sposare la donna amata e invece s'è ritrovato marito di quattro mogli! Pensate alla confusione che c'era in quella casa! Bene, la moglie amata non poteva avere
figli e anche lei, come le altre due appena citate, poi riesce ad aver figli.
Ma ci domandiamo: ma che, i nostri patriarchi erano brevettati a sposare donne sterili?! Lo facevano apposta?
Oppure la mitologia ci riferisce che esisteva un antico progenitore che non poteva aver figli, poi miracolosamente li ha avuti. E questa storia veniva raccontata in ambienti diversi, in tempi diversi, con nomi diversi. Arriva il redattore di ... e cosa fa? Non sceglie alcuna versione, come l’unica giusta, ma piuttosto ce le mette tutte. E questo forse è l'esempio più clamoroso. Pensate ancora, faccio un esempio molto più banale. A un certo momento la Bibbia ci parla di quella che va sotto il nome della geografia della profezia.  
Ci sono alcuni personaggi che parlano a nome di Dio, e ogni tanto il testo dice: questa cosa è avvenuta in quel certo posto. Perché lo dice qualche volta e qualche volta no?
E cosa ci importa di sapere che Dio è comparso ad Abramo proprio in quel posto piuttosto che in un altro?
Vi faccio l'esempio: vi ricordate l'annunciazione? Abramo non poteva aver figli, arrivano tre personaggi strani, lui si fa loro incontro ed essi gli annunciano che sua moglie avrà un figlio tra un anno. La moglie incredula ride, Abramo non reagisce. Questo testo, che è così parco, dice: questo è avvenuto ai querceti di Mamrè. Querceti di Mamrè! Beh, interessante! Solo che nessuno sa dove sono questi querceti di Mamrè! Un posto che negli atlanti non compare!
E poi, cosa ci importa sapere che questa cosa è avvenuta proprio lì e non in un altro posto? Il testo lo dice, poi se volete vi do una risposta ma non so se è LA risposta. Una delle risposte...
Vado avanti.
Abramo a un certo momento litiga con dei Filistei a proposito dell'utilizzo dell'acqua. Sembra storia moderna, no? A un certo momento Abramo aveva scavato dei pozzi, salta fuori il re dei Filistei che comandava in quel tempo, affermando che i pozzi sono suoi. Perché? Abramo sosteneva: li ho scavati io e sono miei. L'altro risponde: sì ma nel mio territorio. E stanno a litigare un bel po' di tempo. Fino a che finalmente poi decidono di usufruirne entrambi e fanno un patto. I patti una volta si facevano non firmando qualche cosa, ma prendendo un oggetto e dichiarando quell'oggetto testimone di un certo accordo. Abramo prende sette pecore e le dà al re dei Filistei. Abramo era ricchissimo, aveva un gregge molto numeroso, gli dà queste sette come corrispettivo, una contropartita del fatto che l’altro rinunci in parte ai suoi diritti. Per questo motivo il testo biblico enfaticamente sottolinea in quale località dove è avvenuto questo scambio: Beér-sheva, ossia il "pozzo dei sette". Sette per via delle pecore e beér, che richiama l’acqua. Abramo poteva dire: te l'ho pagato, ti ho dato un risarcimento simbolico. Tutto bello! Giriamo due o tre pagine del testo biblico e lì c'è scritto che Isacco stava cominciando a litigare col figlio di quel re dei Filistei che aveva parlato con Abramo. Il problema è sempre quello dei pozzi! Alla fine arrivano alle stesse conclusioni: giurano l’uno all’altro che uno non avrebbe adoperato quell'acqua contro l'altro. Una specie di comproprietà!
E il testo dice che chiamarono la località  Beér-sheva che vuol dire "pozzo del giuramento". Vedete? Ci sono due versioni: prima era pozzo dei sette e adesso è diventato pozzo del giuramento. Sono due modi diversi per raccontare la stessa cosa!  
Come siano andate le cose non interessa a nessuno. E queste contraddizioni sono frequentissime nel testo biblico perché  non è un libro di storia e l'autore non prende posizione, ma semplicemente registra per insegnarci qualche cosa. Il testo biblico è ricchissimo di provocazioni ma noi dobbiamo cercare di capirle.

