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Attività

Leggere il Vangelo di Matteo come testo giudaico del Secondo Tempio
(Prof. Gabriele Boccaccini)
(il testo non è stato rivisto dall'autore)


Primo giorno - terza lezione

Buon pomeriggio a tutti. Allora riprendiamo la nostra discussione sulla interpretazione nel Vangelo di Matteo del pensiero messianico.
Io spero di avere mostrato stamattina come il discorso della ebraicità del Vangelo di Matteo debba essere compreso, non tanto partendo dal Vangelo di Matteo e andando a ritroso per cercare le radici o le influenze ebraiche. Io invece devo fare uno sforzo per fare esattamente l'opposto, partire dalla tradizione ebraica e vedere quali erano le domande aperte al tempo di Gesù e di Matteo, e come a queste domande viene data una risposta nel testo del Vangelo di Matteo.
Cioè l'ebraicità del Vangelo di Matteo per me consiste essenzialmente nel fatto che i Vangeli cristiani sono una possibile risposta a delle domande che erano aperte nella tradizione ebraica del tempo. Leggendo il Vangelo bisogna vedere la conclusione dell'itinerario che parte dalla tradizione ebraica, non semplicemente come un discorso che vada a ritroso dalle fonti cristiane stesse. Perché secondo me troppo spesso si leggono i testi cristiani alla ricerca delle radici ebraiche semplicemente andando a ritroso.
Ma prima di tutto bisogna anche fare un discorso di come a certe domande aperte il Vangelo dà una sua risposta. Un po' continuando quella immagine, da un punto di vista storico i Vangeli sono una possibile risposta a problematiche, a domande aperte nel loro tempo, alla quale si affiancano altre possibili risposte che si muovo in direzioni diverse. Noi leggiamo il Vangelo, leggiamo i testi antichi non sappiamo a quali domande essi rispondono, ma attraverso la ricerca storica possiamo avere almeno una idea di quali erano le questioni aperte nel periodo.
Quindi riguardo specificamente al discorso della cristologia, all'interpretazione del Messia io mettevo in evidenza stamani come nella tradizione ebraica del tempo esistesse un dibattito sulla figura del Messia, sul ruolo del Messia, sull'attesa messianica.
Ovviamente a questo dibattito si univano voci diverse tra coloro che non si aspettavano l'avvento di un Messia perché non si aspettavano la fine dei tempi, quindi un Messia alla fine dei tempi: coloro, alcuni gruppi giudaici, che, come i farisei e gli esseni, avevano fatto della attesa messianica il centro della loro riflessione teologica pur con prospettive molto diverse.
Perché, ripeto, la figura, l'identikit del Messia dipende da alcune premesse. Il Messia viene atteso secondo certe caratteristiche o altre non arbitrariamente, ma date alcune premesse diverse. E le due figure che si scontrano sostanzialmente all'epoca di Gesù sono quelle del figlio di Davide e del figlio dell'uomo. Sono due figure che originariamente sono diverse. Vedremo, poi, che in Matteo vengono combinate, ma originariamente queste due figure, il figlio di Davide e il figlio dell'uomo, sono due figure diverse, distinte.
Figlio di Davide è una figura messianica presa sul modello di re Davide. Davide viene, nella tradizione biblica, scelto da Dio, è un uomo, anzi, viene scelto come ragazzo, e poi si manifesta al momento scelto da Dio. Il Messia figlio di Davide ha compiti di reggenza. Non li chiamerei politici, perché anche questi sono compiti religiosi, di guida spirituale, ma sono compiti di reggenza del popolo di Dio.
Il Messia figlio di Davide si rivela alla fine dei tempi, al momento in cui Dio decide di restaurare il proprio regno sulla terra. Un regno che è andato meno a causa del peccato umano. Nel momento in cui Dio in collaborazione con l'uomo restaura la sovranità di Dio sulla terra allora ecco che il figlio di Davide diventa il catalizzatore, il leader del nuovo Israele e della nuova umanità.
Nella tradizione, invece, del figlio dell'uomo vi è all'origine una accentuazione sulla corruzione del mondo basata su un conflitto cosmico, una ribellione cosmica contro Dio, alla quale poi si dovrà far rimedio attraverso l'invio di un Messia che in qualche maniera controbilanci l'azione del male. Il Messia in questo caso è celeste perché il male ha origine celeste e ha una funzione che è del tutto speculare a quella del male. Al male si oppone la grazia divina attraverso un analogo atto gratuito da parte di Dio.
Naturalmente corrisponde alla visione teologica per cui Dio non può essere visto come responsabile o in qualche maniera coinvolto nel problema del male. Così come Dio non ha prodotto il male, perché il male si è prodotto attraverso un atto di ribellione indipendente da Dio, così il male sarà eliminato non da Dio stesso, ma da un agente celeste incaricato da Dio di svolgere il giudizio.
Questo è un po' lo sfondo generale che è alla luce. Naturalmente ci sono molteplici varianti a questo schema. Ed è su queste varianti che poi si colloca il discorso cristiano. Una prima variante che riguarda la tradizione del figlio di Davide è la possibilità che il Messia si manifesti prima della fine dei tempi.
Ricordatevi che in tutti e due questi schemi il Messia si manifesta contemporaneamente alla fine dei tempi, e anche, se volete, dopo l'atto di restaurazione della fine dei tempi. Dio interviene, pone un termine alla storia, restaura il suo regno e a questo punto manifesta il Messia. Il Messia non ha un ruolo nell'instaurazione del regno, ma ha un ruolo nella gestione del regno, un ruolo di governo, diciamo, nella tradizione del figlio di Davide, un ruolo di giudizio dei peccati nella tradizione del figlio dell'uomo.
