(Rav Luciano Meir Caro)
Ritengo che non sia casuale il fatto che quest’anno la giornata della cultura ebraica, istituita a livello europeo, abbia come tema il concetto di ponte. E proprio il nostro incontrarci in questo luogo, un monastero che, per la sua tradizione spirituale si richiama al Monte Carmelo, vuole essere come un mattone nella costruzione di sempre nuovi ponti di ascolto e dialogo tra punti di vista, religioni, atteggiamenti diversi. Diversi, ma non così tanto diversi. E’ nostro compito continuare a gettare questi ponti, se vogliamo che la nostra presenza su questa terra abbia un significato.
Non voglio farvi una lunga conferenza sul Monte Carmelo, ma desidero offrirvi alcune riflessioni molto generiche, allo scopo di sollecitare in voi in desiderio di approfondire questo tema.
Il Carmelo è una catena montuosa, anche se, ovviamente, non è paragonabile alle nostre montagne imponenti, come le Alpi; il Carmelo infatti non supera gli 800-900 metri di altezza.
E’ è un promontorio, che continua la catena montuosa delle montagne della Samaria e si protende verso il mare, sovrastando la cosiddetta baia di Haifa. Un posto incantevole dal punto di vista del panorama.
Al di fuori dell’aspetto geografico, il Carmelo ha assunto, nel corso dei secoli, dei significati che vanno molto al di là di questo. Io li chiamerei degli aspetti meta geografici.
Il Carmelo è riconosciuto come carico di valori da parte di culture molto diverse tra loro: è apprezzato e amato da cristiani, musulmani, ebrei, drusi e anche da persone che hanno dedicato la loro vita al culto dell’arte. Quindi questa collina raccoglie attorno a sé tutto un mondo di interesse.
Sappiamo che il profeta Elia è legato vitalmente al Carmelo e sappiamo quanto egli sia fondamentale per la tradizione di Israele, per quanto si tratti di un personaggio alquanto particolare e strano. Elia sembra voler comparire in tutte le circostanze più strane. Si dice che tutte le volte che noi facciamo la circoncisione a un bambino, lui è presente. La sedia sulla quale sta seduto il padrino del bambino, è chiamata “il trono di Elia”; questo perché noi crediamo che tutte le volte che un figlio di Israele entra nel patto di Abramo, Elia è lì, accanto a lui. Tutte le volte che succede qualcosa di significativo, Elia è presente. Anche durante la Pasqua, noi predisponiamo un posto a tavola e un bicchiere per Elia, perché sappiamo che da un momento all’altro lui verrà e la sua venuta è l’annuncio dell’arrivo del Messia.
Secondo il testo biblico Elia è una delle due persone che non risulta aver sperimentato la morte; è stato preso da Dio, ma non è morto.
Per tornare al Monte Carmelo, possiamo senz’altro dire che la sua storia abbia richiami lontanissimi nei secoli ed è una storia che si intreccia con la storia di culture molto diverse, anche dal punto di vista religioso. Dalle ricerche archeologiche, risulta che su questa montagna venivano praticati dei culti pagani e idolatrici e questo da centinaia e forse da migliaia di anni prima della nostra era. Qualcosa che forse sollecitava, anche ai primordi della presenza umana su questo monte, una ricerca, un anelito verso il divino. Il culto pagano si è poi trasformato in culto verso il vero Dio.
Nella fiancata del Monte Carmelo sono stati trovati dei resti umani, il cosiddetto homo carmelensis, che gli studiosi fanno risalire a 60.000 anni fa.
Questo ci fa capire che sul Carmelo ci fosse un insediamento umano antichissimo. Per qualche ragione, che a noi sfugge, i primissimi uomini, ancora prima dei tempi delle palafitte, avevano ritenuto opportuno insediarsi in questa zona.
Nella geografia dell’antichissima Palestina, diciamo fino a 3.000 anni prima dell’era volgare, questo monte, che veniva chiamato con un nome del tipo “ras qodesh”, ovvero il monte della santità, segnava il confine tra i territori del Nord, cioè la Fenicia, la Siria, fino ad arrivare alla Turchia, fino ad arrivare ai territori orientati verso il Sud, la Palestina, l’Egitto, ecc. Quindi una specie di crinale, di confine, tra mondo Indoeuropeo e mondo africano. Possiamo certamente dire che il Carmelo abbia in se stesso la vocazione di luogo di incontro.
Una quantità di papiri, di reperti archeologici parlano del Carmelo con grande attenzione.