Orbene, torno all'argomento precedente. A cosa ci servono queste lunghe elencazioni di personaggi che sono frequentissime nei testi biblici?
Prendiamo come esempio il libro della Genesi. Si dice che è nato Adamo, poi vengono raccontate delle vicende che riguardavano Adamo, i litigi dei figli, Caino e Abele. Poi si arriva alla terza generazione, quella di Set, terzo figlio di Adamo e lì ci vengono citate dieci generazioni, solo accennando che c'era il tale che è vissuto tanti anni, ha avuto un figlio poi è morto. E così per dieci generazioni. Poi arriva Noè con tutta la storia dell’arca, la distruzione dell'umanità, la salvezza di Noè. Un racconto ricco di  particolari: come era fatta l'arca, gli animali eccetera. Poi, finita la storia di Noè, il testo ci dà un altro elenco di altre dieci generazioni, delle quali non sappiamo niente, salvo i nomi.
Ma cosa ci importa? O dici che significato avevano oppure non starmi a dir  niente! E così avanti. Si va avanti, poi si arriva ai tempi di Abramo con i censimenti, e lo stesso ai tempi di Isacco. Poi si arriva a Giacobbe, che, con i figli, emigra in Egitto a causa della carestia. Più volte ci vengono nominati questi figli di Giacobbe avuti da quelle quattro mogli di cui vi dicevo prima, che danno origine al popolo ebraico diviso in dodici tribù, cioè dodici discendenti di ognuno di questi figli.
Ma perché li ripete più volte?
Poi finalmente ai tempi di Giuseppe queste tribù, o famiglie, emigrano in Egitto per motivi di carestia e anche lì ci ripete la faccenda. Poi si parla di Mosè, con tutto il racconto della sua nascita, col particolare della culla fatta di papiro (la tevà, cioè il contenitore; o grande, per salvare gli animali, o più piccolo, come culla), i provvedimenti di Faraone. E la storia prosegue. Ma anche in questo caso, quando Mosè inizia la sua missione di salvatore del popolo in Egitto, ecco, ritorna l’elenco dei figli. Ma perché viene ancora ripetuto?
Devo sottolineare che ogni volta lo ripete in modo un po' diverso. E questo ci pone dei problemi.
Poi gli ebrei escono dall'Egitto e avvengono una serie di censimenti. Anche lì, con delle numerazioni, la loro disposizione, come erano accampati. Ma che mi importa di sapere dove e se la tribù di Ruben era accampata a nord o era accampata a sud?
Oltre a tutti questi problemini che io pongo, ci sono quelli dei numeri!
Chissà perché le prime dieci generazioni, quelle di cui vi parlavo da Noè, vivono sei, settecento anni, ottocento, novecento anni. Ma cosa sta raccontando? A cosa mi servono questi numeri che non mi dicono niente? Non vi dico tutte le interpretazioni che vengono date sui numeri e la Bibbia! Poi va avanti e dice: gli ebrei escono dall'Egitto in forma clamorosa, liberati dall'Egitto dopo le famose dieci piaghe. Dieci piaghe, come dieci generazioni!
Le dieci piaghe convincono Faraone a lasciar libero il popolo ebraico e gli ebrei escono dall'Egitto in seicentomila persone. Ma non persone, seicentomila uomini in condizioni di portare le armi, cioè immaginiamo dai venti ai cinquant'anni. Ci siamo? Se erano seicentomila, se sono usciti seicentomila uomini aggiungiamo i bambini, quelli di età dagli zero ai venti anni, aggiungiamo gli anziani, aggiungiamoci le donne, si arriva che questi ebrei usciti dall'Egitto saranno stati un milione e mezzo.
Il testo biblico dice che gli ebrei sono stati in Egitto duecentodieci anni. Ed erano entrati in settanta persone. Settanta persone e duecentodieci anni mi danno due milioni! Non stanno in piedi queste cose, i grandi studiosi di statistica dicono: se i numeri son da prendere alla lettera gli ebrei usciti dall'Egitto non potevano essere più di trentamila!