Ci sono ovviamente delle varianti. E la prima variante è la possibilità che il figlio di Davide si manifesti prima della fine dei tempi. Perché, per quale ragione? Questa è la posizione che è propria degli zeloti, un gruppo di farisei i quali ritengono che l'uomo debba in qualche modo collaborare alla distruzione dei nemici e alla restaurazione del regno dei cieli. Quindi il Messia figlio di Davide si manifesterà prima della fine dei tempi per guidare la battaglia escatologica essenzialmente contro le nazioni e per la restaurazione del regno di Dio. Quindi questa idea del Messia militante o del Messia guerriero che giustifica la sua venuta prima, in anticipo sulla fine dei tempi. Quindi l'avvento del Messia precede temporalmente la restaurazione del regno di Dio perché il Messia ha una funzione da svolgere per la restaurazione del regno stesso.
Nella tradizione enochico-essenica non c'è questa idea. Nella tradizione enochico-essenica il Messia è essenzialmente il giudice escatologico, non ha nessun ruolo terreno. Questo è il modo con cui viene riletta la figura del figlio dell'uomo dalla tradizione enochica, dal libro delle parabole di Enoch nella sua rilettura del libro di Daniele. Ricordatevi che nel libro di Daniele, che viene citato nella tradizione evangelica, in realtà il figlio dell'uomo non è propriamente un Messia.
Perché, nella visione di Daniele, Daniele parla di una profezia alla fine dei tempi e di un giudizio alla fine dei tempi. Si parla di Dio che instaura il giudizio, i troni vengono posti in cielo, si aprono i libri per il giudizio, dopodiché il giudizio comincia. E ad essere giudicati sono delle bestie che sono i rappresentanti dei regni terreni - nel linguaggio apocalittico i regni sono sempre presentati come animali.
E poi c'è un altro elemento che è questo essere che appare come il figlio dell'uomo, il quale anch'egli non siede sul trono dei giudici, ma viene giudicato. Se voi guardate con attenzione il libro di Daniele il figlio dell'uomo non siede sul trono del giudizio, non è giudice con Dio, è tra coloro che vengono giudicati da Dio. Dio giudica gli animali e li giudica colpevoli. Dopo arriva il figlio dell'uomo al quale Dio dà il potere.
Questo figlio dell'uomo viene interpretato da punto di vista storico probabilmente come una immagine di Michele che è principe della casa di Israele, il rappresentante celeste del popolo di Israele. Ma la cosa importante nel libro di Daniele è che il Messia, figlio dell'uomo, non giudica. Mentre nella tradizione del libro delle parabole questa figura è trasformata da un essere che è giudicato, al quale viene dato il potere, a un essere, invece, che siede sul trono divino a giudicare i malvagi, a giudicare, prima di tutto, gli angeli ribelli e poi coloro che sono stati corrotti dal potere degli angeli ribelli.
Questo nuovo giudice escatologico è chiamato il figlio dell'uomo, è chiamato il Messia, è chiamato il Servo. È chiamato con quegli attributi, con quegli stessi identici attributi che nei Vangeli sinottici vengono applicati a Gesù.
Qual è la differenza sostanziale? E qui torno sul tema dell'ebraicità. Quando si dice che il Vangelo di Matteo è ebraico non vuol dire che il Vangelo di Matteo è un testo che ripete cose già dette da altre fonti giudaiche del tempo. Vuol dire che è un testo che risponde ad alcune problematiche aperte all'interno del giudaismo del I secolo. E risponde anche con una sua originalità.
Noi qualche volta (questa è una cosa che facciamo spessissimo quando leggiamo il Vangelo) prendiamo un brano del Vangelo e cominciamo a dire: questo ha un parallelo nella tradizione ebraica del tempo. Anche questo ha un parallelo. Ah no, questo è nuovo, e quindi questo è cristiano, e quindi non è più ebraico.
Guardate che se si dovesse applicare lo stesso criterio nessuno sarebbe più ebreo. Perché se noi guardassimo a qualsiasi pensatore ebreo dicendo: è ebraico solo ciò che ripete ciò che altri ebrei hanno detto e non è ebraico ciò che, invece, esprime una posizione originale, nessun pensatore ebreo sarebbe ebreo. Maimonide non sarebbe ebreo, Filone non sarebbe ebreo. Nessun  pensatore ebreo che esprime qualcosa di originale sarebbe più ebreo.
Cioè il Vangelo di Matteo è ebreo anche in ciò che esprime di originale. Non so se è chiaro questo discorso. Perché questo è un punto fondamentale, perché altrimenti si dice: questi sono gli elementi ebraici nel Vangelo, mentre invece questa è una cosa nuova, non è più ebraica. Perché una cosa che un ebreo ha detto in maniera originale non è più ebraica.
Il Vangelo di Matteo è un Vangelo ebraico, fondamentalmente, in tutto ciò che esprime. Cioè dire che un Vangelo è ebraico non vuol dire che ripete cose già dette, vuol dire che si pone in dialogo con altre posizioni esprimendo una propria posizione, ma anche esprimendo posizioni originali. Cosa c'è di originale nella posizione di Gesù e dei Vangeli? C'è una cosa che essenzialmente voi non  trovate nel libro delle parabole di Enoch e non trovate in nessuna altra fonte riguardo al figlio dell'uomo, ed è la presenza del Messia figlio dell'uomo sulla terra prima del giudizio finale.
Ripeto, nella tradizione farisaica del figlio di Davide noi abbiamo, nella tradizione zelota, l'idea del perché il figlio dell'uomo possa intervenire sulla terra prima del regno di Dio, per promuovere la crisi, la battaglia escatologica contro le forze del male.
