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  La Lettera del profeta Geremia   

Rabbino Luciano Meir Caro

Il tema che devo affrontare questa sera con voi è la famosa lettera di Geremia. Sono molto contento di affrontare questo argomento perché è un passo biblico che è stato più volte non capito bene o deformato come capita spesso, no? Noi leggiamo il testo biblico, gli diamo una spiegazione che forse non è quella vera. Sull’esistenza della profezia siamo tutti d'accordo, cioè che ci sia chi parla in nome di Dio. In buona fede qualche volta si riferisce a un episodio, a un evento particolare, ma in realtà è sempre la stessa storia che ci governa in qualche modo. E avviene quello che va sotto il nome di POLIVALENZA DELLA PROFEZIA: ossia la profezia esercitata nei confronti dell'Egitto, dell'Assiria, di Babilonia, di qualunque altro paese del mondo, vale sempre perché l'uomo è sempre lo stesso.
Bene, questo passo della profezia di Geremia è stato spesso e volentieri deformato. Almeno questa è la mia opinione. E' discutibile però.
Per capirlo bene bisogna che vi faccia una brevissima introduzione.
Dunque dovete sapere, siamo circa settecento anni prima dell'era volgare, il popolo ebraico sta nella sua terra, abita nella sua terra con delle divisioni paurose. Questo popolo che era arrivato lì, sono passati 300/400 anni dai tempi di Mosè, quando è stata promulgata la Legge sul Sinai. Nonostante questo la Legge continuava a essere conosciuta ma non molto praticata, ma insieme a questo culto del Dio unico persistevano dei culti secondari semi pagani.
Pensate che i nostri maestri l'han detto con una espressione molto vivace: per il Signore Iddio togliere gli ebrei dalla schiavitù egiziana, dal paganesimo egiziano è stato relativamente facile. Una cosa più difficile persino per Dio, sto bestemmiando eh, è stata togliere non gli ebrei dall'Egitto ma l'Egitto dagli ebrei! Cioè togliere i concetti del paganesimo egiziano che gli ebrei avevano acquisito in decine di anni stando in Egitto ed eravamo rimasti in qualche modo influenzati da tutto quello che laggiù avevamo assorbito. Quindi, ci è voluto molti molti decenni per abolire completamente il concetto del politeismo. Cosa vuol dire paganesimo? Vuol dire attribuire a delle cose umane delle qualità di Dio.
Tutte le volte in cui noi cessiamo di esercitare la nostra critica e ci innamoriamo di qualche cosa che può essere qualcosa di materiale, per esempio la ricchezza, il potere, esercitiamo una forma di paganesimo nei confronti di quelle cose. E questo vale anche per cose che possono essere positive.
Non vorrei turbare i vostri sonni, ma pensate al concetto della democrazia. Noi pensiamo alla democrazia come una realtà bella, è il sistema di governo di un paese ecc. Bene, allorché noi puntiamo tutto sulla democrazia e smettiamo di ragionare, stiamo facendo dell'idolatria nei confronti della democrazia che è uno strumento, uno strumento relativo per governare un popolo. Non è lo strumento assoluto, ci sono tanti modi per un popolo di autogovernarsi. Questo forse è il meno peggio, però se puntiamo tutto su quello siamo dei pagani.
L'unica cosa che è assoluta è il Padre Eterno, è il Signore Iddio. Tutto il resto è relativo.

Dunque, torniamo al nostro argomento. Siamo settecento anni prima dell'era volgare, il territorio occupato dagli ebrei nella cosiddetta Palestina, è quella che era prima terra di Canaan e poi terra di Israele e lì esisteva un culto ebraico, con un santuario a Gerusalemme, dedicato all'unico Dio. Ma insieme a questo culto convivevano culti minori, locali, che si avvicinavano molto al culto pagano. Ma questo dal punto di vista teologico, religioso.
Dal punto di vista politico chi governava quel paesino, un piccolo territorio abitato dagli ebrei e tutti i paesini vicini, la Fenicia, l'Assiria, il Libano ecc. erano governati dal grande impero assiro.
