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Leggere il Vangelo di Matteo come testo giudaico del Secondo Tempio
(Prof. Gabriele Boccaccini)
(il testo non è stato rivisto dall'autore)
Primo giorno - Seconda lezione
Ecco, possiamo riprendere, allora. Dunque, io ho pensato che fosse importante cominciare con queste premesse un po' di carattere generale, anche se, magari per molti di voi erano cose già conosciute, ma anche per chiarire a cosa mi riferisco parlando di termini come ebraismo o cristianesimo, a cosa ci si riferisce dal punto di vista storico rispetto a questi termini.
Questa prima giornata io la vorrei dedicare al messianismo, cioè alla visione messianica di Matteo, del Vangelo di Matteo.
Il Vangelo di Matteo presenta Gesù attraverso alcune categorie, come figlio di Dio e figlio dell'uomo, che sono le categorie, più in generale quella di figlio, che sono categorie che nella tradizione cristiana sono state reinterpretate, poi, molto, alla luce del Vangelo di Giovanni.
Quando però leggiamo il Vangelo di Matteo ovviamente dovremmo ricordarci che il Vangelo di Giovanni non è ancora stato scritto. Uno dei problemi che abbiamo noi nel leggere il Nuovo Testamento è che ci è difficile liberarci dalla conoscenza degli altri testi. Però se li leggiamo dal punto di vista storico dobbiamo anche ricordarci che i testi del Nuovo Testamento sono stati scritti in epoca diversa, e che quando alcuni testi sono stati scritti altri testi non esistevano.
Ovviamente il Nuovo Testamento come canone, come collezione di testi ci fa leggere i testi come un insieme, non come risultato di uno sviluppo. Se noi leggiamo dal punto di vista storico, ovviamente dobbiamo ricordarci che alcuni testi sono stati scritti prima o dopo, e che l'autore del Vangelo di Matteo non conosceva il Vangelo di Giovanni, mentre è probabile che l'autore di Giovanni conoscesse se non Matteo alcuni elementi della tradizione sinottica, della tradizione di Marco, Matteo e Luca.
Matteo conosceva Marco, perché il Vangelo di Marco è contenuto nella stragrande parte nel Vangelo di Matteo. Quindi non soltanto conosceva il Vangelo di Marco come insegnamento, lo conosceva come testo, lo conosceva come testo scritto, per lo meno come testo codificato. Conosceva anche un altro Vangelo di cui noi abbiamo perduto traccia, che è quello che viene chiamato il Vangelo Q, la fonte Q, una raccolta di detti di Gesù, che fu usato sia da Luca che da Matteo. Poi Matteo vi aggiunse la propria interpretazione personale e delle tradizioni che erano proprie della sua comunità.
Più, naturalmente, dei testi che sono stati elaborati sulla base delle domande e delle esigenze della propria comunità. Io mi immagino sempre il Matteo, che poi non sappiamo bene chi fosse, il Matteo scrittore che naturalmente avendo da un lato il Vangelo di Marco e dall'altro la raccolta delle fonti di Gesù, tra l'altro aveva anche l'esigenza di rispondere ad una comunità come la vostra che gli poneva delle domande, e si domandava che cosa avrebbe detto Gesù rispetto alla nostra situazione.
Per cui quando leggiamo Matteo ovviamente noi non leggiamo direttamente di Gesù. Noi leggiamo già il ricordo di Gesù più l'interpretazione teologica di Matteo che riflette su quello che il messaggio di Gesù significava per la loro comunità.
Quindi non c'è da stupirsi se in Matteo troviamo delle cose che non riguardano Gesù direttamente, o che sono anacronistiche rispetto a Gesù. Perché Matteo fa quello che tutti i teologi fanno adesso. Si domanda: cosa avrebbe detto Gesù se fosse vissuto in mezzo a noi, se avesse dovuto affrontare i problemi che affrontiamo noi?
Logicamente la teologia del I secolo, la teologia ebraica del I secolo è una teologia narrativa, non è una teologia sistematica. Quindi non si risponde alla domanda distinguendo: Gesù ha detto questo, ma noi allora interpretiamo questo. Si risponde riformulando una narrazione, cambiando narrazione, se volete creando nuove narrazioni basate sulle narrazioni di cui si è avuta memoria e di cui ci è stato tramandato il ricordo.
Quindi Matteo va sempre letto a livelli diversi. Perché da un lato c'è quello che Matteo ci dice di Gesù storico, e dall'altro c'è quello che Matteo ci dice della sua comunità. E non necessariamente le due cose sono coincidenti. Ripeto, dall'altro abbiamo il problema che noi nella lettura del Vangelo di Matteo non riusciamo tante volte, anche mentalmente, a distaccarci da quello che noi sappiamo, ma che Matteo non sapeva, la tradizione successiva.
Per es., i termini messianici più importanti in Matteo sono figlio dell'uomo e figlio di Dio. Noi normalmente, perché la tradizione cristiana poi lo ha fatto alla luce di Giovanni, leggiamo questi due termini della tradizione cristiana come termini che si riferiscono, l'uno alla divinità di Gesù, figlio di Dio, e l'altro alla umanità di Gesù, figlio dell'uomo. Perché questo è il modo con cui Giovanni e poi la tradizione cristiana successiva interpreteranno queste due categorie di figlio di Dio e figlio dell'uomo. Però questo non è il significato nel Vangelo di Matteo, non è il significato nel I secolo.
A noi colpisce molto il termine figlio di Dio, perché è il termine che noi associamo alla divinità di Gesù, ci colpisce un po' di meno il termine figlio dell'uomo, mentre nel I secolo la relazione fra questi due termini è rovesciata. Il termine che fa più impressione è figlio dell'uomo, il termine che fa meno impressione è figlio di Dio.
Perché il termine figlio di Dio fa meno impressione? Perché figlio di Dio significa essere fedele a Dio, essere giusto. Non c'è nessuna nozione di divinità implicita nel termine stesso. Il termine figlio di Dio veniva applicato a chiunque è fedele a Dio, in maniera preminente al Messia perché è il Figlio per eccellenza, è l'obbediente per eccellenza. Ma non dobbiamo vederci, nel termine stesso non dobbiamo vederci nessuna affermazione sulla natura del Cristo o sulla divinità del Cristo, di per sé.