Non abbiamo, però, nel libro delle parabole di Enoch, o nella tradizione enochica in generale, nessun riferimento alla possibilità che il Messia si manifesti prima. Cosa che invece il Vangelo di Matteo esprime. Perché Gesù, nella tradizione cristiana, è giunto alla vigilia della fine dei tempi, a inaugurare il regno dei cieli. Non è che si manifesta dopo che il regno dei cieli…
Gesù non si manifesta, secondo il Vangelo di Matteo, soltanto come giudice escatologico, ma anche come giudice escatologico - Gesù stesso nel Vangelo di Matteo, ricordate, dirà: vedrete il figlio dell'uomo che verrà con gli angeli nel cielo. Si riferisce a quella venuta del Messia dal cielo come giudice escatologico.
Ma i Vangeli presentano un Gesù che predica, prima della fine dei tempi. Quindi qual è la ragione della venuta del figlio dell'uomo prima della fine dei tempi? Perché il Messia escatologico deve venire prima?
La tradizione cristiana sviluppa qui un elemento che era già nella tradizione del libro delle parabole, ma in maniera del tutto originale e attraverso la mediazione di Giovanni il Battista. Quindi vorrei cercare di spiegare come si passa dal libro delle parabole a Gesù.
Dunque, nel libro delle parabole di Enoch si parla che alla fine dei tempi il giudizio avverrà, e quando il giudizio sarà stabilito, si apriranno i cieli, quindi tutti vedranno esattamente quando. In quel momento si aprono i cieli, il regno di Dio si instaura sulla terra e a quel punto il figlio dell'uomo interviene e compie il giudizio. Il giudizio viene fatto dal figlio dell'uomo con il fuoco distruttore. Perché è il fuoco che purifica, elimina il male. Se volete, nel libro delle parabole il figlio dell'uomo è un salvatore, ma è anche una figura terrificante di distruttore.
Però, una cosa molto importante, la tradizione apocalittica si rendeva conto - di nuovo, ricordate l'immagine della coperta che va su e giù - che c'erano dei problemi molto seri in questa prospettiva, soprattutto nel momento in cui la tradizione apocalittica affermava che la fine dei tempi sarebbe stato il momento della storia in cui il male era più forte, in cui la corruzione era maggiore, in cui la maggioranza delle persone sarebbe stata affetta dal male.
Voi capite che se Dio interviene proprio nel momento in cui il male è più forte nella terra significa anche che solo pochi si salveranno. E questa idea, se volete, è giusta, è giusto che Dio punisca coloro che sono malvagi. Però si scontra con l'altra idea fondamentale della misericordia divina. In fondo Dio non può essere così crudele da intervenire in una situazione in cui si compiace della morte, della perdizione della stragrande maggioranza dell'umanità, e non fa nulla per contenere il numero delle "vittime", cioè per contenere il numero delle persone che non passeranno il giudizio.
La tradizione apocalittica del libro delle parabole cerca in qualche maniera di risolvere il problema. Guardate che è un problema molto serio, perché se io affermo che il giudizio avviene con giustizia è giusto che i peccatori siano condannati. Però Dio è anche misericordioso. Ma che rapporto c'è tra la giustizia di Dio, che punisce chi è colpevole, e la misericordia di Dio che vorrebbe accogliere anche chi è colpevole senza che questi due elementi entrino in cortocircuito?
Il libro delle parabole cerca di risolvere il problema, nel cap. 50 del libro delle parabole, affermando che nel momento in cui Dio compirà il giudizio non si troverà di fronte due gruppi come ci si sarebbe aspettato, i peccatori e i giusti, ma in realtà i peccatori si divideranno in due gruppi.
I giusti, sono coloro che sono salvi nel giudizio secondo la giustizia divina, sono coloro che hanno amato il prossimo. Non si tratta tanto delle opere della legge, si parla dell'amore per il prossimo, in maniera molto simile a quello che anche Matteo fa nella visione del giudizio: avete amato i miei fratelli. C'è questo discorso dell'amore. E le persone che hanno amato, che hanno prestato servizio agli altri sono i giusti. I giusti non hanno bisogno del figlio dell'uomo, i giusti non vengono nemmeno giudicati, passano il giudizio. Perché il giudizio riguarda i colpevoli.
Il problema del libro delle parabole sono i peccatori, che sono la maggioranza. Però il libro delle parabole distingue due gruppi. Nel momento del giudizio si formeranno due gruppi: coloro che si pentono e coloro che invece non si pentono. Allora questi due gruppi non verranno trattati alla stessa maniera. Soltanto coloro che non si pentono saranno condannati nel giudizio, mentre coloro che si pentono - questo è molto importante - il testo dice: nonostante che non abbiano meriti di fronte alla giustizia di Dio saranno salvati per la misericordia di Dio.
Quindi noi abbiamo un gruppo di persone, i giusti, che sono salvati per misericordia e giustizia, perché hanno vissuto una vita di amore e servizio nei confronti dei loro fratelli. Poi abbiamo due altri gruppi, un gruppo che non si converte, non si pente del male commesso, e quindi si autocondanna alla perdizione, e un gruppo invece di coloro che si pentono delle loro azioni malvage, e ricevono una assoluzione - chiamiamola pure in termini cristiani - non in ragione della giustizia di Dio, ma in ragione della sua misericordia.
Questo elemento, che è un accenno nel libro delle parabole, che avverrà soltanto, secondo il libro delle parabole nel momento del giudizio alla fine dei tempi, diventa però un elemento fondamentale nella predicazione di Giovanni Battista. Pensate alla predicazione di Giovanni Battista così come ci è ricordata nei Vangeli, anche nel Vangelo di Matteo, e anche nelle fonti non cristiane: Giovanni è ricordato anche in Giuseppe Flavio. Giovanni è una figura molto importante nella tradizione ebraica del tempo, molto conosciuta, molto popolare, di cui non si parla soltanto nella tradizione cristiana, si parla anche nella tradizione ebraica con estrema ammirazione.
Qual è il punto fondamentale di Giovanni Battista? Giovanni Battista prima di tutti introduce un elemento: l'imminenza del giudizio. Cioè rispetto al libro delle parabole che dice che ci sarà il giudizio divino Giovanni Battista dice: è questo il momento in cui il giudizio avverrà. Come vedete, introduce una piccola variante: il giudizio avviene ora, avverrà presto.