Dovete sapere che, forse ancora oggi eh, ma la storia del vicino oriente per millenni si è svolta attraverso due poli: un polo orientale, la grande potenza orientale che originariamente erano i Sumeri, poi son diventati gli Assiri, poi son diventati i Babilonesi, poi i Persiani e dall'altra parte una potenza occidentale, l'Egitto. Si eran divise il mondo, e qualche volta se l'erano diviso così alla buona. Tu arrivi
fino a qua e io arrivo fino a là. E molto spesso avvenivano dei conflitti. Nei quali erano coinvolti piccole popolazioni. Beh, questo paesino, praticamente tutta la fascia a ovest del Mediterraneo, era dominato dagli Assiri. L'impero assiro intorno al settecento comincia a fare delle crepe, e comincia a disgregarsi. E sta nascendo la grande civiltà babilonese. Babilonia che era una piccola parte dell'Assiria si ribella e piano piano stanno prendendo il potere e sostituiranno l'impero assiro. Nel settecento prima dell'era volgare si sta disgregando il potere dell'Assiria.
Cosa succede in terra d'Israele? C'è un re che è della discendenza di Davide, il famoso re Giosia. Salito sul trono a otto anni, praticamente è stato fatto salire con una specie di piccola grande rivoluzione, e ha voluto riportare il popolo ebraico alla situazione precedente. Dobbiamo abbandonare tutti i culti profani e ripristinare la Legge ebraica. La Legge del testo biblico. E si è dato da fare, c'è riuscito in parte, in parte. Un tentativo di riforma verso il monoteismo puro.
Questo da un punto di vista religioso. Da un punto di vista politico si barcamenava come tutti i piccoli sovrani tra i vari partiti che esistevano nel suo paese verso delle posizioni politiche: qualcuno sosteneva che bisognasse mantenere la sovranità dell'Assiria, perché si erano trovati abbastanza bene sotto il loro dominio. Qualcuno sosteneva il contrario e propendeva per Babilonia. Ma dietro le quinte c'era l'Egitto il quale faceva il bello e il cattivo tempo per prendere il potere. Sperava che crollasse l'Assiria per prendere il posto dell'Assiria. Chi viveva in quel periodo, i vari partiti, non potevano sapere l'avvenire. I profeti sostenevano che Israele dovesse star fuori dai giochi politici. Che siano gli Assiri, che siano i Babilonesi, che siano gli Egiziani, dobbiamo prescindere da questo perché i grandi imperi nascono, si sviluppano, diventano giganteschi e poi crollano. E quindi cerchiamo di subire, non ribelliamoci, non facciamo le guerre ma aspettiamo con pazienza, pratichiamo il nostro culto sperando che questi poi crollino. Ma chi aveva il partito filo assiro diceva: no, l'incontrario, la nostra salvezza sta nello stare con l'Assiria. Bene, pensate succede un ribaltamento delle situazioni.
L'Egitto, che aveva combattuto per trecento anni contro l'Assiria in tutti i modi, quando i Babilonesi si sono ribellati all'Assiria e stavano per prendere il potere cosa fa l'Egitto? Vanno, mandano un esercito ad aiutare l'Assiria, quello che era il loro nemico precedente . Un ribaltamento, succede anche oggi eh, ribaltamento delle alleanze. Cioè questi babilonesi son pericolosi, stanno sorgendo troppo, troppo rapidamente. E' meglio che noi sosteniamo un impero vacillante piuttosto che ne venga uno molto più potente. Cosa fanno? Mandano una spedizione che attraverso il territorio ebraico vada ad aiutare gli assiri contro i babilonesi. Cose dell'altro mondo. L'Assiria che era stato il nemico giurato dell'Egitto per trecento anni! Giosia, re, non sa che pesci prendere ma, diciamo, consigliato dai suoi consiglieri dice: non è possibile che noi consentiamo agli egiziani che passino attraverso il nostro territorio! Lasciamo che se la vedano tra di loro. E decide di contrastare l'esercito egiziano che è sbarcato nel nostro territorio per proseguire verso est. E questo l'ha fatto grazie a una profezia che aveva ricevuto.
Si rivolge a una profetessa e le chiede: come morirò io? E pensava, se quella mi predice che io morirò in guerra, in battaglia per politica è meglio che stia buono, se no, mi muovo.