Non a caso, per es., quando voi leggete nel Vangelo di Marco che il centurione vedendo Gesù morire disse: Costui era veramente il figlio di Dio, noi vediamo che il Vangelo di Matteo e il Vangelo di Luca lo traducono in maniera diversa. Matteo riporta sempre l'espressione figlio di Dio, Luca dice: Costui era innocente, era giusto.
Non sono due traduzioni diverse, è la stessa cosa, esattamente la stessa cosa. Il centurione dice, secondo Marco: Costui muore da giusto, costui è innocente, costui è una brava persona, costui è fedele a Dio, costui muore da giusto, non è colpevole.
Figlio di Dio è un termine che anche noi nella preghiera di Gesù applichiamo a tutti noi. Quando preghiamo Dio come nostro Padre noi ci rendiamo figli suoi. Tutti gli uomini sono chiamati ad essere figli di Dio.
E questo viene ripetuto nelle fonti giudaiche del tempo. Vi potrei fare molti esempi nelle fonti giudaiche del tempo, dove si dice che chiunque obbedirà alla volontà di Dio, Dio lo chiamerà figlio e sarà suo figlio.
Il Messia è chiamato figlio in maniera particolare perché è per definizione colui che sarà obbediente, avrà un rapporto di figliolanza speciale con Dio, e quindi sarà a lui fedele, e totalmente obbediente.
Ma, ripeto, il termine figlio di Dio che per noi, come dire, fa molta impressione, è un termine che nella tradizione giudaica del I secolo non è così impressionante. Ovviamente quello che è impressionante è che Gesù è il Figlio. Ma questo vuol dire che Gesù è l'inviato, è il Messia, è il fedele di Dio.
Quello che fa più impressione è, al contrario, figlio dell'uomo, che non è un riferimento alla umanità di Gesù, ma un riferimento a Daniele, Dn 7, e più specificamente a un testo che non è nel canone della Bibbia che conosciamo, ma che era ben conosciuto da Gesù e dai primi discepoli, e che era ben conosciuto nella tradizione del tempo, che è il libro delle parabole di Enoch.
Il libro delle parabole di Enoch è un testo precristiano che reinterpreta Dn 7 secondo quella traiettoria di pensiero che poi vedremo è propria di Matteo.
Quindi per capire il messianismo di Gesù occorre rifarsi a quella che è la tradizione ebraica del tempo e riuscire a capire quali erano le idee messianiche, quali erano le concezioni messianiche, le attese messianiche al tempo di Gesù.
Da quello che vi ho detto prima, nella mia premessa, dovrebbe essere chiaro che non è possibile che io vi dica qui che cosa gli ebrei aspettavano come una idea condivisa da tutti.
Noi spesso, per semplicità, diciamo: gli ebrei aspettavano il Messia, e poi Gesù ha detto questo e questo, e non è stato creduto, oppure è stato creduto. La situazione è molto più complessa.
Occorre partire da un discorso molto chiaro. Prima di tutto, non tutti gli ebrei aspettavano il Messia. Questo bisognerebbe forse un pochino sottolinearlo con molta forza. Per noi, per noi oggi l'attesa messianica è parte dell'esperienza religiosa di ebrei e cristiani. L'ebraismo e il cristianesimo, quei due fratelli di cui ho parlato prima, tutti e due condividono come fondamento della loro esperienza religiosa l'attesa della venuta o del ritorno del Messia. E condividono l'attesa della fine dei tempi. Ci sarà un momento di fine dei tempi, l'attesa escatologica della fine dei tempi, e della venuta o del ritorno del Messia.
Per noi è anche difficile immaginare un tempo in cui l'attesa del Messia, l'attesa escatologica della fine del mondo non erano parte dell'esperienza religiosa dell'ebraismo. Ma al tempo di Gesù l'attesa messianica è ancora una idea popolare, ma non ufficiale. Non è considerata ancora un elemento che accomuna tutti gli ebrei.
Soprattutto non è una idea condivisa dalle autorità supreme dell'ebraismo del tempo perché non è una idea sacerdotale. Sì, esiste il messia, anzi, esistono i messia. Messia è un termine molto generico. Significa inviato da Dio, qualcuno che ha ricevuto un incarico da una autorità superiore per svolgere un certo compito.
E nella tradizione ebraica anche più antica abbiamo una tradizione di messia, di guide, di persone che sono incaricate da Dio a svolgere un compito. Sono guide spirituali, guide politiche. Possono essere anche persone estranee alla comunità ebraica, come nel caso di Ciro, dell'imperatore persiano Ciro, che secondo la tradizione di Isaia riceve l'incarico da Dio come messia, di liberare il popolo schiavo in Babilonia. Ma sono persone che svolgono il loro compito nella storia a seconda delle esigenze della comunità storica.
L'idea della fine dei tempi, che per noi è una idea ovvia, nell'ebraismo e nel cristianesimo, è una idea che nasce molto più tardi nella tradizione ebraica. Non se ne ha tracce nel Pentateuco. Se voi leggete il Pentateuco, la legge di Mosè, i primi cinque libri della Bibbia, voi non avete nessun riferimento alla fine dei tempi, al fatto che ci sarà una nuova creazione. Se ne parla nei Proverbi in termini, diciamo, anche più spirituali, come un nuovo tempo, un nuovo inizio di una nuova tappa nella storia. Ma non se ne parla fuori dei confini della storia.
Voi l'anno scorso so che avete fatto tre giorni sull'apocalittica. Questa idea nasce in ambienti minoritari, in ambienti apocalittici, i quali per la prima volta portano avanti questa idea della nuova creazione.