Seconda importante variante di Giovanni è: convertitevi. Attraverso un atto di penitenza, di pentimento che suoni come una invocazione al perdono di Dio. Le fonti cristiane, Matteo, ma anche le fonti ebraiche sono concordi nel fatto che il battesimo di Giovanni Battista fosse legato in qualche modo al perdono dei peccati. Ma entrambi affermano anche che Giovanni Battista non si presentava come colui che aveva l'autorità di perdonare i peccati. Il battesimo di Giovanni era visto come una invocazione, una preghiera a Dio da parte di una persona che si riconosceva peccatore perché Dio esercitasse la sua misericordia nel momento del giudizio.
Questa idea si fonda su alcune tradizioni ancora apocalittiche, che noi ritroviamo in un altro testo. Vedete, faccio riferimento a un sacco di testi, Enoch, ora la vita di Adamo ed Eva, che non sono testi che voi leggete nella Bibbia, oggi, ma che erano i testi popolari religiosi apocalittici dell'epoca di Gesù, ai quali si fa riferimento, si allude, si citano tranquillamente perché erano parte dell'educazione, dell'insegnamento del periodo.
Esiste un libro che noi oggi chiamiamo la Vita di Adamo ed Eva che è un testo apocalittico molto interessante che racconta di una cosa che voi non leggete nella Bibbia: cosa hanno fatto Adamo ed Eva dopo il peccato. E questo libro racconta della loro vita, e racconta soprattutto del dramma di Adamo e di Eva, i quali si rendono conto di avere trasgredito l'ordine divino, e si domandano come possono recuperare l'amicizia con Dio. E discutendo insieme dicono: come possiamo fare? Perché noi siamo condannati, abbiamo trasgredito l'ordine divino. Al momento della nostra morte noi saremo condannati, le nostre anime saranno condannate. Adamo ed Eva discutendo dicono: Dio è misericordioso, Dio non può rimanere insensibile al nostro grido di dolore, alla nostra sofferenza, al nostro pentimento. Compiamo opere di penitenza, e Dio, forse, ci salverà.
Cosa decidono di fare? Guarda caso, Adamo ed Eva decidono di rimanere immersi nelle acque del Giordano, anzi, per motivi di purità bisogna dire che Adamo è immerso nelle acque del Giordano, mentre Eva è immersa nelle acque di un altro fiume dell'Eufrate, che questo un po' corrisponde alla visione essena dove le purificazioni dovevano avvenire separate fra uomini e donne, ma questo è un altro discorso. Ma è interessante la presenza del Giordano. Secondo questa leggenda Adamo rimane 40 giorni immerso nelle acque del Giordano facendo penitenza.
Dopodiché Adamo muore. E a questo punto c'è questa scena dove satana e Michele, l'Arcangelo divino e satana si contendono l'anima di Adamo. E satana dice: quest'uomo merita di essere punito, perché ha trasgredito l'ordine divino. Quindi secondo la giustizia di Dio la sua anima appartiene a me, perché ha trasgredito l'ordine divino. E Michele dice: sì, però Adamo ha fatto penitenza e si è rivolto alla misericordia divina. La disputa continua finché l'intervento di Dio dà ragione a Michele. E Adamo ed Eva vengono salvati, le loro anime vengono salvate perché hanno compiuto un atto di penitenza. È Dio come  giudice che concede il perdono, Dio ha l'autorità di concedere il perdono.
Quindi si introduce nel pensiero apocalittico l'idea che alla fine dei tempi nel giudizio di Dio possa intervenire non soltanto la giustizia divina, ma anche il perdono divino, anche la capacità di Dio di negare la sua stessa giustizia, di negare il principio della sua stessa giustizia. Adamo non merita di essere salvato, ma l'atto di misericordia di Dio è più forte della giustizia divina.
Questo elemento, per es., è molto forte nella tradizione matteana, come vedremo: ha questo aspetto della misericordia più forte del giudizio. Che in qualche maniera viene anche a negare il giudizio stesso. Perché? Perché di nuovo si riconosce che l'uomo non è soltanto colpevole di un evento, di una trasgressione, ma anche vittima. Nella tradizione di Adamo ed Eva, Adamo ed Eva hanno peccato perché corrotti dal satana, quindi sono stati anch'essi vittime, in qualche misura, di un atto di male, che è stato più forte della loro stessa volontà. Sono stati anche responsabili, perché hanno ceduto a questa tentazione, ma hanno subito anche un'influenza dall'esterno.
Dunque, la tradizione di Giovanni Battista si colloca esattamente su questo filone. Da un lato si dice: il giudizio di Dio non avverrà nel futuro, avviene ora. Siamo al momento del giudizio. Dopodiché il discorso di Giovanni è un appello ai peccatori. Di nuovo, non è un appello a tutti. Perché l'immergersi nelle acque del Giordano o il fare penitenza non è qualcosa di cui i giusti abbiano bisogno, è qualcosa di cui i peccatori hanno bisogno. Quindi l'invito è a coloro che sono peccatori di rivolgersi a Dio con un atto di contrizione, un atto di penitenza, invocando la sua misericordia.
Ovviamente l'immagine del Giordano è una immagine fortemente simbolica perché si rifà all'attraversamento del popolo ebraico nell'entrata nella Terra Promessa, quindi l'entrata nella Terra Promessa è vista come una metafora dell'entrata nel regno di Dio alla fine dei tempi.
Chi di voi è stato in  Israele evidentemente sa che c'è tutta una controversia sul luogo del battesimo di Gesù. Mi spiace per quelli che stanno sul lato palestinese o israeliano, ma è molto improbabile che Giovanni Battista predicasse da quel lato, hanno più ragione i giordani. Giovanni Battista predica in Perea, che è dall'altra parte del Giordano.