E la profetessa gli ha detto in buona fede (come succede spesso per le profezie, delle profezie che dicono la verità ma non tutta la verità), gli ha detto: "morirai nel tuo letto".
Lui l'ha interpretata come se dovesse arrivare a una tardissima età e poi morire.
Cosa fa? Organizza l'esercito e si fa incontro all'esercito egiziano che vuole attraversare il territorio, c'è una spaventosa battaglia tra l'esercito egiziano che era diretto verso la Mesopotamia e l'esercito ebraico. Questa battaglia avviene a Meghiddò e qui l'esercito ebraico perde. Gli egiziani però han perso del tempo. Per fare questa battaglia non sono arrivati in tempo ad aiutare gli assiri. L'esercito ebraico è sconfitto, Giosia è ferito in battaglia, viene portato a Gerusalemme e muore nel suo letto. Si è realizzata la profezia, è morto nel suo letto. Lui l'aveva intesa in un altro modo! L'aveva capita male. Ma gli egiziani arrivano, entrano nel conflitto assiro-babilonese troppo tardi. C'è stato uno scontro epocale, tra l'esercito assiro e l'esercito rivoluzionario babilonese.
Gli assiri hanno perso, una delle battaglie con decine di migliaia di morti e l'Assiria crolla, mentre Babilonia prende il comando dell'oriente praticamente.
Giosia aveva tre figli. In un primo momento sarà uno di loro, quello filo-egiziano, a sostituire il padre. Ma quando Babilonia ha preso il sopravvento, l’hanno fatto prigioniero e l'hanno fatto fuori in qualche modo. Però volevano mantenere una parvenza di dominio ebraico, quindi han messo sul trono il secondo figlio di Giosia. Poi questo secondo figlio a un certo momento ha dei dubbi sulla stabilità del regime babilonese. Comincia a entrare in una lega anti babilonese. Viene fatto fuori dal governo babilonese che mette sul trono il terzo figlio che diventerà poi Sedechia, che diventerà l'ultimo re d'Israele. Il quale accetta la dominazione babilonese, ma nel frattempo era avvenuta la morte del secondo figlio di Giosia ed era avvenuta una prima deportazione da parte dei babilonesi di ebrei segnalati politicamente, deportati in Babilonia. Cioè han tolto, han cercato di far fuori, allontanare quelli che erano meno fedeli al regime babilonese.
In tutto questo bailamme c'è il profeta Geremia il quale ha sempre questa posizione: non bisogna entrare nei conflitti internazionali. Perché Babilonia, l'Assiria e l'Egitto fanno i loro interessi. Noi dobbiamo cercare di sopravvivere, magari rinunciando a una parte della nostra indipendenza ma è meglio essere vivi con una libertà non totale, piuttosto che essere morti, combattendo contro avversari più forti di noi. Geremia continuava a profetizzare, rimanendo da Gerusalemme, ma è stato più volte imprigionato dalle autorità, dal re, perché considerato un disfattista da tutti i partiti, che gli dicevano: tu predichi di non ribellarsi contro queste potenze straniere, ma noi vogliamo la libertà. E' meglio combattere sul campo di battaglia per la libertà piuttosto che accettare una dominazione straniera!
E lui gli ripeteva, non è meglio niente, guardate alla storia: le grandi potenze nascono, si sviluppano e poi crollano. Sta crollando anche l'Assiria, crollerà anche Babilonia. L'importante è che noi resistiamo. E a un certo punto il partito filo guerra ha ottenuto dal re di imprigionare Geremia in una prigione dorata, perché il re che era un po' ballerino l'ha messo in prigione per soddisfare determinati partiti politici ma andava a consultarlo segretamente, chiedendogli: "Ma cosa devo fare io?".   E lui continuava a dirgli: non dar retta ai tuoi consiglieri, dai retta a quello che ti dico io.