Vorrei sottolineare un’altra cosa. Esiste un’analogia tra il Carmelo e la città di Ugarit, appartenente all’odierno territorio siriano; in questa località sono stati trovati dei reperti archeologici di straordinaria importanza per lo studio della presenza semitica nella regione e per lo studio della Bibbia. Ci sono infatti molti racconti che presentano, con molte analogie, quanto viene raccontato anche nella Bibbia ebraica, ma lo fanno da un’altra angolazione.
Ugarit è considerata dagli studiosi una specie di centrale situata in Oriente, della cultura anche religiosa del tempo, una cultura idolatrica, ma che fa intuire una ricerca di Dio sincera, seppure ancora molto nebulosa. Bene, in questi testi di Ugarit si parla di questo “ras Qudsha”, il capo della santità, o qualcosa del genere, riferito al Monte Carmelo con sicurezza.
Nel testo biblico il Carmelo viene citato varie volte e con implicazioni diverse. Qualche volta la parola Carmel viene a indicare tutto il territorio Israeliano, non solo dal punto di vista territoriale, ma anche umano, nel senso che la parola Carmel è costituita dalla fusione di due diversi termini: kerem El, ovvero la vigna di Dio. Vigna anche nel senso umano.
Quando si parla di Carmel si vuole indicare qualcosa di bello, legato all’estetica.
Anche nel Cantico dei Cantici il termine ha questa valenza; la sposa viene paragonata al Carmelo, per dire che la sua bellezza è straordinaria: “Il tuo capo si erge su di te come il Carmelo” (Ct 7, 6).
Un altro elemento. Nel corso dei secoli il Carmelo è diventato luogo venerato anche dai musulmani, dai drusi, questo popolo che vive una sua religiosità tutta particolare, che non ha testi scritti, ma che si avvicina molto alla nostra religione monoteista.
Il fatto che ci sia questa concentrazione di interesse attorno al Carmelo, da parte di ebrei, cristiani, musulmani, drusi e anche da parte di studiosi laici, è davvero significativo, per il confluire di risorse umane che si concentrano in questa località.
Nel passato ho avuto occasione di essere ospitato nella zona del Carmelo, una volta in un villaggio druso e una volta in un villaggio ebraico e non capivo quale fosse la differenza, perché grandissimo era l’afflato umano verso di me, ospite.
Nel corso dei secoli, nonostante che questa zona, all’arrivo del popolo ebraico dall’Egitto, fosse toccata in sorte alla tribù di Aser, sembra che solamente ai tempi del re Davide la zona sia stata effettivamente abitata e posseduta. Davide è stato un grande furbone, nel senso che i suoi atteggiamenti mentali erano proiettati verso il futuro. Successivamente a Davide, circa 800 anni dopo, ai tempi dell’Ellenismo, pare che sul Carmelo sia stato costruito un tempio dedicato a Giove. Con l’arrivo dei Romani, poi, il santuario del Carmelo ha continuato a servire come luogo in cui l’imperatore andava a interrogare gli dei; per esempio è noto che Vespasiano avesse questa abitudine.
In seguito, poi, il Carmelo è stato scelto come dimora anche dai cristiani.
Ma la cosa che mi sembra molto notevole è che fin da 3.000 anni prima dell’era volgare e poi lungo tutto l’arco dei tempi, il Carmelo abbia avuto una storia così viva, così movimentata.
Nel caso si dovesse fare qualche grande convegno internazionale, per un momento di confronto sui punti comuni a tutte le grandi religioni, ritengo che il Carmelo sarebbe il luogo più adatto.
Torno un momento al profeta Elia. Sappiamo che il momento storico in cui egli è vissuto era un momento molto difficile. Dal punto di vista politico lo Stato ebraico era diviso un due parti: il regno di Giuda al sud e il regno di Israele al Nord, molto più potente e più ampio. Siamo circa 800 anni prima dell’era volgare e in Israele si sta diffondendo ampiamente un culto idolatrico, a causa della presenza sul trono del re Acab, che aveva sposato Gezabele, una donna fenicia, che aveva introdotto un culto idolatrico molto spinto. E’ famosa la sfida di Elia ai 400 profeti di Baal sul Carmelo. L’episodio, raccontato nel primo libro dei Re, al capitolo 18, è notissimo. Elia esce vittorioso, perché Dio risponde alla sua preghiera mandando il fuoco dal cielo che consuma l’olocausto, ma la reazione della regina è fortissima, per cui Elia è costretto a fuggire, per salvarsi la vita.
Una cosa particolare è che Elia si sia servito di quelle stesse strutture geografiche, diciamo così, delle stesse località, di cui si servivano anche i sacerdoti del culto pagano. Elia ha pregato là dove facevano il culto i pagani. Noi non andremmo mai a pregare in un santuario pagano, perché lo considereremmo quasi come un’approvazione, da parte nostra, a quel culto.