E il simbolismo è dell'attraversamento del Giordano dalla Transgiordania, non l'inverso. Non ha senso attraversare il Giordano dal territorio israelo-palestinese al territorio giordano di oggi. Ha senso esattamente l'opposto. Mi dispiace dire…, ma c'è una tale controversia tra le agenzie turistiche perché l'accesso al Giordano dalla Giordania è molto complicato, è più difficile per i pullmann, per cui nessuno ha l'interesse a farlo da quella parte, mentre da questa parte è più semplice. Ma purtroppo storicamente è di là.
Anche se curiosamente Matteo parla del deserto della Giudea. Ma perché Matteo scrive in un tempo in cui la Transgiordania faceva parte della provincia della Giudea. Vedete, la geografia cambia col tempo. Non è che si possa pensare che gli scrittori del Nuovo Testamento sapessero come stavano le cose prima. Anche noi se un paesino che prima era in provincia di cosa è diventato provincia di quell'altra magari non ce ne ricordiamo più.
E logicamente Matteo scrive nel suo tempo, per lui quella è ancora Giudea, ma a quel tempo lì era Perea, addirittura era sotto un altro governo. Infatti Giovanni Battista verrà imprigionato da Erode Antipa che è governatore, re della Galilea e della Perea, non è governatore della Giudea. Giovanni Battista è sotto la giurisdizione di Erode Antipa, non è sotto la giurisdizione del governatore romano. Viene ucciso, ci dice Giuseppe Flavio, nella fortezza di Macheronte, che è una fortezza erodiana di Erode Antipa. Cosa che è confermata dal racconto un po' leggendario dei Vangeli che parlano della famosa storia del ballo di Salomè, di cui peraltro non menzionano il nome.
Però, diciamo, ecco, il simbolismo è quello dell'attraversamento del Giordano. Però non è solo questo. Il simbolismo è anche quello del diluvio, che c'è già nel libro della Vita di Adamo ed Eva, il simbolismo dell'immersione, l'immersione nelle acque purificatrici del diluvio, che hanno un potere purificatore che non è pari a quello del fuoco, ma che può evitare il fuoco. Infatti in Matteo voi leggete che: dopo di me verrà uno che è più grande di me, che vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco.
Io qualche volta faccio una certa parafrasi del messaggio di Giovanni Battista e dico: se siete peccatori siate furbi, fatevi battezzare con l'acqua se non volete essere battezzati col fuoco. Perché il discorso di Giovanni Battista è questo: il fuoco del giudizio sta per arrivare. Ma Dio è misericordioso. Fatevi battezzare con l'acqua purificatrice se volete evitare di essere colpiti, distrutti dal fuoco del giudizio.
Dopo di me viene uno più grande di me. Guardate, questo è esattamente il ritratto del figlio dell'uomo nelle parabole di Enoch. La scure è già alla radice, Matteo. Il Messia, il figlio dell'uomo è il distruttore, è colui che compie il giudizio, che taglia, che recide. Quindi che elimina il male, che taglia il male sulla terra. Ed è presentato da Giovanni Battista come colui che verrà alla fine dei tempi. Giovanni Battista non dice: il figlio dell'uomo verrà sulla terra. Verrà alla fine dei tempi a operare il giudizio.
Però a coloro che sono peccatori Giovanni Battista chiede un atto di penitenza, una invocazione, una preghiera. Il battesimo di Giovanni è una preghiera a Dio, come lo è il battesimo di immersione di Adamo ed Eva. È una preghiera a Dio che non potrà rimanere insensibile al grido di pentimento e di dolore di un animo che si pente.
Quindi qui, come vedete, già c'è uno spostamento rispetto alla tradizione apocalittica enochica, perché adesso, grazie a Giovanni Battista l'accento del giudizio si sposta, da un lato sull'imminenza del giudizio, non è più una cosa futura, è una cosa immediata, e si sposta sull'idea che il problema centrale non è solo la restaurazione del regno di Dio, ma è la sorte dei peccatori. E Dio non potrà rimanere insensibile ai peccatori, al destino dei peccatori.
La tradizione cristiana in generale svilupperà esattamente questo elemento, ma la novità della tradizione cristiana, è che, secondo me, dobbiamo considerarlo elemento di Gesù stesso, perché è comune alla tradizione cristiana nei suoi vari aspetti. Nella tradizione, nel messaggio di Gesù il perdono dei peccati cessa di essere un momento che viene delegato a qualcun altro, ma diventa una responsabilità diretta del figlio dell'uomo. È il figlio dell'uomo che direttamente si manifesta sulla terra come colui che perdona i peccati.
E logicamente il testo base, il testo fondamentale non a caso è il testo sul quale si apre il Vangelo di Marco. Il Vangelo di Marco è il primo Vangelo. Il Vangelo di Marco si apre con il battesimo di Giovanni, che rappresenta la necessaria premessa. I cristiani parlano a persone che sono immerse nella tradizione apocalittica, presentano il messaggio di Giovanni come necessaria tappa per arrivare alla comprensione del messaggio di Gesù. Dopodiché presentano Gesù come colui che ripete il messaggio di Giovanni Battista, il regno dei cieli è vicino, pentitevi. Dopodiché presentano Gesù che si confronta con gli spiriti impuri, racconto che voi non avete con Giovanni in nessuna tradizione. Invece qui avete Gesù come guaritore che si confronta con gli spiriti impuri.
Perché viene messo Gesù in rapporto con gli spiriti impuri? Perché qui è l'incontro di Gesù con coloro che sono responsabili del male, e attraverso la loro reazione abbiamo la manifestazione della identità di Gesù. I primi testimoni del Vangelo di Marco, i primi testimoni dell'identità messianica di Gesù sono gli spiriti impuri, i quali dicono: sei venuto prima del tempo a disturbarci. Cioè gli spiriti impuri sanno che il momento del giudizio è il momento della loro distruzione. Quindi riconoscono in Gesù colui che viene per operare questo atto.