Però continuava a stare in prigione ma era una prigione dorata, stava lì forse agli arresti domiciliari. Il re gli chiedeva: Stai buono non parlare, non fare prediche ecc. perché io mi trovo in una situazione difficilissima tra i partiti. Cosa fa Geremia in questo periodo? In terra d'Israele c'è un regime di un re Sedechia o Sedecia, il quale sta traballando e non sa bene che pesci prendere. Dietro c'è sempre l'Egitto, che sta tramando e avverte tutti i piccoli popoli: ribellatevi a Babilonia, tanto vi aiutiamo noi poi. Voi cominciate a ribellarvi. Poi quando vi siete ribellati veniamo noi con l'esercito a salvarvi. E Geremia diceva: non contate sulla volontà dell'Egitto di aiutarvi. L'Egitto è una canna spezzata, ormai la potenza dell'Egitto è in declino.
Geremia in questo periodo si rivolge agli esiliati babilonesi, c'è ancora uno stato ebraico con il re ecc. ecc. ma c'è una parte della popolazione ebraica che è stata esiliata in Babilonia. Geremia scrive una lettera a questa gente. Questa è la lettera, lo leggo dal capitolo 29:
Questa è la lettera che Geremia il profeta mandò da Gerusalemme agli anziani,    ai sacerdoti, ai profeti, quella parte del popolo che Nabucodonosor aveva esiliato in Babilonia.
E ha mandato questa lettera attraverso degli emissari. C'era della gente che andava su e giù, dalla terra d'Israele a Babilonia. Portate questa lettera e leggetela a questa gente.
E il contenuto della lettera è questo:
Così dice l'Eterno Dio di Israele a tutti voi che siete dispersi, che vi ho fatto esiliare da Gerusalemme verso Babilonia.
Benù battim, ossia: Costruite case e abitatele, piantate dei giardini e mangiate i loro frutti, prendete mogli e generate figli e figlie e prendete per i vostri figli mogli, e le vostre figlie datele a dei mariti, cercate marito per loro, in modo che partoriscano figli e figlie e moltiplicatevi là e cercate di non diminuire.
Una forma di incoraggiamento. Cosa vuol dire sta roba? Questi esiliati pensavano che ormai era tutto perduto, siamo ebroi, siamo esuli qua, considerati nemici ecc. non c'è più speranza. E lui vuole incoraggiarli, no guardate, vivete normalmente, l'importante è che continuiate a vivere, sposatevi, costruite case, e loro pensano: costruire case? Noi siamo qua in esilio, mica è la nostra terra! Lavorare la terra? Ma non è mica la nostra terra? Pensavano, sobillati da alcuni falsi profeti, che l'esilio in Babilonia sarebbe stato di qualche giorno o di qualche settimana. E quindi erano rinunciatari, non facciamo niente, non abbiamo niente da fare perché ci sono due possibilità: o noi ci assimiliamo completamente e non ci siamo più, quindi è inutile che costruiamo case, oppure qualcuno diceva: Dio interverrà, vi farà tornare alla vostra terra. Quindi noi siamo qua provvisori.
La lettera poi continua così, ai versetti 5 e 6:
e cercate la pace della città nella quale vi ho esiliato e pregate per questa, poiché nella pace della città nella quale risiedete consiste anche la vostra pace. Dovete cercare la pace del paese dove vi trovate.
Poiché così dice l'Eterno: Non vi lasciate sedurre dai vostri falsi profeti e non ascoltate i loro sogni che vi stanno riferendo poiché questi profeti sono dei falsi, dei bugiardi che profetizzano in mio nome dice l'Eterno ma non li ho mandati io. Poiché dice l'Eterno: quando saran compiuti per Babilonia settant'anni Io Dio mi ricorderò di questi esuli e manterrò la promessa fatta ai vostri padri, Vi farò tornare in questa terra (Ger 29, 10).
E' chiaro questo? Quindi pensate alla pace e Dio interverrà per salvarvi, ma dopo settant'anni. Per settant'anni cercate di non diminuire.
Questa è la lettera. E' molto polemico Geremia contro i falsi profeti. Ci sono dei profeti i quali profetizzano che finirà tutto alla svelta, grazie all’intervento il Signore Iddio. Come è avvenuto anche in altri secoli, quando ci trovavamo in una situazione molto penosa ed è intervenuto il Signore Iddio a  salvarci. Dicevano così, perché c'era una falsa idea in mezzo a questi falsi profeti: che Dio non può consentire l'esilio definitivo del popolo ebraico perché a Gerusalemme c'è il Santuario. E Dio non permetterà mai che il Santuario sia distrutto, perché il Santuario è la casa di Dio.