Perché la Bibbia ci dice dei numeri che non stanno in piedi?  Qualcuno scherzosamente ha detto che se fossero stati due milioni o un milione e mezzo o anche solo un milione, quando dopo quarant'anni, il primo ebreo entrava in terra promessa forse l'ultimo non era ancora uscito dall'Egitto! Una carovana di un milione di persone!
Con la logica, e a cosa servono queste elencazioni di nomi?
E ci sono tutte le interpretazioni. Si dice che i numeri che vengono dati a proposito di questi conteggi degli anni non valgono di per se stessi, ma i numeri sono secondo quella che era la tradizione dell'antico oriente babilonese, assira e così via, son da prendersi come simbolici.  
Non dobbiamo guardare l'entità del numero: quando dice che Matusalemme visse novecento anni, non erano novecento anni, ma vuole stabilire un rapporto tra la sua vita di novecento cosiddetti anni e quella degli altri.
Ci viene detto ad esempio che quando Mosè ebbe la prima visione di Dio nel deserto aveva ottanta anni, mentre quando morì ne aveva centoventi. Notiamo come l’arco della vita umana venisse suddiviso in periodi di quarant'anni, perché quarant'anni erano considerati il tempo di una generazione. Noi usiamo altre formule per dire un numero indeterminato ma grande; diciamo un centinaio, un migliaio, mentre gli antichi si esprimevano in un altro modo.
Dire che Mosè è vissuto centovent'anni, voleva dire che la vita di Mosè è raccontata come scandendola su tre periodi ben determinati, su tre fasi precise. I primi quarant'anni ha vissuto nel deserto facendo il pastore, i secondi quarant'anni li dedica all'uscita dall'Egitto e gli altri anni alla guida del popolo ebraico nel deserto.
I nostri antichi però discutono se davvero la base sia il numero quaranta o non piuttosto il sessanta. Centovent'anni di Mosè, centoventi sono il doppio di sessanta, seicentomila ebrei sono sessanta per un certo numero. Quindi i numeri non vanno presi alla lettera, ma vanno presi come indicazioni simboliche, per insegnare qualche cosa.
Questa è una delle indicazioni che volevo darvi

Adesso vorrei prendere come esempio la storia di Esaù e Giacobbe, narrata a partire dal capitolo 25 della Genesi. Sappiamo che la moglie di Isacco non riusciva ad avere figli, per cui Isacco ha pregato, finché Rebecca rimane incinta addirittura di due gemelli. Fin dal grembo della madre Esaù e Giacobbe litigano, diciamo così; fanno corsi di pugilato! Poi il testo sacro ci racconta tutta la vicenda di questi due fratelli, che conosciamo bene. A un certo punto, al capitolo 35, ci viene ripetuto che i figli di Giacobbe erano dodici e vengono elencati per ordine, suddivisi a seconda della madre da cui sono nati; i figli nati da Lea, poi quelli delle due schiave Zilpa e Bilà, i figli di Rachele, eccetera. Poi in Genesi 35,27 viene detto che la vita di Isacco è stata di cento ottant'anni. Centottant'anni sono sessanta moltiplicato tre!
Dopo di che Isacco spirò e morì, fu associato ai suoi padri, anziano e sazio di giorni. E Esaù e Giacobbe, i suoi figli, lo seppellirono. Mentre tutti i capitoli precedenti erano stati dedicati al contrasto che c'era tra Esaù e Giacobbe, qui eccoli insieme presso il padre morto.
C’era infatti un grosso problema: chi dei due è il primogenito? Era un problema, visto che Esaù e Giacobbe erano gemelli e il momento del loro parto era stato molto particolare: prima esce Esaù e subito di seguito esce Giacobbe, tenendo con una mano il calcagno del fratello, quasi a volerlo frenare, per passargli davanti (cf. Gen 25, 24-26). Tutta la vita è rimasta aperta la questione della primogenitura tra Esaù e Giacobbe e tutta la vita c’è stata come una inimicizia tra i due. Fino al momento in cui il testo ci dice che i due fratelli si trovano insieme presso la tomba del padre Isacco. E viene specificato che i giorni di Isacco furono cento e ottanta anni. E Isacco spirò, morì e fu raccolto, fu seppellito vicino ai suoi padri, vecchio e sazio di giorni.