E la risposta è che questo ancora non avviene, non siamo ancora arrivati a quel momento, c'è una premessa che deve essere svolta dal figlio dell'uomo prima di quel momento. E questa premessa viene poi manifestata, esplicitata nel cap. 2 di Marco, quindi siamo all'inizio del Vangelo di Marco, dove c'è il famoso episodio del paralitico, dove si parla per la prima volta del perdono dei peccati. Si parla non solo della guarigione, ma si dice che la guarigione del paralitico è un segno della autorità - le parole usate sono proprio queste: cosicché voi sappiate che il figlio dell'uomo ha l'autorità sulla terra di rimettere i peccati.
Di nuovo, pensate a quello che si dice e a quello che non si dice. Prima si introduce l'idea del figlio dell'uomo, e non c'è bisogno di spiegarla.  A noi occorrono tutte le note nella Bibbia di Gerusalemme, ma all'ascoltatore del tempo non occorrono le note. L'ascoltatore del tempo sa chi è il figlio dell'uomo, sa che il figlio dell'uomo verrà alla fine dei tempi per compiere il giudizio.
Però qui gli viene detto qualcosa che non sa. Al solito, lo dicevo prima, i Vangeli dicono quello che le persone non sanno, non ripetono quello che è ovvio. È ovvio il figlio dell'uomo: i Vangeli si rivolgono a persone che credono nella venuta del figlio dell'uomo, sanno che il figlio dell'uomo verrà in cielo per compiere il giudizio, con gli angeli del cielo. Qui viene detto che il figlio dell'uomo non soltanto ha l'autorità in cielo di distruggere i peccatori, di eliminare il male, ma ha anche l'autorità sulla terra - guardate la sottolineatura: cosicché voi sappiate che il figlio dell'uomo ha sulla terra l'autorità di rimettere i peccati.
Questa idea che il figlio dell'uomo ha l'autorità sulla terra di rimettere i peccati non la trovate nella tradizione enochica. Questo è l'annuncio nuovo.
Dopodiché i Vangeli vanno avanti dicendo che Gesù è venuto per salvare non i giusti, ma i peccatori, perché i giusti non hanno bisogno del medico. Ricordatevi che nella tradizione apocalittica il male è descritto metaforicamente come una sorta di malattia che si diffonde sulla terra. Il figlio dell'uomo a questo punto viene descritto come il dottore, il medico mandato per salvare i peccatori.
E qui entra un discorso molto serio che avrei piacere anche di discutere con voi. Noi abbiamo questa idea di Gesù che viene per tutti. Voi sapete la discussione su come tradurre il per molti o per tutti. E vediamo nella traduzione per molti una specie di limitazione di quello che invece è un messaggio universale di Gesù, che è venuto per tutti, senza barriere. Però nei Vangeli si dice che è venuto per molti. Questi molti non vuol dire che è venuto per alcuni e non per altri, o per escludere qualcuno. Ma questi molti sono i peccatori.
Guardate che nella visione degli Evangelisti ci sono persone che non hanno bisogno di Gesù, come ci sono persone che non hanno bisogno del medico. Dio manda questo medico per coloro che sono peccatori. Infatti Gesù nel Vangelo è presentato come colui che compie la sua missione non predicando ai giusti, ma andando alla ricerca dei peccatori. Perché è stato mandato da Dio per le pecore perdute della casa di Israele. Non soltanto per la casa di Israele, ma per le pecore perdute. Il Messia è come il pastore, che non si preoccupa delle pecore che sono salve nell'ovile, ma va alla ricerca della pecora sperduta. Questa insistenza nei Vangeli è molto forte.
Il cristianesimo non si pone come una nuova religione, il cristianesimo si pone all'interno di un'ottica ebraica che è condivisa: verrà il giudizio, verrà la condanna dei peccatori, ecc. Cosa è venuto a fare il figlio dell'uomo? Il figlio dell'uomo è venuto per offrire una opportunità di pentimento, di salvezza attraverso il perdono dei peccati per coloro che sono vittime del peccato. Quindi il figlio dell'uomo attraversa le strade di Israele alla ricerca delle pecore perdute, nell'imminenza del giudizio, per offrire a coloro che sono perduti la speranza della salvezza.
Io la trovo una immagine anche molto bella, che ci viene offerta dai Vangeli, di Gesù come la manifestazione della misericordia di Dio. E questo interesse privilegiato per i poveri, per i sofferenti, per gli oppressi, per i peccatori non è esclusione di coloro che non hanno bisogno, ma perché questi sono coloro che hanno bisogno, nell'imminenza del giudizio, del perdono e della misericordia divina.
C'è una limitazione, quindi, nei molti ai quali si rivolge, che, ripeto, non è una limitazione nel senso che: tu no, tu non sei peccatore, no. Però è un discorso privilegiato, perché il figlio dell'uomo è venuto per loro. Sono loro che nell'imminenza del giudizio hanno bisogno di un atto di misericordia di Dio.
Questo discorso si trova in generale in tutti i Vangeli sinottici. La tradizione matteana - e su questo concludo la mia riflessione per poi lasciare lo spazio per la discussione - ha un'enfasi particolare. Prima di tutto il Vangelo di Matteo è scritto dopo il 70. Matteo ha un interesse a presentare Gesù come figlio dell'uomo, ma anche come colui che risponde a tutte promesse relative al Messia che si trovano nelle Scritture di Israele. Quindi i racconti dell'infanzia, che mostrano come Gesù, che non è il figlio di Davide, perché Gesù è il figlio dell'uomo, è il Messia celeste, sia però anche il figlio di Davide, risponda anche alle promesse relative al figlio di Davide. Risponda a tutte le promesse che sono legate alle tradizioni messianiche, incluse certe promesse sacerdotali.