Un'idea bacata, in origine! Il Santuario non è la casa di Dio, Dio non ha bisogno di una casa. Il Santuario è un posto dove si va a pregare. A Gerusalemme è la casa di Dio, non succederà mai niente! Invece Geremia dice: Non vi illudete; il vostro esilio durerà ancora settant'anni perché, perché ve lo meritate! Dice questo tra le righe! Poiché Dio dice:   
Io, Dio dice, conosco i pensieri che sto maturando nei vostri confronti, che sono pensieri di pace e non di male per assicurare a voi un futuro e una speranza. Dio dice: Io ho dei pensieri, il futuro sarà questo: che Dio vi aiuterà, nel futuro, ma quando lo decide Dio e non quando lo volete voi.
Pregatemi, dice Dio, pregate me, seguite le mie strade e Io ascolterò voi. E mi dovete cercare, se mi cercherete mi troverete. Se verrete a interrogarmi con tutto il vostro cuore, mi farò trovare da voi e vi farò tornare, vi raccoglierò da tutte le nazioni, da tutti quei posti dove vi ho spinto. E vi farò tornare a questo posto dal quale vi ho esiliato. E potrete dire allora: Dio ha mantenuto la promessa fatta ai veri profeti e anche a quelli che sono in Babilonia.
Ora qual era la deformazione che è stata compiuta nei confronti di questo passo?   
La domanda è: l'esilio degli ebrei tra le nazioni cos'è? E' una cosa buona o una cosa cattiva?
Guardate che è un problemino di quelli piuttosto difficilini! Cioè c'è il popolo ebraico, è nato per essere condotto in una propria terra e lì realizzare la volontà di Dio. Però quella terra che Dio ci ha dato ce l'ha data a condizione che in quella terra noi ci comportiamo secondo i dettami di Dio.
Perché esiste una regola generale, che Dio si comporta con tutti i popoli allo stesso modo. Dio distribuisce la terra, il paese a una determinata popolazione, se quella popolazione si comporta bene sta lì e vive serenamente. Se non si comporta bene - e qui adopero il testo biblico e in particolare il libro del Levitico e dico un'espressione molto violenta -, succede che “la terra vi vomita”. La terra non sopporta che chi si trova in quella terra faccia dei delitti troppo forti. Se questi delitti compiuti nella terra, nel paese nel quale si abita sono troppo forti, Dio provvede a cacciare la gente, ed è come se la terra li rigettasse. E cosa succede rigettando questa gente? Che questa gente è esiliata, vanno altrove e lì sono costretti a vivere in esilio, assimilarsi al paese dove sono stati portati, e con il tempo perdere la loro identità. Per gli ebrei c'è un trattamento speciale, secondo la visione dei profeti. Noi siamo esiliati da quella terra se non ci comportiamo bene. Nei vari paesi nei quali ci troviamo abbiamo una situazione migliore e peggiore degli altri popoli. Da una parte migliore perché continuiamo a mantenere la nostra identità. Peggiore perché questa nostra identità in esilio ci fa soffrire. Noi cacciati via dalla nostra terra continuiamo ad avere nostalgia per quella terra, è una terra che Dio ci aveva concesso, lì dobbiamo realizzare la volontà di Dio, e soffriamo perché possediamo una terra nella quale non possiamo stare. Però, attenzione!, io qui non faccio un discorso politico!
Agli altri popoli non succede perché i popoli esiliati dalla loro terra perdono la loro identità, si assimilano e dopo una, due o tre generazioni si dimenticano da dove son venuti.
L'italiano che è andato negli Stati Uniti cento anni fa, non soffre per il fatto di non essere nel suo paese. Sì, magari rimane ha una vaga impressione, e si dice: Noi abitavamo in Calabria, in Sicilia, ma stiamo tanto bene qua! Vengono in Italia a vedere il paese dei loro nonni, ma al di fuori di questo non c'è niente. Se ne tornano molto volentieri al paese.