Se facciamo attenzione, il testo specifica così: “E lo seppellirono Esaù e Giacobbe suoi figli”. Un segnale chiaro che la questione della primogenitura era stata risolta.
E subito dopo il testo della Genesi offre l’elenco dei nomi: “Queste sono le generazioni di Esaù, il quale si chiamava anche Edom”.
Come il nome Giacobbe richiama il calcagno che lui teneva in mano al momento della nascita, così il nome Esaù vuole esprimere una caratteristica specifica di questo personaggio. Esaù viene
da una radice ebraica, ossè, che vuol dire fare. La tradizione racconta che alla sua nascita tutti rimasero stupiti che egli fosse “fatto”; ossia non aveva le fattezze di un bambino paffutello, ma sembrava un uomo già fatto, era un uomo in piccolo, aveva le sembianze di una persona adulta ridotta.  E quindi ... sembra già fatto!
Successivamente l’hanno chiamato Edom, che vuol dire rosso, perché c'era stato il famoso episodio della minestra di lenticchie rosse. Il capitolo 25 della Genesi si chiude proprio col racconto della vendita della primogenitura da parte di Esaù. Tornato a casa dalla caccia tutto affamato, vede il fratello che cucina una cosa rossa e gliela chiede; ma Giacobbe vuole un contraccambio e chiede proprio la primogenitura. Esaù, che sta morendo dalla fame, dice lui!, è disposto a tutto e così cede il suo diritto in cambio di quella cosa “rossa rossa”, come si esprime il testo. Quindi Esaù è rimasto edom, ossia il rosso, sia per il colore dei suoi capelli, sia per questo episodio così particolare della sua vita.

Ma andiamo avanti e facciamo un salto di alcuni capitoli, arrivando a Genesi 36, che si apre, appunto, con l’elenco delle generazioni di Esaù, chiamato Edom.
Esaù prese le sue mogli dalle figlie dei Cananei che erano: Adà figlia di Elon l'Ittita e Oolibamà figlia di Anà che era figlia di Zivvon l'Ivveo. Vi dice qualche cosa?  Assolutamente niente.
Poi prese anche Basmat figlia di Ismaele sorella di Nevaiot. E Adà partorì a Esaù Elifaz, mentre Basmat partorì Reuel. Tutte belle cose che ci interessano molto molto relativamente.  E continua: i figli di Elifaz erano: Teman, Omar, Fufò, Daatan e Knas. Siete commossi?  Io no.
Però, se la Scrittura ci dice queste cose, a qualcosa servirà!
Timnà, è un nome femminile,  era concubina di Elifaz  figlio di Esaù. E partorì Adelifaz e Hammalec. Questi sono i figli di Adà  che era moglie di Esaù. Alcuni saggi dicono: tutta questa impostazione di questi nomi che sono lì son tutti concentrati sulla persona di Timnà.  La Torà, il testo biblico vuole mettere in luce il personaggio Timnà.  Era concubina di Elifaz,  figlio di Esaù, ma altrove il testo dice che Timnà era una principessa cananea. Da questo i nostri maestri ricavano una loro teoria, secondo cui questa Timnà era una persona elevata nella società, una principessa, una persona che aveva un ruolo. Eppure di lei si dice che era concubina, non moglie; concubina di Elifaz, figlio di Esaù. Esaù aveva un figlio, Elifaz, e questo s'è preso una concubina.
La quale ha partorito Hammalec. Hammalec è il simbolo dell'odio contro gli ebrei. Quando diciamo Hammalec diciamo colui che odia, l'antisemita per definizione. Cosa ci interessa tutto questo?