Qui apro una parentesi. La storia della nascita verginale di Gesù non è una storia nuova, cioè è una storia che noi troviamo già nella tradizione di Enoch, nel secondo libro di Enoch. Che riguarda non Gesù, ma riguarda un altro Messia della tradizione enochica, che è Melchisedek. Ricordate la lettera agli Ebrei: tu sei sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedek. Il richiamo a Melchisedek nella lettera agli Ebrei è dovuto al fatto che nelle tradizioni enochiche si parlava di Melchisedek come di un possibile Messia sacerdotale.
In questo racconto si parla di Melchisedek. Melchisedek è il nipote di Noè, in questa tradizione, è il figlio del fratello di Noè, di Nir. E si racconta come a un certo punto Nir è sposato con Sofonim, sua moglie. Sua moglie diventa incinta per grazia di Dio allo stesso modo che nel Vangelo di Matteo. E Nir è scandalizzato, vorrebbe ripudiare la moglie. Nir è presentato, come Noè, come un sacerdote, e abbiamo l'annunciazione a Sofonim. Abbiamo l'angelo Gabriele che arriva, non l'annunciazione a Sofonim, abbiamo l'annunciazione a Nir, così come nel Vangelo di Matteo abbiamo l'annunciazione a Giuseppe, non a Maria.
Il Vangelo di Matteo riproduce esattamente lo stesso racconto. Nir è scandalizzato, vorrebbe ripudiare la moglie. Sofonim si difende, dice di essere innocente e di non aver commesso alcun male. L'angelo Gabriele appare al marito, Nir, in questo caso, e gli rivela che il bambino che nasce è nato per virtù dello Spirito Santo attraverso un atto di grazia da parte di Dio, perché questo messia diventerà il Messia di Israele. Il bambino nasce, in questa storia secondo Enoch, e nasce con i simboli del sacerdozio, addirittura con la veste sacerdotale. E viene poi assunto al cielo, dove, secondo questa tradizione, rimarrà fino al momento in cui si manifesterà come figlio dell'uomo e come giudice e sommo sacerdote universale.
Il Vangelo di Matteo ha presente questa tradizione molto popolare, quindi la riproduce, la ripete, attribuendola a Gesù stesso. Quindi per il lettore Gesù completa, realizza anche le profezie legate a Melchisedek. Per noi questa figura di Melchisedek non è così ovvia, perché, di nuovo, ripeto, a parte un breve accenno nella lettera agli Ebrei, non fa parte del nostro orizzonte messianico, a parte un breve accenno che Gesù è sommo sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedek. Per noi Melchisedek non è una figura di cui si parla. Mentre nella tradizione apocalittica se ne parlava come del possibile Messia escatologico, e compare nella Bibbia in maniera misteriosa, senza padre né madre. E si immaginava che Melchisedek fosse questo Messia nascosto in cielo, che si manifesterà, poi, alla fine dei tempi come giudice.
Quindi diciamo, nel Vangelo di Matteo c'è tutta una strategia anche di racconti che attribuiscono a Gesù, soprattutto nel racconto dell'infanzia, caratteri che nella tradizione vengono attribuiti ad altre forme messianiche, al figlio di Davide o a Melchisedek. Così da rendere chiaro ai lettori cristiani che non si dovevano attendere altre figure messianiche, perché Gesù nella sua vita aveva già realizzato quelle che erano le profezie legate anche a questi personaggi.
In Matteo, poi, logicamente, c'è tutta una enfasi proprio sulla misericordia. Io volevo soffermarmi soprattutto su due passi. Li conoscete, quindi non sto a rileggerli con voi, due parabole che in Matteo hanno una grossa importanza. Una è quella della zizzania, che indica come la separazione fra il bene e il male avverrà soltanto alla fine dei tempi. Questo è importante, perché nel momento in cui si parla della missione di misericordia del figlio di Dio si accentuano i caratteri di misericordia e non di giudizio. Il giudizio non avviene in questo mondo. Nel momento in cui il figlio dell'uomo si avvicina ai peccatori il figlio dell'uomo non giudica, il figlio dell'uomo offre il perdono. Perché la separazione tra il bene e il male avverrà soltanto alla fine dei tempi.
Ricordatevi che qui i cristiani hanno avuto a che fare anche con il richiamo a queste tradizioni zelote che dicono che il Messia verrà già a dividere il bene e il male sulla terra prima della fine dei tempi. E qui si dice no. Il figlio dell'uomo viene per un atto di misericordia a non dividere il bene e il male. Infatti si ripete il discorso del non giudicare. Perché il figlio dell'uomo ha questa missione essenzialmente di perdono, di offerta del perdono.
La seconda parabola che secondo me è molto illustrativa del messaggio matteano è quella del padrone della vigna. Parabola famosa. Il padrone della vigna che offre lo stesso salario a tutti coloro che hanno lavorato, indipendentemente dal numero di ore lavorate. Tutti noi avremmo protestato, anche se giustamente il padrone della vigna dice: Io ti avevo promesso un certo salario che ti do. Quindi non ti ho tolto nulla.
Infatti il problema non è quello che viene tolto ai giusti. Vedete, questa parabola, come poi la parabola del figlio prodigo, è sempre vista dalla parte del giusto. Il giusto è quello che si lamenta come per qualcosa che gli fosse tolto. No, al giusto non viene tolto nulla. Il fratello maggiore nella parabola del figliuol prodigo vive nella casa del padre e gode dell'amore del padre. Non gli viene tolto nulla. Però si lamenta perché qualcosa è dato a colui che lo merita di meno, come se questo qualcosa in più fosse tolto a lui.
Nella parabola della vigna avviene lo stesso. Non è che viene tolto qualcosa a chi ha lavorato tutto il giorno, viene dato di più a chi ha lavorato di meno. La giustificazione alla fine, di fronte alle rimostranze dei lavoratori è: io non ti ho tolto nulla, e poi, soprattutto, chi mi impedisce di essere misericordioso? Cioè che te ne importa a te se io sono misericordioso? In fondo non ti ho tolto nulla, se voglio essere generoso che te ne viene?