Bisogna che faccia un discorso importante per la comprensione del Vangelo. Dire nuova creazione, noi non ci facciamo caso, fa talmente parte delle cose ovvie della religione cristiana e ebraica che non ci rendiamo conto di un problema che invece è molto serio dal punto di vista teologico. Perché non si ripete un atto se qualcosa non è andato male la prima volta che ci abbiamo provato. Cioè nessuno di noi compra una macchina nuova se la vecchia funziona bene. Nessuno fa una nuova creazione se la prima creazione va bene.
Ora, la creazione è stata fatta da Dio. E la Bibbia ci dice che è stata fatta molto bene. Quindi che ragione ha Dio di fare un'altra creazione? Vuol dire che ha sbagliato qualcosa? Cioè una nuova creazione è una dichiarazione di fallimento da parte di Dio, le cose non sono andate come si aspettava.
Se leggete il racconto della creazione nella Bibbia, la creazione non è fatta come una creazione a termine: io vi faccio un bel posto dove potete vivere per un po', e poi vi faccio un'altra creazione. Questa non è l'idea. L'idea è che viene creato qualcosa perché duri in eterno.
Allora, che cosa è andato storto? O è andato storto qualcosa? La prima domanda è: è andato storto qualcosa o no? Il fatto che molti ebrei non accettassero l'idea di una nuova creazione è esattamente perché questo veniva visto come in contraddizione all'onnipotenza divina. Se Dio ha fatto una buona creazione Dio è capace di sostenerla, perché in fondo è Dio, ce la può fare. Perché ha bisogno di rifarla?
L'idea della nuova creazione nasce in ambienti giudaici che cominciano a dire che qualcosa è andato storto. Cioè non c'è nuova creazione, se consideriamo che tutto è andato bene la creazione può andare avanti in eterno. Dio ha fatto le cose buone, bene. E nella creazione è contemplata anche la possibilità di rimettere in ordine le cose che vanno un pochino male. Se c'è qualche peccato Dio lo risolve, attraverso la punizione. Ma questa punizione avviene nella vita. Non c'è un altro mondo, non c'è una fine dei tempi, non c'è un'altra fase. Questa è l'antica idea di Israele.
Il Dio è misericordioso per mille generazioni, ma punisce i responsabili immediatamente nella loro vita, e quindi agisce nella storia, manifestando il suo giudizio nella storia. Quindi tenendo la creazione in ordine attraverso la sua capacità di direzione. Dio è in controllo. E l'essere in controllo presuppone anche la capacità di rimediare a piccoli difetti che possono avvenire.
Perché della creazione è parte anche la libera volontà dell'uomo, che è chiamato ad obbedire. E quindi Dio ha anche la capacità di tenere dritto il volante, il manubrio nella direzione giusta, anche nell'occasione che ci siano degli sbagli da parte umana.
Questa situazione divenne critica dal punto di vista teologico soprattutto quando Israele diventa monoteista. La Bibbia è molto sincera. Se voi leggete nella Bibbia che Dio si è annunciato come Dio unico ad Abramo, ai Patriarchi, a Mosè, ecc., e poi leggete la storia di Israele, la storia raccontata nei libri di Samuele, dei Re, ecc., voi vedete che Israele vive una esperienza non monoteistica, ma una esperienza politeistica.
Se voi leggete la famosa riforma di Giosia, tutto l'elenco delle cose che vengono tirate fuori dal tempio, compresa l'immagine della moglie del dio, Aserà, il serpente sacro, i cavalli sacri al Sole, la prostituzione sacra, voi avete una descrizione di un tempio politeista, voi avete l'esempio di una esperienza di vita politeistica.
Vi viene detto nella Bibbia che questo è un tradimento del monoteismo originario. Dio si è manifestato monoteista, ma la pratica, di fatto, della vita di Israele è una pratica politeista. Al massimo è una pratica che poi diventa eloteista, cioè un Dio, il Dio di Israele diventa il Dio principale. Noi i Salmi li leggiamo ancora e diciamo: Dio di Israele sei il più grande fra tutti gli dèi. Vuol dire che ci sono altri dèi.
Ora, la tradizione cananaica, la tradizione antica del Medio Oriente era che esisteva un dio supremo, che si chiamava El, esistevano, poi tanti figli di El, a ciascuno dei quali il dio El aveva dato una porzione della terra. Tra questi figli di El c'è anche il Dio di Israele, al quale è stata assegnata la porzione della terra di Israele. Ma altre terre hanno altri dèi.
E per lungo tempo gli ebrei non hanno messo in discussione questa idea che ci fossero altri dèi in altre terre, che ciascuna terra avesse un signore supremo che non fosse… Poi questi signori supremi si chiamavano Baal, si chiamavano Marduk… Erano tutti figli di El. Noi abbiamo delle bellissime tavolette trovate a Ebla dove ci vengono raccontate tutte queste storie sulle genealogie.
E anche la Bibbia ci ha preservato i nomi di due divinità, perché voi sapete benissimo se conoscete l'ebraico che esistono due nomi di Dio nella Bibbia. Uno è El, che era il capo del pantheon cananaico, e Adonai, Jahvè, che invece era il figlio di El, e che era il Dio della terra di Israele.
Noi oggi leggiamo la Bibbia e la leggiamo come se fosse un unico Dio. Per chi ha scritto, poi, erano due nomi dello stesso Dio, ma originariamente si trattava di due divinità diverse. Altrimenti non capite più il celebre passo di Isaia dove il profeta dice: Io Dio sono Dio. Che vuol dire? Poi leggete: Io Adonai sono El. In cui dice che El e Adonai sono lo stesso Dio, e non ve n'è altri.
Però qui siamo nel momento in cui l'idea monoteista emerge coscientemente con forza. E questo avviene durante l'esilio babilonese. È con l'esilio babilonese che, dal punto di vista storico il monoteismo si afferma a livello generale in Israele. Possiamo dire con la Bibbia che questa è una antica idea. Ma in termini pratici la Bibbia stessa ci dice che è soltanto con l'esilio babilonese, col ritorno dall'esilio babilonese…
Anche per un motivo molto semplice. Se io penso che esista un dio per ogni terra gli ebrei che andarono in Babilonia avrebbero dovuto fare lo stesso che secondo la Bibbia fecero i coloni assiri quando giunsero in Israele.