I nostri maestri ci danno un insegnamento. Timnà era una principessa cananaica, e questa Timnà si sarebbe innamorata di Abramo inventore del monoteismo. E avrebbe pensato: io principessa dei Cananei voglio accettare questa nuova dottrina. Si sarebbe innamorata e sarebbe andata da Abramo a dire: voglio sposare un tale della tua stirpe. E Abramo le avrebbe detto: non ho tempo di parlare di queste cose. L'avrebbe respinta. Cosa ha fatto lei? Ha rinunciato alla sua posizione sociale, è andata a sposare un figlio di Esaù, che era nipote di Abramo, pur di essere accolta in quella comunità, rinunciando alle sue prerogative. Una principessa che diventa la concubina! E la concubina di un figlio di Esaù, uno che non era nessuno, un tale senza posizione sociale. E questa concubina partorisce Hammalec, l'avversario degli ebrei!
I maestri dicono che questa nascita volesse sottolineare l’errore commesso da Abramo, che non aveva voluto ascoltare la richiesta della principessa Timnà e avendola liquidata, lei ha preso la sua strada. Il figlio nato da lei e dal figlio di Esaù porta scritto nel suo nome, il nome del nemico per eccellenza, l’errore commesso dal patriarca Abramo. Quel Hammalec causerà poi una sofferenza enorme a Israele!
Ma proviamo a soffermarci su un altro personaggio.
In un altro elenco dei discendenti di Esaù e di Giacobbe si trova il nome di un certo Hanat. Vi dice qualcosa? Di lui si dice che trovò gli yemim nel deserto, mentre pascolava gli asini di suo padre, Zivvon. La parola yemim  in ebraico non c'è, non esiste, non dice niente.
Qualcuno fa derivare questa parola dalla parola yam, che vuol dire mare.  Avrebbe trovato i mari nel deserto, mentre pascolava gli asini. Mari non nel senso di mare, ma avrebbe trovato l'acqua. Quindi secondo qualcuno vuol dire che questo personaggio era diventato famoso per aver capito dove sgorgasse l’acqua nel deserto.
Secondo qualcun altro yemim sono le cose che fanno paura. Quindi quel Hanat avrebbe trovato le cose che fanno paura nel deserto, mentre pascolava gli asini di suo padre. Cosa ha trovato?  Qualcuno dice: “Avrà trovato delle bestie feroci, faceva il pastore e ha trovato le bestie feroci!”. Qualcun altro dice che le cose che fanno paura sono le cose che noi non conosciamo. Noi abbiamo una paura inconscia nei confronti di quello che non sappiamo, che non conosciamo. E avrebbe trovato un qualcosa che incuteva timore, perché non esisteva prima. Ma è solo un’ipotesi; guai a voi se ci credete! E’ qualcosa su cui lavorare e studiare!
Pensate che qualcuno arriva a interpretare questo passo in chiave di bioetica!
Mentre Hanat pascolava gli asini di suo padre, avrebbe scoperto delle cose che fanno paura, nel senso che avrebbe accoppiato gli asini con delle cavalle o viceversa, facendo così nascere degli esseri che non esistevano nella creazione.
Nella visione della Genesi Dio crea tutto, specie per specie: gli alberi secondo la loro specie, gli animali secondo la loro specie-Mentre questo personaggio ha manipolato la bioetica, è riuscito a inventare degli animali che prima non esistevano. E chi li vedeva era spaventato! Cos'è sta roba mai vista prima?  
Cosa vuole insegnarci tutta questa storia e la conseguente riflessione dei nostri saggi?
Forse questo ci viene detto in senso positivo, per dire che Hanat ha fatto una scoperta importante attraverso degli esperimenti di bioetica ante litteram? Oppure ci viene detto in forma negativa, per affermare che non doveva osare manipolare la creazione di Dio? Quindi come a consegnarci la domanda: siamo autorizzati a fare degli esperimenti di bioetica, quando cerchiamo di entrare nella materia per capirne di più? Qual è il limite?
E l'ultima cosa che vi voglio dire riguarda il capitolo 6 dell’Esodo, che vi invito a leggere.
Suona così: Questi sono i capi famiglia: i figli di Ruben che era primogenito di Israele erano Chanot, Faluk, Kezron e Charmi  eccetera e va avanti, parlando di Ruben, Shimon, Levì, i primi tre figli di Giacobbe.