L'ebreo no! L'ebreo deportato in un paese straniero continua a mantenere la sua identità e a sognare faticosamente e dolorosamente il ritorno a quella terra.
Quindi da una parte abbiamo il pregio di mantenere la nostra identità, e dall’altra la punizione di soffrire. Allora era meglio dimenticarsi di tutto e assimilarsi completamente! Questa è un po' la visione.
Bene. Allora, torno alla domanda principale:
gli ebrei nella diaspora, nella dispersione, sono una cosa positiva o sono una cosa negativa?
Ripeto: cercate di capirmi eh, io non prendo posizione, vi dico soltanto quali sono le posizioni che sono adombrate.
E' una cosa positiva perché gli ebrei deportati in vari paesi, in Italia, in Germania, in Ungheria, in Africa, nel Vietnam dove volete, compiono una osmosi di culture tra la propria cultura e la cultura del paese nel quale si trovano. Quindi c'è uno scambio, che è produttivo. Non c'è solo la nostra identità ma la nostra identità si integra con una cultura diversa. E questo è positivo.   
Ci sono delle culture che vanno avanti contro una forma di razzismo. Il convivere con chi ha un'altra tradizione è positivo.  Si può pensarla così, c'è chi la pensa non così. E dice: No, gli ebrei che sono in esilio fanno del male a sé stessi e ai paesi dove abitano. Valutatelo voi, sono punti di vista diversi.
Perché la presenza di ebrei in paesi che non sono i loro, suscita dei sentimenti di odio nei loro confronti. I popoli talvolta hanno nei confronti degli ebrei che abitano tra di loro dei sentimenti molto duri. Persecuzione, tentativi di catechizzarli in qualche modo, ecc. E quindi è negativo per gli stessi popoli in mezzo ai quali andiamo a vivere. Non c'è un travaso di culture positivo e la presenza degli ebrei presso i popoli scatena dei sentimenti assolutamente negativi, che si traducono poi in Auschwitz. Ma non solo quello! Pensiamo alle crociate, per es. E’ un continuo essere cacciati via dalla Spagna, cacciati di qua, cacciati di là, perché la presenza degli ebrei causa negli altri popoli una forma di rigetto. E anche per gli ebrei che stanno nei vari paesi si ha una perdita di identità. Noi perdiamo nella diaspora una quantità di nostri figli che si assimilano e qualche volta diventano i nostri peggiori nemici. Ci sono dei fatti, pensate a persone, faccio un esempio, non prendetelo alla lettera, un esempio banalissimo, Moni Ovadia. Lo conoscete, fa l'artista ecc. ecc. è il primo a parlar male degli ebrei.
Quando è in televisione, da tutte le parti, lui ha scoperto che parlando male degli ebrei lui ha tante porte aperte. Ma ho fatto questo nome solo per evidenziare che si può arrivare anche a questo punto: che un ebreo stia in prima linea nel parlar male degli ebrei.
Guardate, ho cercato di presentarvi il problema sotto un duplice aspetto, ma decidete voi quello che ritenete giusto.
Per qualcuno la presenza degli ebrei tra i popoli è opportuna, positiva sia per gli ebrei che per i popoli, mentre qualcuno dice che la presenza degli ebrei è dannosa per gli ebrei e per i popoli. Nel senso che vari popoli più volte nella storia hanno dimostrato della crudeltà contro gli ebrei. Vi rendete conto di cosa è successo prima del nazismo? Per es. in Russia? Delle cose dell'altro mondo! Nella stessa Ucraina, prima dell'avvento del nazismo, hanno macellato decine di migliaia di ebrei. Senza un motivo! E lo stesso in Polonia! Perché i tedeschi hanno messo i campi di sterminio in Polonia? Perché era l'unico paese dove erano sicuri che nessuno si sarebbe ribellato. Tutti sapevano cosa succedeva, ma nessuno si muoveva! Io sto parlando di fatti che possono essere visti da varie angolazioni.
Quindi, qualcuno prende questo passo e dice: vedete, Geremia dice di cercare la pace del paese dove abitate perché la pace di quel paese è anche la pace vostra. Ma lui la dice in un certo ambito e solo per settant'anni, poi Dio ci penserà.