Ricordate, nella Bibbia si parla che quando il regno del nord fu conquistato dagli Assiri gran parte della popolazione fu deportata, e i coloni assiri entrarono, furono mandati ad occupare le terre. E la prima domanda che i coloni assiri rivolsero quale pensate che sia stata? Che dio c'è qua? Gli Assiri erano persone religiose, cioè erano brave persone religiose le quali prima di tutto si preoccupavano di fare la domanda giusta: chi è il dio di questa terra? Perché noi gli possiamo rendere culto?
Non è che loro fossero infedeli al loro Dio, ma la loro idea ora che muovevano da una terra all'altra, come si passa dalla giurisdizione di un re alla giurisdizione di un altro re, così si passa dalla giurisdizione di un dio alla giurisdizione di un altro dio. Allora questi poveri coloni arrivano e domandano: chi è il dio di queste terre? Gli viene detto: il Dio di questa terra è Adonai. E questi cominciano ad offrire sacrifici ad Adonai. Non è che si convertano, accettano quella che è la religione del luogo secondo la loro visione religiosa. Gli ebrei in Babilonia avrebbero dovuto fare lo stesso, avrebbero dovuto chiedere: qual è il dio di questa terra? Gli sarebbe stato risposto: è Marduk, il dio di Babilonia è Marduk.
E infatti il re babilonese trasferisce l'immagine e gli utensili del tempio di Gerusalemme nel tempio di Marduk perché Marduk ha conquistato il regno del suo fratello. E quindi ora, come ha deportato il re a Babilonia, così ha deportato anche il Dio.
Ma gli ebrei in Babilonia non accettano questo discorso. E allora pensate a Ezechiele, la visione del carro divino che si trasferisce in Babilonia. Il Dio è unico e segue il popolo. Quindi Dio è legato al popolo, non è legato alla terra.
Però voi pensate che dal punto di vista mosaistico - e ripeto, siamo all'indomani dell'esilio babilonese… Il mosaismo è una gran bella cosa, ma il mosaismo è anche una teologia molto problematica. Perché se Dio è uno, e Dio è buono per definizione come faccio a spiegare tutto il male che avviene in questo mondo?
Dunque, se sono politeista non ho problemi: ci sono diversi dèi, c'è un conflitto fra gli dèi, chi è buono a me e chi è contrario a me. Oppure ci sono degli dèi che si oppongono, e il male è parte di un conflitto cosmico fra dèi diversi. Quindi il politeismo è una religione molto funzionale. Ora noi ci ridiamo col politeismo perché siamo da secoli monoteisti…
Guardate che il politeismo era una cosa molto seria anche ai tempi di Gesù, il 90% della popolazione era politeista. E chi era monoteista era una persona strana. Per noi è strano chi è politeista, al tempo di Gesù è strano chi è monoteista.
A domanda. No, non in Israele, nell'impero romano. Nell'impero romano gli ebrei sono forse il 10-12% dell'impero romano. Ma anche in Israele, al di fuori dei villaggi ebraici, nelle grandi città ellenistiche la maggioranza delle persone… Compreso Sepphoris, che è a tre chilometri da Nazareth.
Gesù nasce a pochi chilometri da una grandissima città - lo vedremo domani - una bellissima città ellenistica, dove la maggioranza delle persone sono politeiste. Di questa città non si fa nemmeno menzione nel Vangelo, Gesù non ci predica, e poi domani vedremo perché. Ma di nuovo, anche questa immagine della Palestina come una bella oasi mosaista… Attenzione, perché in Palestina ci sono al tempo di Gesù città politeiste, città ellenistiche, la presenza ellenista è molto forte. Quindi non è una idea lontana, è una realtà molto vicina e concreta.
Dicevo prima che l'idea del male - probabilmente questo problema l'avete già affrontato l'anno scorso col discorso sull'apocalittica - l'idea del male è un problema cruciale dal punto di vista del mosaismo. Se Dio è buono, e per definizione è uno ed è buono perché esiste il male?
Allora, a questa domanda si danno risposte diverse. Quindi il mosaismo unifica, ma al tempo stesso immediatamente divide. Perché alla risposta del perché esiste il male immediatamente si danno risposte diverse. E anche nella Bibbia voi trovate risposte diverse. Sono essenzialmente tre le risposte che si danno.
Una risposta dice: il male esiste perché c'è un valore superiore che è quello della libertà dell'uomo. Se non ci fosse il male non esisterebbe libertà dell'uomo. Come fa l'uomo a essere obbediente se non è posto di fronte alla scelta fra bene e male? In fondo è quello che si dice nella storia del peccato di Adamo ed Eva, dove l'uomo è posto di fronte alla scelta.
Quindi il male in qualche maniera è da Dio, è da Dio stesso, perché è parte del progetto creativo perché è una componente essenziale della libertà umana. Non esiste libertà umana senza male, non esiste scelta senza la possibilità di scegliere tra bene e male.
Una seconda risposta che è quella che noi troviamo nei testi sapienziali, che avranno anche una grossa influenza, poi, nei secoli successivi è quella che nega l'esistenza del male. Il male non esiste se non come percezione individuale. Noi percepiamo che alcune cose ci fanno male, ma in realtà tutto è bene, perché non esisterebbe vita senza la morte, non esisterebbe pace senza la guerra, non esisterebbe amore senza l'odio, non esisterebbe piacere senza sofferenza.
Dio ha un progetto in cui riconduce tutto a un fine di bene. A noi pare male, noi soffriamo per qualcosa che non capiamo, per noi è male. Ma in realtà se è esistito è perché aveva un senso. E questo senso Dio lo renderà manifesto non a noi individui, a cui non deve rendere conto, ma ne renderà conto a lui stesso del suo progetto creativo. Questa è una risposta che tra l'altro avrà una grossa importanza nel giudaismo ellenistico e nella filosofia del tempo di Gesù.