È interessante colme questa parabola si trovi anche nella tradizione rabbinica. La tradizione rabbinica racconta la stessa parabola, la stessa vicenda. È la stessa situazione in cui persone che hanno lavorato poco ricevono lo stesso salario. Soltanto la risposta del re è diversa. La risposta del re è: è vero, avete ragione. Però la persona che ha lavorato le ultime ore ha lavorato così intensamente e di così buona volontà che in quelle poche ore ha fatto il lavoro che voi avete fatto nell'intera giornata.
Allora qui un po' ci si ride e si dice: ma è un modo semplice per risolvere il problema. No. Questo risponde un momento alla obiezione rabbinica. La tradizione rabbinica, che deriva dalla tradizione farisaica non ha obiezioni di fronte alla misericordia divina. In fondo il re che dà, il padrone della vigna che dà un salario maggiore alla persona che ha lavorato poche ore, e lo dà maggiorato, riconoscendo la sua produttività, compie un atto di misericordia. Perché non sarebbe tenuto a dare un salario maggiore, sarebbe tenuto a dare il salario di quelle ore. Quindi se ha dato di più ha compiuto un atto di misericordia. Quindi anche il padrone della vigna, il re della parabola rabbinica è un re che agisce con misericordia, con generosità.
Però il problema rabbinico è quello di non stabilire un conflitto tra la misericordia e la giustizia divina. Questo è il problema. Dio agisce con misericordia, ma la sua misericordia non deve essere contraria, non deve contraddire la sua giustizia. Altrimenti l'azione divina diventa arbitraria.
Cioè se voi guardate alla parabola di Matteo da un punto di vista rabbinico il padrone è così generoso da diventare arbitrario, perché privilegia coloro che meritano di meno di ricevere una ricompensa. Sconfina nell'arbitrio di chi privilegia qualcuno a suo capriccio.
Dal punto di vista cristiano si dirà: no, non è un arbitrio. È un rimedio ad una situazione di fatto, perché come posso dire a una persona, come posso dire al paralitico vieni qui che ti salvo se prima non gli do la possibilità di raggiungere il tavolo? Sarebbe crudele. Dal punto di vista cristiano sarebbe crudele un Dio che chiede all'uomo una penitenza quando l'uomo non è in grado di farla, perché è talmente reso schiavo, secondo il linguaggio di Paolo, è reso vittima del peccato da essere diventato impotente, incapace di reagire, incapace di salvarsi.
Allora il miracolo, l'atto gratuito è una occasione per cui, poi, l'uomo incontra Dio, la grazia di Dio. Ma è un atto necessario a controbilanciare un atto di ingiustizia di cui l'uomo è rimasto vittima. Ma se io non accetto che l'uomo sia non solo responsabile del male, ma anche vittima del male, almeno in una certa misura, questo atto diventa arbitrario. Dal punto di vista rabbinico è giustissimo dare misericordia ai peccatori, ma bisogna farlo richiamandoli alla loro responsabilità, non offrendo loro una salvezza a buon mercato.
Guardate che a questo problema non c'è soluzione se non cambiando le premesse. Ciò che appare per noi cristiani, leggendo questa parabola, un meraviglioso atto di misericordia da parte di Dio sconfina da parte rabbinica in un atto di arbitrio. Mentre la parabola rabbinica a noi appare come una parabola troppo poco sensibile a quelle che sono le esigenze della persona non che non ha voluto lavorare tutto il giorno. Perché l'ottica cristiana è che quello che lavorato solo due ore non è perché non ha voluto lavorare tutto il giorno, ma perché non ha potuto lavorare tutto il tempo.
Perché l'uomo non può fare, non è libero di fare ciò che vorrebbe, perché esiste un peso del male che lo schiaccia, per lo meno esistono uomini a cui il male è sulle spalle come un  macigno, al quale la salvezza non può essere data che non attraverso un primo passo svolto da Dio. Anche nella parabola biblica è Dio che muove il primo passo, perché è Dio che aumenta il salario, di sua iniziativa. Ma al tempo stesso rimane legata ad un'ottica di responsabilità umana.
Preferisco il termine responsabilità che merito, perché nessuno merita la salvezza. Né per i cristiani né per gli ebrei c'è l'idea che la salvezza si merita. La salvezza si riceve come atto di misericordia di Dio.
Il problema è, però, quale rapporto esiste tra questi due elementi. Nella tradizione cristiana l'elemento della misericordia viene sganciato dall'elemento della giustizia perché c'è una idea, una premessa che qualcosa di terribile sia avvenuto all'umanità non per colpa dell'umanità stessa, e che quindi Dio abbia, il qualche misura il dovere di raddrizzare le cose per restituire dignità all'uomo.
Perché, in fondo, la persona alla quale vengono perdonati i peccati non è automaticamente salvata, ma ha la possibilità di ricevere il perdono, di vivere una vita integra, senza essere schiacciato dal peso di un male che lo opprime, dal quale non riesce a liberarsi. Quindi anche nella situazione più disperata c'è una offerta di una seconda opportunità che viene data a coloro anche che sono sotto il peso del peccato.
E Gesù è colui che viene mandato da Dio a manifestare, a rendere manifesto questo messaggio di perdono e di misericordia ai peccatori nell'imminenza del giudizio. L'immagine del dottore è una immagine che ritorna anche in Matteo, è l'immagine di colui che viene per coloro che sono ammalati, coloro che non possono risollevarsi, coloro che sono oppressi, e che non avrebbero altra possibilità se non nella misericordia di Dio.
Mi fermo qui per un momento di riposo e poi sono a vostra disposizione per le vostre domande.




 
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