Di ognuno di loro dice la genealogia, ma quando arriva a Levì, che era il terzo figlio di Giacobbe,
c'è tutta una elencazione. Questi sono i nomi dei figli di Levì: Ghersom, Cheat e Merarì, poi va avanti, citando i relativi nati e alla fine dice che dopo due o tre generazioni sono nati Aaron e Moshè, Aronne e Mosè i due fratelli. Ai quali Dio disse: “Fate uscire il popolo ebraico dall'Egitto.
Questi sono coloro che parlarono col Faraone re d'Egitto per tirar fuori i figli di Israele dall'Egitto, erano Mosè ed Aronne”.
Lo ripete tre volte e poi noi ci aspetteremmo l'elencazione degli altri figli di Giacobbe. Invece no!, finisce così. Vengono presi in considerazione solo i primi tre figli e quando parla di Levi ci dice che
tra i discendenti c'erano Mosè e Aronne. Anzi, prima dice: Aaron e Mosè, ai quali Dio disse: “Tirate fuori ... “. Notiamo: Aaron e Mosè, perché Aaron era il primogenito e quindi lo cita per primo. Poi nel verso successivo dice: “Sono quelli che parlarono con il re d'Egitto, per tirar fuori i figli di Israele dall'Egitto. Erano Mosè e Aronne”. Notiamo che questa volta mette prima Mosè poi Aronne. Interessante la ripetizione: sono quelli che parlarono con Faraone.
Cosa si impara da questo? Assolutamente niente, tutte cose che sapevamo già. Ma una cosa importante c’è ed è quel voler sottolineare che sono proprio quelli e viene ripetuto tre volte. Come per ammonire a non pensare che questo Aronne e questo Mosè fossero degli esseri soprannaturali. Sono persone normali, con una genealogia come tutti, genealogia di uomini; di loro si può sapere chi fosse il padre, il nonno, eccetera eccetera. Ma proprio loro sono andati a parlare con Faraone su indicazione di Dio, per tirare fuori il popolo ebraico dall'Egitto!
Erano e rimangono persone di carne e di sangue. Non come succede in tante tradizioni, in cui quello che è l'eroe nazionale, viene in qualche modo idealizzato, come fosse un figlio di Dio, un figlio degli Dei.
Un’ultima cosa su cui vorrei soffermarmi con voi.
Se voi guardate il libro delle Cronache, l'ultimo libro della Bibbia ebraica, vi accorgete che è praticamente tutta una elencazione di nomi. E anche lì, dei nomi dei quali nove su dieci non ci dicono niente. Ma lì è abbastanza trasparente che l'autore del libro delle Cronache è un ardente monarchico sostenitore della regalità della famiglia di David. E lui vuole sottolineare che i personaggi importanti della storia del popolo ebraico, anche successivamente a David, erano comunque tutti discendenti di David.
Sappiamo che Davide è subentrato a Saul come re di Israele. Saul apparteneva alla tribù di Beniamino, che era la più piccola, mentre Davide appartiene alla tribù di Giuda, che era la più grande. Per questo i Beniaminiti hanno sempre avuto il dente avvelenato contro i discendenti della tribù di Giuda, volendo rivendicare la monarchia, che era appartenuta al loro padre. E questa cosa si è trascinata nei secoli.
Quindi, essendo l’autore del libro delle Cronache un sostenitore della dinastia di Davide e non di quella di Saul, tra le righe delle sue elencazioni genealogiche, cerca di dare maggior risalto ai personaggi della discendenza di Saul. Ma questo lo si nota facendo attenzione al testo, leggendo e rileggendo, anche se sembra arido e senza significato.
Quindi, come ogni volta, ancora desidero invitarvi a prendervi del tempo per studiare la Bibbia, per starci sopra, anche là dove si incontrano delle pagine, dei capitoli che ci sembrano non dire nulla.  In ogni caso, dobbiamo saperlo!, non ci basterà tutta la vita per capire anche solo una centesima parte di quello che il testo biblico vuole comunicarci!
Ve lo ripeto sempre, perché ci tengo e perché credo a queste cose! Grazie, grazie.

Trascrizione da registrazione audio a cura di Pierluigi Felletti e sorella Anastasia
(non rivista dall’autore)  








 
Privacy Policy
Torna ai contenuti | Torna al menu