È una risposta molto sofisticata in termini in cui si dice: Dio ha creato tutto buono, anche quello che ci appare come male. In fondo cosa sarebbe il mondo se non morisse nessuno? Non è che non ci sarebbero più i problemi. Ne avremmo ancora di più. Cioè Dio ha un suo progetto che porta avanti, non può guardare all'individuo.
Quindi l'individuo deve accettare quello che avviene cercando di cogliere l'attimo, adeguandosi a quella che è la musica dell'universo. Dio è come un pianista che suona una grandiosa melodia fatta di momenti di gioia, di elevazione e di momenti, invece, tristi. E l'uomo deve adattarsi a questa melodia, deve trovare gioia, soddisfazione, e il suo essere vicino a Dio, qualunque sia il momento che Dio gli dà di vivere.
Questo è un discorso che anche noi ripetiamo, magari in forma diversa, ma che è parte anche della spiritualità cristiana: l'accettazione della prova, l'idea che anche nel male si debba vedere un fine di bene, si debba accettare la sofferenza personale, la morte di un amico, di un famigliare, di un figlio, in un'ottica più ampia, in un progetto di Dio del quale non si conoscono tutti i dettagli, ma che sappiamo esistere. Questa è la seconda ipotesi.
La terza ipotesi è che Dio non abbia nessuna responsabilità nel male, ma che il male sia stato introdotto da una ribellione contraria a Dio. E questo è tutto quello che, come avete visto l'anno scorso nell'apocalittica, si esprime attraverso il peccato degli angeli ribelli, il peccato originale.
Come vedete cominciamo ad avvicinarci a elementi che hanno un loro impatto nella tradizione cristiana, soprattutto anche nel Vangelo di Matteo. L'idea di un male che avviene per un atto di ribellione contrario a Dio. Ovviamente tutte le soluzioni teologiche hanno i loro vantaggi e i loro svantaggi.
Io qualche volta dico ai miei studenti: guardate la teologia è come una persona che dorma in una fredda notte d'estate in un campeggio con la coperta corta. E là il problema della notte è se coprirsi la faccia o coprirsi i piedi. E quando si copre i piedi si scopre la faccia, e quando si copre la faccia si scoprono i piedi.
Ecco, la teologia è lo stesso. Ogni volta che un teologo risolve un problema ne apre un altro. Non c'è nessuna teologia definitiva. La teologia è soltanto un sistema per spostare il problema dalla faccia ai piedi. Questa è la mia visione della teologia. E sarà così in eterno.
Allora, qual è il problema delle due soluzioni? È Dio, il Dio così buono che è responsabile del male? Allora dico: come è possibile? Dio non può essere responsabile del male. Allora, grande illuminazione, Dio non è responsabile del male, è stato qualcun altro, un gruppo di angeli…
Voi l'avete sentita questa storia, anche nel cristianesimo, perché è allusa nelle fonti, compreso Matteo. È allusa nell'Apocalisse, nelle fonti cristiane l'idea della ribellione angelica, l'angelo Michele che combatte contro satana la battaglia cosmica. Sono tutte cose che noi abbiamo sentito, ripetute in più occasioni, anche se non ci sono, non sono scritte nella Bibbia che conosciamo perché sono scritte in un testo che non è oggi nella nostra Bibbia, è il libro di Enoch.
Che però è un libro canonico nella Bibbia di molti cristiani. Il fatto che non sia nella nostra Bibbia non vuol dire nulla. Noi siamo la maggioranza, ma ci sono tanti cristiani che dicono: no, è nella nostra Bibbia, perché è un testo per noi canonico, per es., in Etiopia.
E in questo testo si racconta tutta la storia di questo gruppo di angeli che si ribellano contro Dio. È una bella soluzione anche questa: Dio non c'entra nulla. Però voi capite che immediatamente: oh Dio, prendo freddo ai piedi! Perché Dio perde potere. Cioè per essere innocente Dio diventa meno onnipotente. Perché il mondo è diventato ora non più il regno di Dio, ma è diventato qualcos'altro, un regno dove Dio non regna più.
Voi capite che se io accetto questa idea allora comincio a pensare a un tempo nel quale Dio restaurerà il suo regno. Cioè se Dio ha perso potere, perché Dio è rimasto vittima, come tutti noi, di una ribellione cosmica, allora Dio dovrà restaurare il proprio regno. Ecco allora che qualcosa è andato storto, questo qualcosa che è andato storto. E Dio, quindi, porrà un rimedio a questo che è andato storto.
L'idea della fine dei tempi implica che uno accetti come premessa che qualcosa è andato storto. Se no non ha senso. La posizione apocalittica, la risposta apocalittica è che qualcosa è andato storto nel progetto divino. Questo qualcosa andato storto è questa ribellione, che poi viene indicata in termini mitici come una ribellione di angeli guidati dal satana, guidati da un principe angelico, che lasciano il cielo, si uniscono ai figli delle donne, generano giganti. Questa è la stessa cosa che troviamo anche nella mitologia greca con la gigantomachia e la titanomachia: gli angeli sono i titani che generano i giganti.
Dopodiché i figli di Dio buoni, gli Arcangeli Michele, Gabriele, Raffaele e Uriele… Qui breve parentesi. Io sono nato nella festa dei quattro Arcangeli, allora celebrata il 24 marzo. E i miei genitori decisero di darmi i nomi dei quattro Arcangeli. E il tutto andava bene a tutti. Erano bei nomi ebraici e al tempo stesso erano bei nomi della tradizione cristiana per cui io mi chiamo Gabriele, Raffaele, Michele. Io ringrazio il libro di Enoch che non era canonico, altrimenti mi sarei chiamato anche Uriele. Però cattolico so che questo doveva essere il mio quarto nome.
Questi quattro Arcangeli vengono mandati da Dio, sconfiggono gli angeli. Poi voi capite da questa storia perché il diluvio l'avesse mandato, perché la terra venisse ricoperta, perché si dovevano far affogare non gli uomini, si dovevano far affogare i giganti. Per questo anche nella Bibbia sono scritti tutti questi cubiti d'acqua che devono riempire l'universo. Ci voleva molto meno per far fuori gli uomini. Bisogna far fuori i giganti. I giganti vengono fatti fuori, però i giganti sono figli degli angeli caduti e delle donne. Allora sono un po' mortali e un po' immortali. Il corpo viene distrutto, ma gli spiriti sopravvivono. Sono questi gli spiriti maligni.