Ma non vorrei che foste convinti dalle mie parole o in un senso o in un altro; voglio invitarvi a rifletterci sopra perché è un problema.
E parlo degli ebrei, ma in realtà parlo di tutte le minoranze. Una minoranza che si trova in mezzo a una
maggioranza è portatrice di cose positive, oppure la maggioranza approfitta della minoranza che ha tradizioni diverse per dare loro la colpa di tutti i guai.
Ecco, gli ebrei sono il paradigma della vita del mondo. Cioè, nel mondo attuale, in quello che stiamo vivendo, la presenza di gente diversa, che ha la pelle colorata in un altro modo, che parla un'altra lingua, che mangiano delle cose diverse, ecc. scatenano delle pulsioni che non sono positive. Non è che diciamo: Ah che bello, venite qua, come stiamo bene insieme, diteci un po' qual è la vostra civiltà, vogliamo imparare qualche cosa! Di solito si nutre nei loro confronti una forma di antipatia, di paura quasi ingiustificata.

Vorrei finire con una profezia.
Che sembra che non c'entri niente, ma tutto è scritto nella Bibbia. Per Bibbia, ovviamente io penso alla nostra Bibbia il cosiddetto Vecchio Testamento.
Vi ricordate Giacobbe? Giacobbe il quale è stato in conflitto con suo fratello per tutta la vita, poi a un certo momento debbono incontrarsi dopo quarant'anni di assenza e Giacobbe aveva una paura matta. Questo fratello adesso mi incontra e vorrà fare i conti con me! Tanto è vero che gli dicevano: tuo fratello sta arrivando qua, ti si fa incontro con quattrocento uomini armati. Era preoccupatissimo! Fa delle cose, prepara l'accampamento dove avrebbe dovuto all'indomani incontrare il fratello, in posizione di difesa. Io non l'approvo un gran che, perché prende il suo accampamento fatto dalle sue quattro mogli di cui due mogli regolari, due concubine, i figli ecc. e li mette in un ordine che sceglie lui. Esaù nel frattempo arriverà da quella parte, deve incontrare prima le mogli concubine, e poi le mogli vere. Poi, continuando la sua avanzata, deve incontrare prima i figli avuti dalle concubine, poi incontrerà i figli avuti dalle mogli regolari. Scusate non è mica tanto lodevole questa cosa! E' anche lui impregnato di una strategia falsa.
Cosa fa? Arriva la notte, lui sa che all'indomani ci sarebbe stato l'incontro con suo fratello e il testo biblico dice che ha attraversato il fiume Yabbok, in realtà un fiumiciattolo (cfr. Genesi 32). Ma cosa vuol dire che ha attraversato quel fiume? Dove è andato? E i nostri maestri si domandano: ma cosa è andato a fare? Invece di stare nel suo accampamento con tutti e stare lì, lui va da un'altra parte, attraversa un confine di un fiumiciattolo, ma cosa è andato a fare di notte? Forse non poteva dormire, la preoccupazione per l'indomani. E un tale, uno sconosciuto, assale Giacobbe di notte e cominciano a lottare insieme. Tutta la notte lottano insieme. Quando sta spuntando l'alba questo tale dice ora basta, perché sta spuntando l'alba. Insomma: Giacobbe viene colpito all’anca e rimane zoppo.
Però non siamo mica tanto sicuri che sia stato colpito nell'anca e che zoppicava. Qualcuno dice che non ha colpito nell'anca, l'ha colpito in una parte molto più sensibile, cioè nell'organo sessuale. E che è andato zoppicando non vuol dire che camminava male, ma che camminava male nella storia perché ha rischiato di perdere i suoi discendenti.
Chi era questo tale? Questo tale è la personificazione di Esaù. Forse tutto questo è avvenuto in sogno, a dire che Giacobbe ha avuto un conflitto notturno nei confronti del fratello. E hanno lottato, ed è stata la resurrezione di Giacobbe. Giacobbe fino a quel punto aveva condotto la sua esistenza cercando sempre il compromesso, cioè tutte le volte che si presentava una difficoltà, lui cercava di aggirarla.