Non so se Elia abbia voluto agire così per motivi di carattere religioso, oppure per riconquistare un territorio che, secondo lui, era stato deformato nella visione della gente.
A quel tempo il dio che andava per la maggiore era Baal, una divinità pagana che interessava tutto il bacino del Mediterraneo. Il ebraico Baal significa padrone, signore ed era molto conosciuto, con diverse connotazioni a seconda della località. Soprattutto erano stati i Fenici a diffondere questo culto. Basti penare ai tantissimi nomi che derivano dal termine Baal, come per es. Annibale: Baal è la mia grazia o Asdrubale.
Questa divinità, molto famosa e oggetto di un culto molto intenso, la troviamo molto spesso sotto l’aspetto della fertilità e ciò ha fatto sì che il culto a Baal si sia trasformato, in molte realtà geografiche e umane, in atteggiamenti di carattere particolarmente negativo collegati con la sessualità.
Nel testo biblico si parla di Baal zebub, il Baal della mosca o del Baal Peor. Di quest’ultimo qualcuno dice che Peor sta a indicare una montagna della Transgiordania, ma secondo un’altra visione questo termine Peor significa foro, orifizio, anche dal punto di vista somatico. Quindi si pensa che fosse una divinità adorata mediante manifestazioni sessuali di vario genere. O persino l’atto del fare i propri bisogni davanti all’immagine del Baal era considerato un atto di culto; pensate dove poteva arrivare la stupidità dei nostri antenati. Ma quando la stupidità umana è convogliata da sacerdoti, per così dire, non all’altezza del loro compito, arriva a delle incongruenze immense e per noi incomprensibili.
La Mishnà parla di quale deve essere il nostro atteggiamento nei confronti dei luoghi dedicati all’idolatria e ci viene detto che noi non dobbiamo avere nulla a che fare con tutto quello che è pagano; non dare alcuna importanza e se possibile distruggere tutto quello che ha a che fare coi culti pagani.
I nostri maestri, che hanno sempre un bellissimo gusto dell’ironia, raccontano una storia curiosa. Alcuni allievi si rivolgono al loro maestro a proposito di questo precetto di non dare alcuna attenzione a ciò che ha a che fare col culto pagano e dicono che esiste un bagno, una piscina con una statua di Afrodite, eppure il maestro entra lo stesso in quel luogo e vi prende il bagno. Notate! Degli allievi che osano criticare il loro maestro! Ma nella nostra tradizione questo è normale, perché il vero maestro è colui che da imparare dai suo allievi.
Bene, per tornare alla storiella: il maestro dice agli allievi che hanno, sì, ragione, ma in realtà afferma che non presta culto o venerazione ad Afrodite, bensì egli si serve di lei. La discussione continua e gli scolari chiedono se possono anche loro usare i bagni dei Baal come gabinetto, ma i maestri non arrivano a una vera e propria conclusione. La cosa importante è capire come questi temi entrino nel contesto anche più immediato della vita di tutti i giorni.
Detto tutto questo, per me è fondamentale sottolineare la grande valenza che ha, anche per noi, il Monte Carmelo. Io ritengo che proprio questo potrebbe essere uno dei luoghi in cui si potrebbero realizzare degli incontri tra culture e religioni diverse, finalizzati a conoscersi meglio, a comprendersi meglio e a intraprendere dei programmi comuni, assolutamente non sul piano teologico.
Dal punto di vista religioso abbiamo molte cose in comune, ma altre cose non in comune; riconoscendo che Dio esiste per tutti noi, dovremmo poterci incontrare per muoverci dal punto di vista operativo, tenendo conto delle indicazioni che Dio ha dato a tutti noi.
Se riuscissimo a fare questo, credo che faremmo dei passi da giganti dal punto di vista della civiltà, perché ci sono tantissime cose che noi potremmo e dovremmo fare insieme, al di là di ciò che ci divide.
Pensate per es. ai problemi della nostra società attuale, nella quale non si sente mai una parola, da parte dei dirigenti della varie religioni monoteiste, detta in comune su interessi che accomunano tutti, ad esempio, tanto per citare una cosa, sul tema della fame.
Se i nostri rappresentati si unissero per dire una parola comune su temi tanto importanti, darebbero un immenso contributo per la crescita della nostra civiltà bacata.
Il Monte Carmelo, sia dal punto di vista naturale che storico, sarebbe il luogo più adatto per incontrarsi insieme ed elaborare un programma di azione comune nell’abito della società.