Avete presente il Vangelo, compreso Matteo, dove si parla degli spiriti maligni? Non vi viene detto chi sono. Perché tutti lo sapevano. Ecco, un'altra cosa di cui bisogna ricordarsi leggendo il Vangelo. Tante cose non vi sono dette non perché l'Evangelista si divertiva ad essere oscuro, o perché erano cose esoteriche. Tante volte le cose che non vengono dette sono quelle più ovvie.
Io quando sono andato negli Stati Uniti, il primo anno, la mia difficoltà più grande era come si telefonava negli Stati Uniti. Perché era una cosa talmente ovvia che nessuno mi aveva detto. Cioè a nessuno viene in mente di dire ad una persona che viene da fuori come funziona il telefono, perché è una cosa che si fa tutti, e che tutti, anche i bambini sanno. Mentre ti viene spiegato tutto su quelle che sono cose più strane.
Ecco, nel Vangelo accade lo stesso. Vi vengono spiegate cose che l'Evangelista pensava che le persone non sapessero e non vi vengono spiegate cose che erano così ovvie che sarebbe stato tempo perso spiegarle. È inutile che spieghi chi sono gli spiriti maligni: tutti lo sanno, anche i bambini, a quell'epoca. Il problema è che noi non si sa.
Allora gli spiriti maligni sono gli spiriti impuri, sono le anime dei giganti che sono stati uccisi e che sono ancora sulla terra. Mentre invece gli angeli caduti sono stati sprofondati in questa buca - pensate a Dante Alighieri - in questa buca nel deserto dove se ne stanno in una specie di prigione fino…
Perché Dio non ha distrutto tutto? Perché Dio è buono, e quindi se avesse voluto distruggere avrebbe usato il fuoco, distruggendo tutto, ma anche gli innocenti. Invece Dio ha purificato il mondo con l'acqua, e soltanto ha aspettato il tempo per gli uomini di pentirsi, e soltanto alla fine userà il fuoco per distruggere il male. Infatti il giudizio finale non è con l'acqua, ma è con il fuoco.
Tenete presente questa simbologia dell'acqua e del fuoco, perché altrimenti non capite Giovanni Battista. E non capite il battesimo, il rapporto fra il battesimo e il giudizio. Il battesimo è con l'acqua, il giudizio è col fuoco, esattamente come il diluvio è stato con l'acqua e la fine dei tempi sarà col fuoco.
Guardate, gli antichi ebrei non avevano conoscenze scientifiche, però sapevano benissimo che se ti lavavi le mani, se c'era una malattia lavarsi le mani serviva a qualcosa. E sapevano anche benissimo che era meglio usare il fuoco. Anche se leggete la descrizione della peste di Manzoni lo vedete che sapevano benissimo, persone anche senza conoscenza scientifica che di fronte alla peste, di fronte a una epidemia la cosa che funziona di più è il fuoco.
Il fuoco è un problema, però, ti ammazza il malato. Se scoppia la peste in un villaggio la cosa che teoricamente funzionerebbe di più è dare fuoco a tutto, a chi è malato, a chi non è malato, a chi non è ancora malato, a tutta la gente. Ma questo distruggerebbe i malati, i sani, e tutto. Quindi l'acqua è un modo di purificazione che è meno efficace del fuoco, ma che attenua gli effetti della malattia.
Nella tradizione apocalittica il male viene interpretato come una specie di malattia, che si è introdotta nel mondo attraverso il peccato degli angeli caduti.
Per cui noi ancora oggi nella preghiera di Gesù diciamo che Dio deve liberarci dal male o dal maligno. Cioè non è che soltanto Dio deve ispirarci a compiere buone azioni o buone scelte. Noi parliamo del male, nella tradizione cristiana, come una specie di pericolo dal quale dobbiamo essere salvaguardati. Dobbiamo essere liberati dal male, o dal maligno. C'è qualcosa di cui possiamo essere vittime: parliamo del peccato originale, parliamo di una situazione del male nel quale si è vittime e non soltanto responsabili.
Tenete presente questa dimensione apocalittica perché è essenziale per la lettura dei Vangeli, e di Matteo in particolare. Ovviamente nella tradizione ebraica al tempo di Gesù tutte queste posizioni si riflettono e si scontrano.
Quindi quando voi leggete un Vangelo o una tradizione cristiana la prima cosa da capire è come il Vangelo si colloca all'interno di un dibattito. Cioè non è che c'è una posizione ebraica e poi i cristiani dicono non ci piace, oppure ci piace, la seguiamo oppure no. No, c'è un dibattito, ci sono diverse posizioni, e i cristiani si collocano, Gesù e i cristiani entrano a far parte di questo dibattito. È una domanda aperta alla quale si danno risposte diverse. E Gesù entra con una sua posizione originale dando una risposta.
Come vedete, allora, dire che Gesù è ebreo e che i testi del Nuovo Testamento sono testi ebraici non vuol dire che non c'è nulla di nuovo in questi testi perché sono come tutti gli altri. Perché non c'è un essere come tutti gli altri.
Cioè dire che Gesù è ebreo non vuol dire che Gesù è come tutti gli altri, perché non c'è un essere come tutti gli altri. Gesù è ebreo perché è parte di un dibattito ebraico del suo tempo. Il Vangelo di Matteo è un testo ebraico e cristiano perché esprime una posizione all'interno di un dibattito del giudaismo del suo tempo.
Come essere dossettiani, per dire, esprime una posizione all'interno della Chiesa italiana, che entra in dibattito, qualche volta anche, forse, in conflitto con altre posizioni di altri gruppi della Chiesa, in ogni caso in un dialogo tra posizioni diverse.