Questa era la storia di Giacobbe. Vi ricordate? prima ha venduto la primogenitura per un piatto di lenticchie, poi ha sottratto al padre la benedizione. Insomma, tutte le volte che c'era una difficoltà lui cercava attraverso un semi-inganno di ottenere quello che lui riteneva giusto. Ma quella notte è avvenuto il cambiamento di Giacobbe. Quando è stato assalito da questo personaggio, il vecchio Giacobbe cosa avrebbe fatto? Si sarebbe squagliato. Invece lui non si è squagliato, è rimasto lì e ha lottato con questo tale e ha avuto la peggio anche. E questo tale cosa voleva da Giacobbe? Voleva o renderlo zoppo, che non potesse procedere nella storia, o renderlo privo di figli. L'ha colpito nell'organo che serve per fare figli. A un certo punto spunta l'alba, basta lottare! Lasciami andare, dice, perché sorge l'alba. E Giacobbe gli ha detto: Non ti lascio andare se non mi dai una benedizione. Leggete quel testo, è difficilissimo! Ma cosa vuol dire? E questo dice: qual è la benedizione che ti devo dare? E gli risponde: da questo punto non ti chiamerai più Giacobbe ma ti chiamerai Israele. Il nome Giacobbe contiene una radice che vuol dire ingannatore. E Israele vuol dire un  tale che lotta con Dio. Non che litiga con Dio, ma che lotta, anche con una potenza molto forte, ma non si arrende. Cioè affronta le difficoltà. E l'indomani lui incontra il vero Esaù.
Tutto questo forse era un sogno. In quella notte Giacobbe ha litigato con sé stesso, ha fatto i conti con suo fratello, lo ha ingannato. Dammi una benedizione, quella benedizione sulla quale avevan litigato tutta la vita, riconosci che sei un portatore della volontà di Dio. Benedicimi. Viene interpretato qui in tanti modi, viene interpretato la lotta tra due fratelli, che vuol dire, tra di noi. Bianchi, neri, gialli, verdi, a pallini, cattolici, islamici, indù, maomao, ecc. siamo tutti fratelli. Siete d'accordo penso con me? La lotta, questa lotta riguarda il periodo della vita dell'uomo in questa terra quando è notte.
Quando spunta l'alba della resurrezione del capire, capire veramente le cose, allora bisogna smettere di lottare e si smetterà di lottare.
Ma questa lotta ci comporta delle grandi sofferenze in questo mondo. E' la sofferenza di Giacobbe che è riuscito in quella notte a capire, a cambiare in positivo il proprio carattere, un carattere di ingannatore. Le difficoltà vanno affrontate anche se sappiamo che avremo la peggio, anche se sappiamo che siamo in minoranza.
Ma tutto questo nella notte dei tempi, che è la nostra che stiamo vivendo adesso. Ma verrà il giorno della resurrezione, dello spuntare dell'alba, quando le cose si metteranno al meglio.
Ecco quindi torno al discorso che facevo prima: queste forme di razzismo, di incompatibilità di odio e di insofferenza verso il diverso rappresentano una fase dell'umanità negativa nella quale siamo dentro. Che si sta protraendo da troppo tempo. Ma noi contiamo che con l'aiuto di Dio e mettendo un pochino più di intelligenza si arrivi alla pace, ma quella pace di riconoscere che siamo tutti fratelli.
Ognuno portandosi dietro le proprie ferite del passato ma avendole superate e vedendo che i problemi degli extracomunitari erano problemi che avevamo prima anche noi e ce li abbiamo anche adesso.
E quindi non sono degli avversari, non siamo in conflitto con loro, e loro non sono in conflitto con noi, ma cerchiamo di capire che siamo tutti fratelli. Mi pare che è una bella lezione.

In conclusione:
tenete conto che questa lettera di Geremia sottintende questo: il periodo dell'esilio finisce ma non quando vogliamo noi, o quando ce lo dicono i falsi profeti.
Dio dice: sono Io che conosco, che so cosa penso. E cosa devo fare.
E quindi a voi non resta altro che ricercarmi e se mi cercate, mi troverete.
Grazie.

Trascrizione da registrazione elettronica a cura di Pierluigi Felletti


 
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