Come vedete, l'idea stessa di una fine dei tempi, di un Messia… Quando noi parliamo del Messia noi non parliamo semplicemente di un messia, una persona incaricata da Dio, noi parliamo del Messia alla fine dei tempi. Senza l'idea della fine dei tempi non c'è il Messia, ci sono tanti messia.
Ma i sacerdoti guardiani del Tempio, i sadducei, dicevano che non esiste la fine dei tempi, perché Dio ha creato l'universo buono e Dio è in controllo delle situazioni. Il regno di Dio è sulla terra, non è qualcosa che deve venire. Il regno di Dio è ciò che esiste, e Dio è capace di tenere sotto controllo la situazione.
Quindi l'idea per loro che il mondo fosse andato fuori di controllo, e Dio avesse perso la signoria… Se ci pensate bene lo scandalo della tradizione sinottica, dice Gesù: Il regno di Dio sta per venire è uno scandalo, perché implica che Dio non governa. È una affermazione teologica molto seria. Perché dire che il regno di Dio verrà vuol dire che il regno di Dio non c'è, e che quindi Dio non governa questo mondo, non è re di questo mondo. Dio non è più il re di questo mondo. Poiché Dio è il creatore vuol dire che ha perso il controllo.
Voi capite che sono tutte affermazioni, se ci pensate bene, piuttosto scandalose. Dio ha stabilito un regno… In fondo lo poteva fare come voleva, era Dio, c'era solo lui. Cioè ha fatto quello che voleva. E nonostante questo ha perso il controllo del suo regno. E Dio lo deve restaurare.
Per es., i sadducei dicevano: questo è impossibile, questo è contrario alla logica di Dio. Dio è un re che regna sulla terra e regna in perfetto controllo. Non c'è fine dei tempi, c'è un regno eterno. Dio, se le cose vanno male, manda i suoi messia a rimettere le cose a posto, oppure a governare il regno. Perché Dio governa attraverso i suoi emissari.
Per cui esiste un messia, certo, non soltanto esiste un messia, ma esistono diversi messia, e il sommo sacerdote è un messia. perché è unto. Sono gli emissari di Dio.
Poi c'erano gli ebrei ellenisti che seguivano la tradizione sapienziale. Non esiste il male, quindi non esiste un regno di Dio finale, perché il regno di Dio è sulla terra, e Dio governa secondo il suo piano misterioso. E ci sono di nuovo delle persone che sono inviate di Dio.
Pensate a Giuseppe Flavio. Giuseppe Flavio è uno storico, noi lo ricordiamo come storico, perché ha scritto la Guerra giudaica, ha scritto le Antichità giudaiche. È il più grande storico ebraico del I secolo. Giuseppe Flavio era anche un sacerdote, molto orgoglioso di esserlo. Fra l'altro non era una persona molto modesta. Si considerava un grande profeta. Se voi leggete la Guerra giudaica, quando viene catturato dai romani - lui è stato anche un generale, comandava le truppe giudaiche in Galilea durante la guerra giudaica - quando viene catturato dai romani si presenta di fronte a Vespasiano, e dice: io sono stato catturato perché sono un profeta, sono qui per annunciarti una grande notizia, che tu sei il messia mandato da Dio a restaurare il potere di Dio su Gerusalemme che è stato tradito dagli zeloti, dai rivoluzionari del tempio che hanno, fra l'altro, dimesso il sommo sacerdote.
Voi capite che per Giuseppe Flavio, per es., Vespasiano, l'imperatore romano Vespasiano è come Ciro, il messia mandato da Dio per risolvere una situazione del tempo.
Ma c'erano persone che, invece, erano contrarie a questa visione, e invece proclamavano una visione diversa. Ovviamente chi saranno stati? Quelle idee del mondo che non è regno ovviamente erano più popolari per i ricchi o per i poveri? Ovviamente per chi ha il potere e per chi è ricco è comodo dire che questo è il regno di Dio, e loro sono ricchi perché Dio li ha stabiliti, li ha benedetti con la loro prosperità.
Ovviamente per chi vive in situazioni difficili dire che questo è il regno di Dio è difficile da accettare, soprattutto in situazioni dove l'essere povero voleva dire essere disperato. Come puoi accettare l'idea che la sofferenza della quale fai esperienza quotidiana è dovuta da Dio? Che Dio può gioire del fatto che i tuoi figli muoiono di fame? O gioire del fatto della mancanza del pane quotidiano? O delle malattie?
Quindi, diciamo, si sviluppano nel periodo del secondo Tempio soprattutto due gruppi fortissimi di opposizione, uno saranno gli esseni e uno sono i farisei, con due opzioni diverse. Gli esseni seguono più l'idea apocalittica, per dirla in termini molto semplici, seguono più l'idea apocalittica di questa corruzione cosmica dell'universo. Mentre i farisei condividono l'idea che qualcosa è andato male, ma mettono l'accento sul cumulo dei peccati umani, non su una ribellione cosmica. L'uomo è libero, però generazione dopo generazione gli uomini hanno commesso il male. Questo male si è accumulato, accumulandosi ha creato l'idea di Dio, ha creato una situazione di distacco tra la volontà di Dio e la realtà dell'uomo. Quindi il regno di Dio è sì la restaurazione di Dio, ma è anche un riappropriarsi dell'uomo della fedeltà a Dio. È una restaurazione del corretto rapporto tra uomo e Dio.
Noi spesso, lo vedremo anche nel Vangelo di Matteo - vedete che introduco continuamente elementi che vi aiutano sul Vangelo di Matteo. Nel Vangelo di Matteo voi potete avere l'impressione dei farisei - e vi spiegherò perché - come un gruppo conservatore. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti. C'è solo in questa forma in Matteo.
Ma dobbiamo ricordarci che dal punto di vista storico i farisei non erano un gruppo conservatore. I farisei erano un gruppo riformatore. La ragione per cui, anzi, c'è così tensione tra cristiani e farisei è perché i cristiani per dire che i sadducei hanno torto basta un raccontino. Perché non hanno bisogno di sprecare tante parole, tale è la loro opposizione. Ma i farisei competono con loro. Quando si vuole cambiare il mondo, ma lo si vuole cambiare secondo direzioni diverse si finisce qualche volta per odiarsi più che non… (Se questo vi ricorda la minoranza del PD, questo non è colpa mia).
Ci si odia di più tra vicini che non con gli avversari. Perché ci si rivolge allo stesso pubblico, e si compete con lo stesso pubblico, che ha lo stesso gruppo di persone, che ha le stesse esigenze, ma li si vogliono spostare su direzioni diverse. Allora quelli con cui siamo vicini, abbiamo un patrimonio di idee comune, condividiamo l'analisi dei problemi, ma non la soluzione, allora diventano qualche volta più nemici di coloro che vogliamo in realtà combattere.
Quindi se voi vedete, per es., nei Vangeli sinottici il rapporto con i sadducei, c'è soltanto un episodio in cui Gesù racconta un piccolo episodio e conclude dicendo: avete completamente torto. E ha finito lì. Non c'è altro da aggiungere. I cristiani hanno poco da dire al sommo sacerdote, hanno poco da dire alla aristocrazia sacerdotale sadducea, come anche i farisei hanno poco da dirgli. Perché il loro messaggio è un messaggio di opposizione. E sono ripagati con la stessa moneta.
Guardate, se Gesù viene ucciso dai romani con la complicità della aristocrazia sacerdotale non è perché Gesù fosse completamente innocente, cioè non è che Gesù fosse tanto tenero, non violento, per carità. Ma non è che Gesù sia stato tanto tenero nei confronti del Tempio o della aristocrazia sacerdotale. Lo vedremo poi nella terza giornata.
Per concludere il discorso di stamani quello che volevo dire è questo. L'idea messianica non è semplicemente una idea che riguarda cosa Gesù ha fatto o non ha fatto per convincere le persone che lui era il vero Messia. Cioè non è una questione di manifestazione di potere: vince chi è più persuasivo.
Il problema messianico del I secolo è prima di tutto il problema di quale Messia si attende. Perché si riconosce in una figura il Messia se questa figura risponde a certe premesse. Se non si accettano le premesse non ha nessun senso. Cioè dal punto di vista di un sadduceo o di un giudeo ellenista l'idea messianica di Gesù non ha nessun senso. Prima di tutto perché non c'è la fine dei tempi. Se non c'è la fine dei tempi che deve fare il Messia alla fine dei tempi?
Cioè per arrivare ad accettare un Messia devi accettare una serie di premesse. La prima premessa è: qualcosa è andato storto in questo mondo, e Dio per rimediare dovrà inviare un suo inviato alla fine dei tempi. Se io non accetto questa serie di premesse, basta. Il punto è andare avanti.
Secondo problema. Se anche io accetto questa idea che qualcosa è andato storto ovviamente la figura del Messia dipende dal perché è andato storto. Se io penso che sia andato storto per un cumulo di peccati umani, e che quindi sia la scelta dell'uomo, in primo luogo, della teshuvà, del ritorno a Dio, allora è responsabilità dell'uomo ritornare a Dio. E il Messia sarà colui che regna nel regno dei cieli.
E quindi il Messia è il figlio di Davide, è un uomo che governerà l'umanità restaurata nel regno dei cieli. Ma se il regno dei cieli, il regno di Dio significa la sconfitta di quel mondo di male che ha corrotto l'universo il Messia deve venire dal cielo, come è venuta la corruzione. Nessun uomo può combattere, detto in termini evangelici, nessun uomo può legare l'uomo forte se non è altrettanto forte. Allora nessun uomo sarà mai capace di sconfiggere…
Perché il giudizio è prima di tutto un giudizio nei confronti delle schiere angeliche, la distruzione di coloro che hanno prodotto questa corruzione. Così come il male è venuto dal cielo così la grazia - noi siamo già vicini al linguaggio del Nuovo Testamento - così la grazia deve venire dal cielo, da un persona, da un essere che, come minimo, è altrettanto forte di coloro che hanno creato questa situazione. Nessun uomo potrà mai…
Questa non è una idea cristiana, questa è una idea che già trovate nel libro di Enoch, nel libro delle parabole, e che il libro delle parabole sviluppa attraverso una elaborazione del libro di Daniele. Ed è il figlio dell'uomo. Il figlio dell'uomo non è l'uomo, o un uomo. Il figlio dell'uomo è un angelo, un essere celeste che appare come un uomo, che appare in forma umana. Ricordatevi, in Daniele non abbiamo il figlio dell'uomo, ma abbiamo: E vidi qualcuno che appariva come un figlio dell'uomo. Nel linguaggio apocalittico, nelle apocalissi gli uomini sono descritti come animali, e gli angeli sono descritti come uomini. L'uomo diventa, nel linguaggio apocalittico, l'immagine dell'essere che è fedele a Dio, perché è l'immagine di Dio.
Quindi il figlio dell'uomo, o meglio, colui che appare come il figlio dell'uomo è il Messia celeste che viene alla fine dei tempi per compiere il giudizio. Poiché il giudizio è un giudizio col fuoco, un giudizio di distruzione, questa persona, questo essere deve avere una autorità che è superiore a coloro che vengono giudicati. Quindi deve venire dal cielo.
Ora, rimango in maniera molto vaga, dal cielo, perché dal cielo possono venire diverse cose, nella tradizione ebraica. Comunque viene dal cielo, non è un uomo, è comunque qualcuno che assume un potere superiore all'uomo, o diventa angelo, viene trasfigurato, o comunque assume un potere celeste. Perché deve venire dal cielo? Perché deve sconfiggere le forze celesti responsabili del male e deve produrre il giudizio.
Questa, ripeto, non è una idea cristiana, questa è l'idea che i cristiani svilupperanno in maniera originale attraverso delle varianti. Perché poi vedete che Gesù e Matteo hanno qualcosa da aggiungere.
Naturalmente è una buona conclusione perché avete una suspense per il pranzo, per poter riflettere su questi elementi e venire qui a sentire qualche ulteriore informazione nel pomeriggio.